Gli insegnanti e gli Ata possono perdere per sempre la possibilità di recuperare migliaia di euro di arretrati e ai fini della pensione
Per gli scatti stipendiali e gli arretrati per i lavoratori della scuola, giurisprudenza favorevole e corsa contro il tempo per la prescrizione.
Gli insegnanti e gli Ata possono perdere per sempre la possibilità di recuperare migliaia di euro di arretrati e ai fini della pensione, bloccati a causa del famigerato congelamento stipendiale dello scatto del 2013, determinato dall’allora Governo Letta. È infatti fissata al 25 ottobre del 2023 la prescrizione decennale per poter rivendicare questo diritto. La giurisprudenza è favorevole: il Tribunale di Taranto infatti ha da tempo aperto uno spiraglio che, se utilizzato, potrebbe trasformarsi in ricorsi. Con la sentenza n. 2689/2019, la prima sul tema, il giudice ha accolto il ricorso di una docente di Manduria cessata dal servizio in data 31/08/2019 e ha stabilito che l’anno 2013 a tutti gli effetti debba valere ai fini pensionistici.
Gli insegnanti italiani e gli Ata possono perdere per sempre la possibilità di recuperare migliaia di euro di arretrati e ai fini della pensione, bloccati a causa del famigerato congelamento stipend
La sentenza, in particolare, ha accertato e riconosciuto il diritto della ricorrente a godere dei benefici economici e previdenziali relativi allo scaglione maturato “pro quota” alla data della cessazione dal servizio, quasi per intero, evitando così ripercussione sull’importo del proprio trattamento pensionistico.
Si tratta di una sentenza che costituisce un precedente molto importante e che oggi torna molto attuale, proprio a causa della scadenza del 25 Ottobre 2023.
Purtroppo sugli scatti di anzianità si è verificato da parte dei vari governi che si sono succeduti negli ultimi anni un vero e proprio accanimento, giustificato dall’ossessione del contenimento della spesa pubblica per il personale in servizio.
Al momento, conti alla mano, i dipendenti della scuola hanno un ritardo di un anno nel raggiungimento della posizione stipendiale successiva a quella in godimento.
Questo ritardo penalizza in modo grave per la mancata maggiore retribuzione il personale che richiede il trattamento pensionistico o deve essere collocato in quiescenza, in quanto manca il tempo per recuperare il ritardo e si determinano effetti perversi sulla quantificazione dell’indennità di buonuscita (interamente calcolata in base all’ultima retribuzione) e sull’importo della pensione, che dipende in varia misura dall’ultima retribuzione in godimento.
Di questo argomento si è dibattuto proprio in un forum organizzato da Lazio Sociale, svolto ieri in collegamento online, con rappresentanti sindacali della scuola e per chiedere informazioni è possibile tramite la casella di posta elettronica redazione@laziosociale.com.
La redazione vi segnalerà i sindacati impegnati su tale rivendicazione.