A ROMA, IN SCENA “GLI AMORI DI PIER PAOLO” IL 15 LUGLIO AI GIARDINI DELLA FILARMONICA
Umanità, innocenza e fragilità di Pasolini, artista e intellettuale, profondo indagatore della società contemporanea nello spettacolo scritto da Ivano Falco e diretto da Gino Auriuso __
A Roma, il prossimo 15 luglio ai Giardini della Filarmonica, in via Flaminia 118, nell’ambito del Festival ‘I solisti del teatro’, alle ore 21.30 Gino Auriuso, Pietro Da Silva, Irma Ciaramella e Eduardo Ricciardelli saranno in scena con ‘Gli amori di Pier Paolo’, un testo di Ivano Falco.
Un genio ribelle, controcorrente, narratore delle periferie urbane, dei ragazzi di strada, delle persone ai margini, scomodo testimone del suo tempo, dell’ipocrisia della borghesia perbenista e del capitalismo imperante. Pasolini per tutta la sua vita è stato un attento, acuto osservatore della società italiana e non solo, indagandone -senza fare sconti – le contraddizioni in quegli anni complicati.
La sua frase “Siamo tutti in pericolo” (titolo della sua ultima intervista) ha rappresentato l’incipit ideale da cui partire per la stesura dello spettacolo ‘Gli amori di Pier Paolo’.
“Una frase profetica”, per il regista Gino Auriuso e l’autore Ivano Falco, che “oltre ad essere una sconcertante e attuale verità, racchiude in sé l’essenza del testo, da cui non si può prescindere per lo sviluppo dell’intera storia narrata”.
E’, infatti, uno spazio qualunque che fa da ‘palcoscenico’ a due uomini che scelgono di vivere un poco ai margini della società e si immergono in un luogo non ben definito, che rappresenta per loro una dimensione quasi onirica, dove il protagonista Pietro ritrova quotidianamente una connessione diretta con Pasolini e grazie alla quale probabilmente continua a sopravvivere.
L’altro, Dodo’, appare uno squattrinato percussionista, muto, che non vuole uniformarsi allo status quo e quindi, nonostante le oggettive difficoltà comunicative, utilizza la musica al posto del linguaggio verbale, di cui è da sempre sprovvisto.
Al contrario di Pietro, lui conosce poco Pasolini, forse solo per sentito dire, ma resta talmente affascinato dai racconti del suo amico, pregni dell’animo Pasoliniano, da trasformarlo nel suo alter ego.
Gli altri due personaggi rappresentano da un lato la figura della donna, l’elemento estremamente sensibile a cui Pasolini era intimamente e profondamente legato e che, attraverso il monologo di Medea, racconta la dimensione assoluta che il femminile ha nella vita di Pasolini; mentre l’altra è una sorta di “proiezione” mentale maschile dello stesso Pietro, che diventa a volte fratello e a volte amico, e con la quale si materializzano personaggi che il Poeta amava e con i quali si confrontava artisticamente e umanamente.
Per il regista e protagonista Gino Auriuso si tratta di “una performance dal vivo fatta da ‘ragazzi di strada’ con un linguaggio diretto, vero, immediato che schernisce il gratuito intellettualismo, mostrandoci un Pasolini che torna a parlare con la sua voce più poetica e libera, ricca di amore e umanità, nel tentativo di scoprire attraverso il suo pensiero profondo chi e che cosa siamo diventati oggi”.
Auriuso aggiunge: “Lo spettacolo è un atto d’amore sincero e imperdibile per un protagonista straordinario del nostro tempo, per un uomo generoso e tormentato. E che, nel fondo della sua natura, aveva una grande innocenza e fragilità”.
(RoPag)