LA PARTITA DEL QUIRINALE TRA INTRECCI E TRASPARENZA
La partita del Quirinale si presenta più complicata del solito, anche per lo spessore ed il valore del Presidente uscente. Non è infatti semplice individuare una persona di alto ed inappuntabile profilo come Sergio Mattarella ed inoltre mai come questa volta le vicende del Quirinale e del governo sono strettamente legate tra loro; proprio per questo intreccio le dimissioni che il Presidente del Consiglio deve presentare – per prassi costituzionale – nelle mani del neo eletto Presidente della Repubblica potrebbero rivelarsi un passaggio non semplicemente formale, ma un atto che apre una vera crisi di governo con la conseguente ricerca di una nuova (e non scontata) maggioranza politica.
L’ulteriore difficoltà è infatti creata proprio dalla necessità di trovare un doppio accordo che chiarisca quali saranno i prossimi inquilini sia del Quirinale che di Palazzo Chigi. Sono quindi due i presidenti da trovare, anche se a salire al Colle non dovesse essere Draghi (o forse, soprattutto se non dovesse essere Draghi).
Nel dibattito di questi giorni torna ciclicamente il tema di salvaguardare il lavoro che sta facendo il Governo in un momento difficile e delicato per il Paese con la pandemia ancora incombente e le risorse del PNRR da impegnare nel modo più proficuo ed efficacie possibile. Se il problema è quindi quello di non perdere – oltre a Mattarella per fine mandato – anche Draghi, allora il suo “trasferimento” al Quirinale diventa veramente l’unico modo per non privarci della sua personalità e del contributo che ne può derivare in termini di prestigio internazionale per l’Italia, sottraendolo in questo modo alle incognite che inevitabilmente si presenterebbero tra un anno a fine legislatura. Non è infatti immaginabile che nel 2023 si possa rimettere insieme una maggioranza come quella che attualmente sostiene il Governo Draghi ed è altrettanto improbabile che lo stesso Draghi sia disponibile ad entrare in una competizione politica dal risultato tutt’altro che certo.
A margine di queste considerazioni c’è da sottolineare che anche questa volta si ripete il teatrino poco edificante di contatti e telefonate per cercare i voti dei cosiddetti “grandi elettori” con argomenti (immagino) non sempre nobilissimi.
Al riguardo mi domando per quale motivo non si possa immaginare di cambiare il sistema di elezione (se non ora, almeno per le future occasioni) passando ad una votazione palese, anziché assecondare i giochi di potere di gruppi e gruppetti vari. Non sarebbe male che i cittadini-elettori avessero contezza di quel che votano i parlamentari che li rappresentano, risolvendo peraltro l’annoso problema dei “franchi tiratori” in un passaggio importante per la tenuta delle istituzioni. Prima di lasciarsi andare alla retorica sull’elezione diretta del Capo dello Stato sarebbe opportuno rendere più trasparente l’attuale sistema di voto, togliendo almeno un argomento alla suddetta retorica.
Massimo De Simoni