Femminicidio: cosa scatta nella mente degli uomini
Per femminicidio si intende “qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”; è un fenomeno diffuso a livello mondiale, in special modo nei paesi dell’America Centrale e del sud e che sta prendendo piede anche nel nostro paese tanto che è stata proclamata una giornata mondiale contro la violenza alla donna e la giornata internazionale della donna.
Il termine “feminicide” è stato diffuso per la prima volta da Diana Russell nel 1992, nel libro intitolato Feminicide: The Politics of woman killing, ove si parla della violenza estrema da parte dell’uomo nei confronti della donna poiché donna.
Marcela Lagarde afferma che il femminicidio è “la forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto dalla violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine- maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale, che comportano l’impunità delle condotte poste in essere tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche comunque inevitabili, dovute all’insicurezza, al disinteresse delle Istituzioni e alla esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia”.
Il femminicidio rappresenta un grande problema di sanità pubblica ed una concreta violazione dei diritti umani, è un fenomeno che identifica i casi di omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna viene uccisa da un uomo per motivi spesso legati ad un rapporto di coppia. L’11 maggio 2011 è stata sottoscritta ad Istanbul dai membri del Consiglio d’Europa la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, tale convenzione prevede che sia vincolante per gli stati membri del Consiglio d’Europa, è una convenzione firmata da ben 32 paesi; nel giugno 2013 il parlamento italiano ha ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica e nell’agosto 2013 il governo ha emanato il decreto legge 93/2013, convertito nella legge 15 ottobre 2013 n. 119, che contiene le norme penali che aggravano le ipotesi di comportamenti persecutori od omicidio contro il coniuge od il convivente, sia quando l’omicida è donna sia quando è uomo.
Ricordiamo che solamente nel 1981, in Italia, è stato eliminato il “delitto d’onore” come reato. La vittima è una donna che ha sviluppato una dipendenza emotiva nei confronti di un uomo, di solito il proprio partner.
La dipendenza affettiva è una forma patologica di amore formata da un’assenza cronica di reciprocità nella vita di coppia ove vi è uno dei due che dona amore a senso unico e vede nel rapporto il proprio scopo di vita. Tutto ciò genera una relazione non sana, che mette a rischio il benessere emotivo di un individuo. I soggetti che sviluppano una dipendenza emotiva hanno una bassa autostima e si convincono nel tempo di non essere degne e meritevoli di amore.
Nelle dinamiche dell’attaccamento adulto vengono messe in atto le medesime modalità che sono provate dai bambini con il proprio caregiver. Quando crescono questi minori che non si sono sentiti amati sviluppano un senso di dipendenza dal prossimo. L’individuo ripropone legami simili a quelli che ha vissuto quando era piccolo, con la figura genitoriale di riferimento, quando non si sentiva amato e crescendo svilupperà la paura di essere rifiutato dalla persona che ama.
Si viene a creare un circolo vizioso tra la dipendenza e l’accettazione della violenza, in cui non bisogna sottovalutare le prime avvisaglie di violenza sia fisica che psicologica.
Dr. ssa Alessia Micoli
Psicologa Criminologa
Molti uomini sono stati abituati dalle mamme ad un amore assoluto. Sono stati figli privilegiati e creduti “speciali” e quando una donna decide di non stare più con loro ecco che viene fuori il bambino ferito, rifiutato, rinnegato. Allora cresce la rabbia per non essere accettato e reso speciale così come faceva la madre, e da lì la violenza perchè è un modo per vendicarsi di quell’amore rifiutato. Troppi figli crescono viziati ormai, hanno tutto e non sanno accettare un “NO” e poi fanno danno e nemmeno si rendono conto che quello non è un amore sano ma malato.