Intervista signora Clotilde, donne e referendum
Intervista esclusiva, a cura di Sara Gilotta, con una donna che ha vissuto l’importante momento storico del referendum con il quale l’Italia, nel 1946, ha scelto tra repubblica e monarchia. Una testimonianza unica, in quanto viene raccontata anche la condizione femminile di allora, le speranze per il futuro e la voglia di guardare avanti con fiducia dopo la terribile esperienza della Seconda guerra mondiale e del fascismo.
D – Signora Clotilde, come ricorda quel giorno, divenuto storico, nel quale si celebrò il referendum con cui l’Italia poté scegliere tra repubblica e monarchia? Lei e le sue amiche eravate consapevoli della importanza di quell’avvenimento?
R – Io personalmente ero consapevole dell’importanza di quel voto non solo perché finalmente in Italia veniva concesso il voto alle donne, ma perché questo significava partecipare davvero e direttamente al futuro dell’Italia. L’Italia era uscita dalla dittatura e a piccoli passi ricominciava a sentire il profumo della libertà. Tuttavia non tutte le donne furono consapevoli dell’importanza del voto, anche per il fatto che soprattutto nelle zone più lontane dalle grandi città, l’influenza delle convinzioni fasciste fu difficile da superare. Se per troppi anni le donne furono educate solo ai lavori domestici, alla cura della famiglia e dei figli, il cambiamento non poteva che essere faticoso. Persino dalle più giovani una opportunità tanto grande come il diritto di voto, fu recepito con lentezza.
D – Il referendum, oltre che stabilire se l’Italia dovesse rimanere una monarchia o diventare una repubblica, comprendeva l’elezione all’Assemblea costituente, quale dei due volti sembrò più importante per lei?
R – Beh, i due volti del voto finirono per sovrapporsi per il fatto che votare per tutte significò poter scegliere, e poiché la propaganda insistette molto sulla scelta istituzionale, cioè, monarchia o repubblica, le donne soprattutto le più giovani finirono per considerare il voto femminile e il voto istituzionale come un’unica realtà.
D – Ricorda se intorno al voto alle donne si avvertiva una certa ostilità sia da parte degli uomini e comunque da parte delle generazioni più anziane?
R – Certamente non tutte le donne si mostrarono favorevoli al voto. Ricordo che qualcuna, tra le più anziane pensava che votare per le donne significasse diventare meno femminili. Naturalmente in tale atteggiamento fu importante l’educazione familiare e la consuetudine per cui le donne erano donne perché diverse dagli uomini, cui spettava di diritto partecipare alla vita pubblica. Ma poi devo ricordare che il suffragio universale maschile era conquista piuttosto recente e anche per questo il voto alle donne da molti uomini e donne non fu visto positivamente. E poi alle donne non era ancora concesso studiare scegliendo la scuola che ritenevano più adatta ed anzi molto spesso soprattutto nel sud le ragazze per tradizione familiare non potevano andare oltre la licenza elementare. Solo le giovani della media ed anche piccola borghesia riuscirono a frequentare le scuole superiori, purché la frequenza non pretendesse spostamenti in città vicine e con mezzi pubblici, perché “non stava bene” per una ragazza. Io sono nata nel 1925 e per quei tempi aver potuto frequentare un istituto tecnico molto simile al successivo indirizzo di ragioneria fu per me molto importante perché mi permise, negli anni successivi, di ottenere un lavoro importante e di grande responsabilità. E che diede forma alla mia vita e che ancora ricordo con molto piacere. E di questo devo ringraziare i miei genitori che pensavano che i figli, maschi o femmine che fossero, potevano, anzi dovevano, avere un titolo di studio che fosse di formazione personale e mezzo per il lavoro successivo.
D – E può dire per quale forma istituzionale ha votato, ma soprattutto il perché della sua scelta?
R – Personalmente non ebbi mai il minimo dubbio sulla mia scelta, perché scegliere la repubblica significava scegliere la libertà, ma significava anche scegliere un futuro finalmente libero dalla guerra e dalla dittatura. E certo la fine di quel periodo davvero difficile per l’Italia e per il mondo aveva bisogno di un suggello di cambiamento importante che la monarchia non sarebbe stata in grado di garantire.
D – Lei dove viveva in quel 2 giugno del 1946?
R – Con la mia famiglia vivevo a Brindisi, una città resa importante anche per il fatto che nel porto di Brindisi il 10 settembre 1943 arrivò una nave che fece sbarcare nella mia città il re, la regina e il maresciallo Badoglio. Del fatto si parlò molto in città, anche perché gli stessi marinai del porto non si aspettavano nulla di simile e non compresero immediatamente le cause di tale scelta. E nemmeno la capirono i cittadini che solo dopo appresero che era legata al fatto che i tedeschi si erano ritirati dalla Puglia come lessi e ascoltai anche attraverso la radio. Inoltre ricordo che la presenza del re fu accolta con favore dalla destra, certamente meno dalla sinistra che già sperava in un imminente cambiamento radicale della situazione politica italiana.
D – Si sostiene da più parti che la vittoria della repubblica derivò anche da brogli. Lei ricorda quali erano le voci e i convincimenti che giravano tra la gente e tra i giovani?
R – Di brogli sentii parlare molto dopo quei giorni ricchi di speranza. Per quel che io giovane donna potei sapere fu il fatto che la repubblica vinse non per un eccessivo scarto di voti. Cosa che fece pensare a qualcuno ad uno spoglio delle schede non corretto o addirittura ad una vera e propria immissione di schede false poi regolarmente scrutinate e valutate. Ma nella mia esperienza personale la vittoria della repubblica rappresentò una grande vittoria e allora come oggi non ho mai creduto a possibili brogli.
D – Si legge del pericolo di una guerra civile che avrebbe potuto scoppiare in seguito ai risultati del referendum. Lei ne ebbe consapevolezza e ne avvertì il pericolo?
R – Non almeno da voci importanti. Ma è vero che giravano voci di brogli derivanti anche dal fatto che la proclamazione dei risultati del referendum avvenne solo il 18 giugno e questo fece pensare sia a brogli che al pericolo di disordini. Ma Umberto II lasciò Roma ben prima che eventuali disordini potessero rigettare il paese in una guerra che nessuno avrebbe potuto sopportare. E questa scelta del re fu molto apprezzata da tutti gli italiani e forse soprattutto da coloro che avevano votato per la repubblica.
D – Sono passati ben 75 anni da quel giorno, che cosa, secondo lei, è davvero cambiato da allora e soprattutto lei cosa sperava che sarebbe cambiato effettivamente nella politica e nella società?
R – La storia della Repubblica è stata ed è una storia non sempre facile, ma senza dubbio l’aspirazione alla libertà, il nuovo corso impresso alla vita delle donne rimangono fondamentali per esprimere un giudizio sulla storia della repubblica. Dunque le speranze fondamentali sono diventate realtà, anche se la strada verso un progresso vero e generalizzato deve ancora essere perseguita. Ma la storia è questa.
D – Signora, ritiene che da allora ad oggi sia veramente cambiata la condizione femminile. Lei e le sue coetanee siete riuscite nel prosieguo della vita a realizzare tutte le speranze che quel voto portava con sé?
R – Personalmente ritengo di essermi realizzata come donna e come lavoratrice, ma certo non per tutte fu facile anche perché non tutte desideravano un vero cambiamento di vita, che, tuttavia, sarebbe stato favorito dal cosiddetto boom economico alcuni anni più tardi, che cambiò realmente e nel profondo il modo di vivere e di lavorare.
D – Il 2 giugno del 1946 si votò anche per l’assemblea costituente. Voi giovani eravate consapevoli dell’importanza di tale organo o pensa che la comprensione vera fu per pochi? Uomini e donne, senza alcuna differenza?
R – Se lei chiedesse ad un giovane di oggi anche scolarizzato che cosa fu e che cosa rappresentò l’assemblea costituente forse non saprebbe rispondere e comunque certamente non ne saprebbe più comprendere l’importanza. E così fu allora, quando anche il significato della parola “costituzione” era un concetto ed una realtà abbastanza sconosciuti. Del resto il regime fascista con il suo assolutismo aveva cancellato anche il ricordo di una possibile costituzione.
D – Ricorda i nomi o qualcuno dei nomi delle donne elette all’Assemblea costituente?
R – Se dovessi citare dei nomi attingendo ai ricordi di allora la mia risposta sarebbe negativa, ma ricordo anche che all’Assemblea costituente furono elette ben 21 donne, un numero importante per quei tempi ed anche per i nostri, giacché nemmeno nei nostri giorni la parità vera è stata raggiunta.
D – E ora qualche particolare più frivolo. Ricorda che cosa indossava ed ancora, al seggio incontrò una lunga fila soprattutto di giovani o di persone di tutte le età?
R – Non ricordo bene come fosse il mio abitino. Forse era a piccolissimi fiorellini, arricciato e con un collettino bianco molto carino. E’ certo, però, che quell’abito con quel modello derivò da un altro abito adattato per me dalla mia mamma che era brava nel cucito. La partecipazione fu notevole, ma ricordo file ordinate e tranquille.
D – Ricorda che cosa era cambiato in Italia dalla fine del regime fascista e della guerra?
R – Nel 1946 era cambiato ancora poco. Per esempio ancora per anni comprare il cibo non era facile per nessuno. Trovare un uovo fresco da dare ai bambini era considerato un lusso non certo alla portata di tutti soprattutto nelle città.
Sono doverosi i ringraziamenti alla Signora Clotilde sia per il tempo che ha dedicato a questa intervista sia per aver condiviso con tutti i lettori i suoi ricordi.
14.06.2021
di Sara Gilotta