Road to Tokyo 2020: The Dutchman
Di Giovanni di Giorgi Direttore editoriale della casa editrice Lab DFG
In questa rubrica, che vuole accompagnarvi alle Olimpiadi di Tokyo 2020, non poteva mancare un accenno a quando per la prima volta i Giochi olimpici sbarcarono in Asia, proprio a Tokyo, nel 1964. E non potevamo non tornare indietro con la memoria al 23 ottobre 1964, quando fu scritta una delle più importanti pagine della storia olimpica.
Fu in una sera d’autunno che Anton Geesink incontrò il suo destino, trasformandosi in icona dello sport mondiale e ottenendo, cosa assai difficile, la devozione del Giappone. The Dutchman, questo il soprannome del gigante olandese di Utrecht, violò il tempio, ma per farlo risalì le correnti come la carpa Koi che riceve il dono dell’immortalità.
Il judo entra nel programma olimpico di Tokyo 1964 diviso in quattro categorie di peso: leggeri (fino a 68 chilogrammi), medi (-80 kg), massimi (+80 kg) e Open, cioè l’élite dell’arte marziale. Il Giappone può vincere le prime tre categorie, ma poi deve atterrare il Campione del mondo Anton Geesink e un fallimento non è pensabile: la nobile arte marziale non è solo lo sport della nazione, ma rappresenta anche il suo valore spirituale, il senso della disciplina e la cura infinitamente sottile della vita giapponese. È l’arte dello spirito orientale contro la società capitalista: un combattimento culturale.