Lavorare onlus: in trincea contro le malattie rare
La solitudine e lo sconforto colpiscono chiunque riceva una diagnosi di malattia grave. Progetti di vista che svaniscono o devono essere rimodulati, la vita di tutti i giorni stravolta. In caso di malattie rare, tuttavia, questi sentimenti si amplificano. Le strutture specializzate sono poche, speso le cure costose, se esistono. Accanto a questi speciali pazienti, da qualche anno su Roma (ma l’obiettivo è di espandersi e replicare il progetto) ci sono i volontari di Lavorare Onlus, la prima associazione di volontariato ospedaliero d’talia. Ecco l’intervista rilasciata a Lazio Sociale dal suo presidente
Presidente, innanzitutto ci descriva brevemente l’attività di lavorare onlus e i suoi obiettivi
L’obiettivo primario di Lavorare onlus è quello di portare conforto alle persone che ricevono una diagnosi di malattia rara. Non è facile trovarsi in una simile situazione, spesso ci si ritrova soli fuori dalla porta del medico, senza nessuno con cui confrontarsi, scambiare le prime sensazioni. Senza nessuno che abbia avuto la stessa diagnosi. In quel momento in genere il progetto di vita va in frantumi.
Quando nasce l’associazione e cosa ha portato alla sua costituzione?
Lavorare onlus nasce nel 2012 per rispondere a un’esigenza dei malati rari e delle associazioni di pazienti. Per poter operare nelle strutture ospedaliere è necessario essere riconosciuti come associazione di volontariato ospedaliero. Questo permette di poter sottoscrivere una convenzione, un vero e proprio contratto fra azienda pubblica e organizzazione privata. Nessuna associazione aveva tale caratteristica, per cui una ventina di presidenti, dirigenti, soci, hanno dato vita alla prima realtà italiana di volontariato ospedaliero specifico per le malattie rare.
Qual è il valore aggiunto che dà il volontariato nell’ambiente ospedaliero?
La presenza di un volontario in ospedale offre un valore aggiunto assoluto, inestimabile. La mediazione fra medico e paziente è una delle più preziose risorse a disposizione in casi drammatici come quelli della consegna della diagnosi di malattia rara. Ognuno di noi genitori che abbia ricevuto una notizia del genere ricorda benissimo lo sconforto, il disorientamento e la percezione di sentirsi improvvisamente catapultato in una realtà senza ritorno. Una presenza amichevole e preparata in quei momenti può aiutare anche in maniera determinante, decisiva.
Dove operate e su quanti volontari potete contare?
Attualmente siamo convenzionati con il policlinico Umberto I che è la realtà più ampia in Italia nelle malattie rare, sia per numero di pazienti assistiti, che per tipologia di malattia rara seguita. Non solo, questa realtà rappresenta un punto di riferimento per tutta l’Italia e per una grossa fetta del bacino del mediterraneo. Al policlinico Umberto I sono seguiti più di 12.000 pazienti fra l’età pediatrica e adulta, nel 2016 sono stati effettuati più di 2.500 ricoveri in regime ordinario e di day hospital e quasi 140 mila prestazioni ambulatoriali. Noi operiamo allo sportello delle malattie e in altri presidi in piena sinergia con il professor Mauro Celli che è il responsabile aziendale per le malattie rare. Il progetto di coinvolgimento dei volontari è stato reso possibile grazie al direttore generale dr. Domenico Alessio che ha sempre fortemente voluto le associazioni al proprio fianco. Siamo circa quaranta volontari, un numero appena sufficiente per garantire una presenza quotidiana in ospedale. Dovremo espanderci, e questo è un obiettivo per il prossimo futuro. Da un paio di anni abbiamo preparato progetti di estensione della nostra esperienza, abbiamo possibilità concrete di replicare il nostro modello in altri ospedali del territorio del Lazio, al Gaslini di Genova, al Cervello di Palermo. Vedremo cosa ci riserverà il futuro.
Diventare volontari richiede una preparazione particolare?
I requisiti per fare il volontario sono minimi, occorre avere la maggiore età ed essere in condizioni psico fisiche idonee a trascorrere del tempo in ospedale al fianco di persone che per lo più debbono gestire una situazione di sofferenza. Nostro compito è quello di formare i volontari, quest’anno a giugno abbiamo realizzato il quinto corso di formazione. Insegniamo loro cosa sono le malattie rare, come è organizzata l’assistenza in Italia, come è fatto il mondo delle associazioni, come si gestisce la relazione con i pazienti. Tutto questo rientra nella preparazione di un volontario, e periodicamente facciamo degli incontri intermedi per valutare l’avanzamento dell’attività.
Qual è il progetto a cui vi sentiti più legati e quali sono i progetti futuri dell’associazione o i suoi obiettivi?
Il servizio reso ogni giorno dai nostri impagabili volontari è la cosa di cui si è profondamente orgogliosi. Volendo ricordare un’iniziativa, nel corso del 2016 abbiamo sostenuto un malato raro a realizzare le sue costosissime cure all’estero. Non abbiamo tirato fuori soldi, perché non ne avremmo avuti. Abbiamo semplicemente messo a disposizione la nostra macchina organizzativa per veicolare le risorse e questa persona ha potuto iniziare le sue cure. In futuro vorremmo poterlo fare per tanti, per tutti quelli che ce lo dovessero chiedere. C’è un’altra cosa che vorremmo poter fare: in questi primi giorni di luglio in Regione Lazio si parlerà di riorganizzazione della rete di assistenza sulle malattie rare, alla luce del decreto recente sui nuovi lea (livelli essenziali di assistenza). Noi ci auguriamo che il Policlinico Umberto I finalmente possa essere aiutato a mettere in campo il progetto di creazione di una struttura anche a Latina. Il sud del Lazio, Latina in particolare, rappresentano un’area strategica di potenziale sviluppo nella connessione fra nord e sud Italia, garantendo un’efficienza negli spostamenti e una qualità dei servizi che Roma ormai non può garantire per la quantità enorme di persone che ne affollano le strutture. Noi saremo in prima linea a sostenere questo progetto nell’area pontina.