Benessere soggettivo: che cos’è e come si misura
È nato un nuovo gruppo di studio di soci SIPS che si è dato come obiettivo lo studio dell’ottimismo con lo scopo di acquisire conoscenza su questo costrutto chiave della psicologia positiva.
Fanno parte del gruppo Iliana Sardi, Diana Ricci, Marco Marotta e Clizia Pugliè tutti psicologi. È laureato in psicologia anche Gabriele Giacomelli che è anche infermiere. Fiammetta Sailis è una chimica biomedica e infine, Sergio Ardis è medico. Quattro componenti del gruppo sono toscani e quattro marchigiani.
I gruppi di studio nazionale lavorano a distanza utilizzando Skype. Di solito si riuniscono tramite Skype call una volta al mese. Il mese precedente viene scelto un articolo scientifico da leggere. L’articolo viene letto singolarmente dei componenti nel corso del mese e durante la call viene discusso, commentato, se ne individuano i punti di forza e le criticità. A rotazione uno dei componenti prepara una sintesi che viene inserita nella newsletter e che vuole essere uno stimolo per tutti i soci alla lettura dell’articolo proposto.
Fino ad oggi gli studi del Gruppo Nazionale Giovani per lo studio del benessere soggettivo hanno condotto a un risultato univoco per tutti gli articoli presi in esame: la misurazione del benessere soggettivo sarebbe agevolata da una definizione unica e condivisa e da eventuali modelli di riferimento.
Durante l’ultimo incontro del Gruppo è stato analizzato un articolo di Lindert et al. (2015) di revisione sistematica di articoli scientifici contenti scale di misurazione del benessere soggettivo. In questo articolo si afferma che il benessere soggettivo come obiettivo di salute pubblica va oltre i tradizionali indicatori di salute (per esempio mortalità, speranza di vita alla nascita e mortalità infantile) e nel 2013 gli stati membri dell’Unione Europea hanno concordato di utilizzare una singola misura, la soddisfazione di vita, per monitorare il benessere soggettivo nel quadro della politica sanitaria della WHO.
Con il monitoraggio del benessere soggettivo in 140 paesi da parte della Gallup Healthways si conferma che non esiste una definizione di benessere soggettivo e dei metodi di misura universalmente accettati.
Lo studio di Lindert et al. (2015) si avvale di una ricerca fatta su PubMed di documenti redatti tra gennaio 2007 e maggio 2012 contenti termini di benessere e per la misurazione (soddisfazione personale, benessere, soddisfazione di vita, psicometria, sondaggi sulla salute, questionari, indicatori, scale di misura ecc..). Non sono stati inclusi gli studi fatti su pazienti con malattie croniche come il diabete o l’alzheimer. Sotto la supervisione degli autori, 25 studenti hanno esaminato gli articoli e gli abstract contenenti scale di misura e successivamente hanno fatto una seconda ricerca per identificare articoli riportanti le proprietà psicometriche delle scale. La ricerca ha condotto all’analisi di 476 record che hanno portato all’individuazione di 60 scale di misura, unidimensionali, bidimensionali e multidimensionali i cui domini più frequentemente riscontrati sono stati gli affetti, la soddisfazione di vita, la salute fisica, significato/realizzazione e la spiritualità e tempi di somministrazione variabili in base alla lunghezza, sebbene questa sia poco importante perché il risultato di scale lunghe si può ottenere anche con scale più brevi.
Secondo gli autori le scale di life-satisfaction sono più stabili e misurabili rispetto agli affects, come dimostrato dai risultati dell’Australian Unity Well-being Index surveys (2014) e in linea con il modello di resilienza di Richardson (2002), secondo cui il benessere soggettivo varia in base allo stato di equilibrio delle persone ed eventi traumatici possono alterarlo fino a tornare, poi, al suo set point (per esempio durante un’influenza si può avere febbre ma alla guarigione la temperatura corporea torna al suo equilibrio iniziale).
Tuttavia lo studio prende in esame anche scale che non hanno come unica domanda “quanto sei soddisfatto della tua vita?” e ciò può essere utile alla WHO per ulteriori misure in altre aree geografiche ed etniche perché, anche se gli affetti positivi e la massima soddisfazione di vita sono componenti del benessere soggettivo di tutte le culture, è importante riconoscere le differenze nella relazione tra queste.
Diener et al. (2003), infatti, hanno scoperto che la correlazione tra affetti e soddisfazione è più forte nelle società individualistiche e più debole nelle società collettivistiche, per cui la prospettiva eudamonica, che enfatizza valori come la crescita personale e l’adattamento, è più appropriata.
Sebbene questo studio presenti alcune limitazioni, come per esempio la scelta di adottare solo PubMed come motore di ricerca e limitare la scelta dei record a un periodo di tempo ristretto, questa revisione fornisce una panoramica delle scale di misura del benessere soggettivo e contribuisce ad informare i policy-maker e i tecnici della promozione della salute nella scelta di come poter misurare il benessere soggettivo, tenendo conto della decisione della WHO di concentrarsi sulla soddisfazione di vita.
Infine, l’ultimo limite che il Gruppo ha riscontrato è che gli autori non si sbilanciano a suggerire l’utilizzo di una scala piuttosto di un’altra, ma questo è tollerabile in quanto trattasi di una revisione di letteratura.
Questo articolo dovrebbe essere uno stimolo per i soci Sips per cominciare a valutare il benessere soggettivo come indicatore di risultato per ogni attività di promozione del benessere progettata e realizzata.