COSI’ IL CANTO DEI PESCI CI RACCONTA LO STATO DI SALUTE DEI CORALLI ” Di Cristina Bellon
Il progetto dell’Università Milano-Bicocca per studiare come varia il suono caratterizzato dalle diverse specie marine. “Dall’analisi del ‘canto’ del mare e dei suoi abitanti si comprende lo stato di salute della barriera corallina, minacciata da diversi fattori tra cui i cambiamenti climatici e dalla distruzione degli habitat da parte dell’uomo”
La stupefacente complessità acustica è diventata oggetto di studio di scienziati di tutto il mondo. “Dall’analisi del ‘canto’ del mare e dei suoi abitanti si comprende lo stato di salute della barriera corallina, minacciata da diversi fattori tra cui i cambiamenti climatici e dalla distruzione degli habitat da parte dell’uomo” dichiara Paolo Galli, docente di ecologia a Scienze Ambientali dell’Università Milano-Bicocca, e direttore di MaRHE Center, un centro di ricerca maldiviano della medesima università.
La metodologia basata sugli indici acustici utilizzati per analizzare la qualità di un ambiente è stata utilizzata per la prima volta in ambito subacqueo. Ogni specie marina è caratterizzata da metodi di comunicazione specifici. “Individuando che un suono è riconducibile a un certo tipo di pesce si può fare un’analisi per capirne l’abbondanza o la carenza” spiega Giovanni Zambon, docente di fisica applicata e responsabile di acustica all’Università Bicocca. Il progetto, al quale partecipano anche biologi ed ecologi, utilizza sistemi di monitoraggio con batterie che possono rimanere sott’acqua per lungo periodo. A parità di ambiente, si studia come varia il suono caratterizzato dalle diverse specie.
“Studiando il soundscape, la nostra sfida è quella di acquisire e distinguere tre diverse categorie di suoni” afferma Zambon. Le geofonie, i suoni legati agli eventi naturali (il movimento delle onde, le correnti marine, eventi atmosferici). Le antropofonie generate dall’uomo e dal passaggio dei natanti. La terza categoria, che introduce a questa nuova disciplina, è la biofonia: rumori e suoni generati strettamente da pesci e da crostacei. Rispetto alle “voci” delle specie più evolute (delfini, capidoglio, balene), in questo caso i suoni sono più semplici, talvolta prodotti solo per richiamarsi e fare gruppo.
La difficoltà sta nel discriminare i suoni. Inequivocabili sono gli “spari” prodotti dai gamberetti pistoleri. “Ma quando si individuano vicino a una barriera corallina sono bioindicatori negativi”. Il gamberetto infatti occupa i coralli morti o in deterioramento. Un altro animaletto curioso è il riccio: mentre mangia sul corallo gratta emettendo un suono molto caratteristico, un po’ come il pesce pappagallo. “La cosa entusiasmante è poter rilevare intensità e livello di pressione sonora nel tempo e per ogni momento vedere e correlare tra loro quali sono le frequenze che lo caratterizzano”.
Il prossimo passo prevede l’analisi del “suono della barriera corallina generato dalla struttura in sé, cioè dall’acqua che, passando attraverso le fenditure dei coralli, crea suoni che attirano le specie che ci vivono” conclude Zambon. Un’altra affascinante avvenuta della scienza italiana. (FONTE: La Repubblica)