Riflessioni sullo stare in casa e abitare, di Nicola Tavoletta
Provo a fare una semplice riflessione sull’ attualità, sperando di far emergere qualche elemento utile nei quotidiani confronti domestici o, meglio, residenziali, ma forse sarebbe più felicemente appropriato definire familiari.
Ho ascoltato in questi giorni alcune affermazioni di dirigenti aclisti, che mi hanno trasmesso stimoli. La prima è che questo è il tempo della cura, che abbiamo da affrontare una economia di cura, la seconda è una citazione di Rainer Rilke: « il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi, molto prima che accada».
Abbiamo favorito in questi anni gli atteggiamenti, privilegiandoli ai comportamenti. L’atteggiamento è il riflesso di uno stato d’animo, il comportamento è una condotta di stile rispetto all’ambiente. L’affannosa e ansiogena ricerca senza appagamento ha prevalso sull’equilibrio del viaggiatore del tempo e dello spazio, o meglio ancora di colui che abita il tempo e lo spazio. Abitare il tempo e lo spazio è il primo successo della nostra esistenza, mentre ancora cerchiamo di giocare una partita impossibile, provando a sfidare il tempo e lo spazio. Le nostre ricchezze sono il tempo e lo spazio, non i nostri avversari. La donna e l’uomo sono stati plasmati, secondo me, come artisti, come artigiani, che lavorano con il tempo e lo spazio e non contro queste due dimensioni. Oggi molte persone sollevano insofferenze proprio rispetto a tali elementi, la costrizione a casa, quindi lo spazio, e la durata di tale condizione, quindi il tempo. Intanto cerchiamo di ricordare se le stesse inquietudini le sollevavamo anche un mese fa, quando uscivamo; se fosse allora così dovremmo iniziare a pensare che abbiamo noi stessi qualche problema a collocarci nel tempo e nello spazio. Siamo costretti quindi in un atteggiamento influenzato da uno stato d’animo? Abbiamo difficoltà ad assumere un comportamento, quindi una condotta autonoma rispetto all’esterno. Con l’atteggiamento litighiamo con lo spazio, il tempo, sicuramente con le altre persone e infine con noi stessi. Con il comportamento ci relazioniamo allo spazio, al tempo, alle altre persone e quindi mediamo, misurando noi stessi. Oggi questo periodo di cura ci permette prima di tutto di sanare tale capacità di abitare lo spazio e il tempo senza soffrire la volubilita’ degli stati d’animo. Intanto possiamo ritenerci privilegiati perché non siamo impegnati a sanare le condizioni fisiche di salute. Quando viviamo una fase di cura anche le nostre risorse sono principalmente dedicate a tale obiettivo, quindi anche l’economia diventa di cura. Nella interpretazione del rapporto con lo spazio, il tempo e le persone possiamo ora fare strategie per una “economia di riabilitazione” con riferimenti diversi, nuovi. Alcuni parlano di economia di guerra oppure di una situazione che porterà a limitare gli spazi di democrazia o ad ampliare le disuguaglianze, ecco che viene in aiuto l’aforisma di Rielke. Il futuro non è un fenomeno che si manifesta esteriormente con il quale fare i conti, ma una elaborazione interiore, che dobbiamo esprimere. Esprimere in cosa? In comportamento. Comportamento parametrato rispetto allo spazio, al tempo e alle persone. Siamo noi a dover elaborare, a costruire e a raccontare la nostra cura sociale, politica ed economica. Fosse anche un piccolo pezzo, un piccolo contributo, ma il futuro lo stiamo elaborando dentro di noi, anche inconsapevolmente.
Nicola Tavoletta
Bel articolo grazie per le riflessioni condivise