Una combinazione imperfetta per il bene comune

(riflessioni a margine di un evento promosso da FareRete Innovazione Bene Comune)

di Giampiero Cardillo

Roma, Sala Capitolare del Chiostro di S.Maria Sopra Minerva, 16 settembre 2022. Convegno “Pills of common good”.

Si potrà mai sperare di venire a capo di un mortale nemico di livello internazionale (l’Amianto), di grande portata dimensionale, diffusa in macro, medi e micro-siti, interessante la salute di tutti, se si combina l’habitus istituzionale più inefficiente, continuamente aggiornato e oramai orientato al “non fare per non sbagliare” (l’appalto pubblico) e una emulsione poco strutturata del settore industriale (l’edilizia) e delle rendite di posizione( le discariche) quando la letteratura tecnica e giudiziaria li qualifica come i più arretrati e, a volte, tra i più permeati da malaffare e mafie?

Nei trent’anni e più dall’entrata in vigore della L.257 del 23/3/1992 ad oggi si è fatto pochissimo.

Con il ritmo attuale il problema amianto si risolverà in ottant’anni, senza contare i quarant’anni di latenza delle malattie asbesto/correlate. In Italia, Paese produttore e trasformatore, abbiamo più amianto rispetto a molti Paesi europei, anche perché, in vista della legge che ne proibiva l’estrazione, la produzione, l’uso, il commercio, si è consentito un picco enorme di produzione e consumo fino all’ultimo giorno, svuotando magazzini e fabbriche dalle centinaia di prodotti diversi ove veniva impiegato: caverie, linoleum, vernici, cartoni, lastre per controsoffitto, contropareti, manici di utensili anche domestici, tessuti industriali, tettoie, serbatoi, intonaci, lane minerali coibenti, riempimento di veicoli, aerei, treni, barche, navi, frigoriferi, caldaie, mobili, controtelai, isolanti elettrici, macchine varie, cementi speciali, giocattoli, pali e tubi, fibre ceramiche, filati, mattonelle in in vinil amianto, vasche industriali, pali da vigna, recinzioni prefabricate, pannelli prefabbricati, ascensori, gabbie antincendi, talco industriale e per uso domestico, ecc.

La combinazione imperfetta “appalto istituzionale-paraedilizia-mondo delle discariche” ha prodotto una inerzia mortale per 5000/7000 persone l’anno. Persone che sono decedute per metastasi, non solo pleuriche o polmonari, ma anche dell’apparato digerente e dintorni, per averlo ingerito (le condotte d’acqua pubblica più vecchie e disastrate sono in cemento amianto). La diffusione delle fibre riguarda città e campagna, industria e uffici, edifici pubblici o privati, tetti e cantine, dai sottili tubi di sfiato da tre pollici dei sistemi di scarico domestici, ai grandi pannelli prefabbricati da 10 tonnellate.

Il sistema imperfetto ha messo a disposizione solo due decine di discariche dedicate, ora ridotte a 18. Un terzo delle Regioni non ne ha neanche una (il Lazio, ad esempio). I costi di eliminazione ne risentono. Perdipiú per la distruzione definitiva di quanto rinvenuto e accumulato usiamo grandi camion diretti prevalentemente in Germania. Noi non abbiamo grandi strutture per eliminarlo con il calore, la chimica o la meccanica/chimica. Strutture capaci, magari, di riciclarlo, inertizzato, in altri materiali utili (economie circolari).

Migliaia di viaggi di materiale pericoloso viaggiano perciò dalla Sicilia al Brennero a costi altissimi e scarso risultato complessivo. Non è servito inasprire le pene, riconfigurare più volte competenze ministeriali e regionali, istituire nuovi punti di osservazione e controllo. Quello che è mancata è l’azione concreta sia istituzionale, che operativa da parte di portatori d’interesse sufficientemente grandi, maturi, polidisciplinari, collegati orizzontalmente con altri punti operativi portatori d’interesse allargato allo sviluppo complessivo dei grandi bacini inquinati, ma capaci di supportare per default anche la bonifica di medi e micro-giacimenti che si contano in centinaia di migliaia in tutta Italia.

Unico vero successo riscontrabile è quello raggiunto dal Gen. Giuseppe Vadalà, Commissario unico per le discariche abusive in infrazione UE, che ci stava costando una fortuna in multe ogni semestre. Una goccia di efficienza  nel mare dell’ inossidabile ritardo. Ha operato con un’azione sussidiaria organizzata “militarmente” in maniera ottimale utilizzando anche personale in divisa, tecnicamente e giuridicamente preparato (tutti ex Forestali, ora Carabinieri). Un grande e meritorio sforzo sussidiario che, però,  non ha trovato eco nel mondo civile, come è avvenuto in altri Paesi (la Germania ha bonificato una larga fascia lunga  70 Km e larga 15km in soli 10 anni, puntando sulla sussidiarietà orizzontale e verticale, su investimenti privati e non pubblici, rigenerando un grande territorio devastato da criminalità, disoccupazione, inquinamento profondo, sottosviluppo grave, portando a termine 120 diversi progetti di privati e concentrando la loro integrazione nelle mani di una società privata ad hoc, emulsionata da una Mostra triennale di Architettura, nella quale hanno lavorato Ordini professionali, Confindustria, Associazioni di ogni tipo e Istituzioni regionali. Il Generale Vadalà ha dimostrato che, nonostante gli iter impossibili del Codice appalti e una ordinaria risposta professionale degli operatori privati, interventi di piccolo respiro si possono fare, fare bene e presto, efficentando parte dell’impegno istituzionale attraverso il commissariamento.

In altro contesto la ricostruzione del ponte Morandi ha dimostrato che, commissariando il Codice Appalti, efficientando ai massimi livelli nazionali anche l’operatore privato, (Salini in questo caso, grande impresa che opera prevalentemente all’estero), con un progetto donato da un grande Architetto, Renzo Piano,  con l’integrazione decisiva di Fincantieri (eccellenza costruttiva della costruzione navale) un magnifico risultato si è ottenuto e si può ottenere ancora per altre esigenze in tempi sorprendenti.

Ma c’è ancora un livello superiore di sussidiarietà da esplorare per liberarci dall’Amianto e d’altri veleni: quello della Grande Impresa Federale Europea che, come avvenne per la CECA e per l’Euratom, proprio in momenti difficili e confusi come questo ha tirato tutti fuori dai guai del dopoguerra. Guai  anche più devastanti dell’Amianto.

 Occorre che il tema delle bonifiche, non solo dall’Amianto, sia risolto per default di grandi progetti multiobiettivo, il cui costo venga assorbito dai risultati economici di immense rigenerazioni territoriali (nei nostri SIN e SIR c’è molto territorio nazionale avvelenato da valorizzare o rigenerare).  Altri ci sono riusciti, dobbiamo riuscirci anche noi italiani, in quanto europei. L’Europa della Economia Sociale di Mercato di Sturzo e Monnet. Della solidarietà, della sussidiarietà, della pace, dell’innovazione costante di tecniche e istituzioni.

 Nel convegno si è parlato di Olivetti, della sua visione della Comunità, del suo essere energia positiva per lo sviluppo locale, nazionale e europeo (la CECA è del 1951 e di quel successo ha beneficiato indirettamente anche la sua azienda).

Occorrono portatori di interesse olivettiani, che oggi in Italia sembra che manchino, ma occorre non disperare.

Occorrono anche concreti visionari costruttori di futuro come Luigi Sturzo e grandi inventori di Istituzioni sovranazionali come Jean Monnet per rendere possibili i Grandi Progetti risolutori, che oggi servirebbero come un balsamo sulle ferite di un mondo impazzito.

Occorrono cittadini d’Europa per salvarla dalla marginalità e dalla decadenza rovinosa.

Occorre, come ha ricordato un oratore citando Leone XIII, che ognuno faccia la sua parte.

Anche nel piccolo si rintraccia la capacità di non arrendersi. Come stanno facendo Rosapia Farese e tutti gli intervenuti al Convegno da lei organizzato. Con lei e con L’Ossevatorio nazionale amianto proveremo a suscitare  l’interesse della comunità del XIII municipio romano sul pericolo dell’Amianto. Una micro-goccia nel vaso del dover fare, cercando il sostegno comunitario e di portatori di interesse dovunque siano. E delle Istituzioni, qualunque siano.

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