DITEMI QUELLO CHE VOLETE

Arriva il vento sulla mia pelle, è l’aria mossa vivacemente dalle pale del ventilatore. Ruotano. Non volevo scrivere, avevo deciso di non scrivere per celebrarlo. Chissà quante me ne dicono. Ruotano velocemente quelle lamine e la mia memoria le trasforma nelle movenze uniche, indescrivibili, impressionanti del fuoriclasse che ha unito i due millenni: Zinedine Zidane.
Non mi interessano critiche, battute o sarcasmo, sono tutte volgarità davanti alla classe raffinata e contemporaneamente prepotente di Zizou il marsigliese, l’algerino, il francese, lo juventino, il madridista, il vincente.
Ovunque vincente, anche da perdente.
Un leader silenzioso capace di affascinare con i gesti e poi di insegnare con i gesti.
Da allenatore tre Champions consecutive vinte, da giocatore due volte in finale Mondiale, una stravinta, e tra le due un Europeo nel palmares.
Da calciatore nelle coppe europee
sempre protagonista tra finali vinte e perse, ma sempre fino in finale.
Zidane è l’ acrobazia mozzafiato con la maglia bianco malva in finale contro il Bayer Leverkusen. Guardatela, solo silenzio davanti a quella prodezza. Due colpi di testa potenti e precisi, due siluri che non lasciarono scampo ai brasiliani in una Parigi inchinata davanti al suo condottiero popolare. Il figlio del Magreb che amava la sua Francia da Marsiglia a Bordeaux.
In bianconero mi ha stregato gestendo il pallone con l’originalità di movenze sintetizzate tra un ballo lento e colpi di arti marziali. Incredibili veroniche e sombreri o gli ineguagliabili stop alla Zizou. Era a Tokyo, finale di Intercontinentale, ballava a centrocampo con falcate più lunghe della gamba, passaggi filtranti per Boksic, uno spettacolo. Non rappresentava da calciatore e ora da allenatore un leader istrionico, neanche un capopopolo o un modello mediatico, ma un samurai ascetico, silenzioso, un esempio, un maestro, forse un monaco detentore di tecniche e segreti, tra il misterioso e l’essenzialità.
È stato capace di smettere senza attendere la fase calante della carriera, sia da calciatore, che da allenatore del Real Madrid.
Vorrei ascoltare una musica, guardarlo in campo, gridare Zinedine Zidane, usavo il suo nome per esultare sempre anche quando l’episodio non riguardava lui, magari dopo un esame andato bene.
Zidane ha dimostrato forza e debolezza, vittoria e sconfitta, ma soprattutto tanta riservatezza in un mondo di esibizionismo accelerato. Zidane ha subìto, reagito scompostamente, mantenendo l’autenticità di una identità, senza ipocrisie, sbagliando, ma difendendo sé e il valore della lealtà. Questa è la mia versione, questo per me è Zinedine Zidane. Vorrei vederlo giocare oggi che compie 50 anni, Alez Zizou!

Nicola Tavoletta

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