FareRete Innovazione BeneComune APS -Onlus: Costruttori del BeneComune
L’ESPERIENZA NEL TERZO SETTORE:
FareRete Innovazione BeneComune APS -Onlus: Costruttori del BeneComune > un’opportunità per l’economia civile, la finalità non lucrativa; gli scopi di utilità̀ generale; e un impatto sociale attento alla valorizzazione delle persone e alla promozione dei territori e delle comunità.
21-03-2022
di Annarita Innocenzi
L’esperienza vissuta attraverso il contatto con l’Associazione “FareRete Innovazione Bene Comune APS” ha avuto per me un significato speciale. Ho infatti potuto constatare, devo dire con un certo stupore, che l’attività di tale associazione si propone e si impegna proprio nella realizzazione pratica di quelle finalità che io ho sempre caldeggiato nei miei scritti e nella mia attività di docente ma di cui in realtà non avevo mai avuto occasione di fare sperimentazione sul campo. In altri termini le mie teorie e, conseguentemente, i miei scritti si sono in sostanza allineate su quella che è una concezione antropologica, o meglio una sorta di nuovo umanesimo, all’interno del quale ho promosso le teorie personaliste denunciando l’individualismo delle società odierne e la sua perniciosa tendenza al nichilismo: ciò in un aggregato che ha inteso la globalizzazione piuttosto come appiattimento che arricchimento di valori e culture diverse e che si è allontanato dall’alveo della comunità, dimenticando la sua valenza molteplice dal piano psicologico a quello sociale, economico e politico.
Incontrare con l’Associazione “FareRete Innovazione Bene Comune APS, è stata una di quelle sorprese, di quei doni che la vita a volte ti riserva, magari proprio quando meno te lo aspetti. Così ho potuto confrontarmi con qualcuno che, pur con formazione ed esperienze diverse, condivideva le mie idee e la mia visione del mondo, non solo, ma aveva avuto l’ardire di provare a metterle in pratica, a tradurle in termini operativi. Sostenitrice come sono delle idee di quel grande filosofo dell’Età scolastica, Tommaso d’Aquino, che propugnava il bonum commune, tanto da erigerlo a pietra fondante dello Stato da lui voluto, padre del primo costituzionalismo della storia, fecondo pensatore dalle cui riflessioni sarebbe emerso un giusnaturalismo destinato a giungere, attraverso i secoli fino ad oggi, ritengo che occorre sostenere la centralità dell’uomo e della sua dignità in un assetto politico ove giustizia e valori umani siano essenziali.
Certamente la società di oggi è complessa, fatta di una fitta rete di interrelazioni, aperta al confronto tra culture diverse, destinata a rapportarsi con una modalità competitiva che spesso mercifica e aliena l’individuo, annichilendone la dimensione umana: Il fine del profitto in un assetto sempre meno cooperativo e solidale sembra aver sposato il motto hobbesiano ‘homo homini lupus’ e propone anche l’uomo come merce di scambio. E’ veramente causa di stupore e di apprezzamento il fatto che, per caso, per una di quelle opportunità che non cerchi, non ti aspetti – ma che ti vengono offerte dalla vita – incontri qualcuno che non solo la pensa come te, ma che ne fa il proprio scopo di impegno sociale ed imprenditoriale.
Man mano vengo così a contatto con un’associazione che vuole incarnare, nel mondo di oggi, quel fine già propugnato dal grande filosofo Tommaso d’Aquino nel lontano Medioevo e confermatosi come criterio equo ed ordinatore della società fino ai nostri tempi: si tratta del ‘bonum commune’ allora, ‘bene comune’ oggi. Ma oggi è più difficile di allora perché l’uomo di oggi è disperatamente solo pur nella quantità notevole di contatti cui può accedere, contatti però che mancano dell’autenticità della relazione, privi di quella modalità comunicativa che non può limitarsi al mondo virtuale e che non si appaga nemmeno della parola, del semplice linguaggio ma che necessità di un rapporto più profondo: esso affonda le sue radici in quel senso della comunità che era ben noto e vissuto concretamente nel Medioevo, pur nei limiti di una società senza Stato e senza primato del diritto positivo.
L’individuo di oggi è esposto ad un differimento di senso, ad uno smarrimento della propria dimensione relazionale, è, in realtà, solo pur in un mondo molto popolato e non riluttante ad una molteplicità di contatti, seppur spesso superficiali e inappaganti.
L’associazione FareRete Innovazione Bene Comune APS” si propone dunque di sviluppare quella dimensione associativa che conduce al bene comune che raccoglie i bisogni del territorio e li traduce in proposta operativa, si fa portavoce di necessità spesso inespresse ma non per questo meno intense. Essa dà voce a chi non la ha perché non sa dire, oppure non conosce, non è pratico della rete dei servizi sul territorio, ignora la distribuzione delle competenze degli enti pubblici.
Molte sono le attività dell’associazione in questione ma soprattutto vivo è il suo entusiasmo per quello che considera un fine prioritario e per la cui realizzazione è disposta ad impegni spesso onerosi eppur gratuiti.
L’associazione è fonte di frequenti nuove proposte orientate al fine prescelto, organizza convegni, incontri, attività apprezzabili
L’esperienza con i percettori di reddito
Recentemente ho avuto esperienza di partecipazione al progetto realizzato per i percettori di reddito di cittadinanza che è stato scelto tra tanti presentati nel Comune di Roma al fine di svolgere un’attività di formazione a favore dei percettori – Progetti utili per la collettività PUC per beneficiari RDC del Municipio XIII di Roma, I edizione giugno-dicembre 2021 ma ancora in corso -con il rinnovo gennaio – maggio 2022.
È stata un’esperienza estremamente formativa, inattesa, soprattutto per me che, avendo dedicata la vita alla docenza pensavo di avere ormai un vissuto abbastanza ricco, tale da non poter essere più stupita dall’incontro con persone in formazione.
Invece. . . Come ho già avuto modo di osservare in un mio recente scritto “il mio incontro con i percettori di reddito ha costituito per me un’esperienza unica. Docente da vari decenni, così segnata dalla deformazione professionale che le persone che mi incontrano, per la prima volta, indovinano immediatamente quale sia il mio mestiere, abituata da quando avevo 15 anni, a relazionarmi con bambini, ragazzi ed adulti, nella veste di formatrice, per la prima volta mi sono sentita spiazzata davanti ai miei ascoltatori.
Ciò mi ha stupito. Perché tutto questo? Me lo sono chiesto e ho cercato una risposta.
No, non è perché non mi sentivo all’altezza del compito affidatomi.
Mi piace il mio mestiere, l’ho scelto per vocazione e l’ho sempre fatto con piacere e con la soddisfazione di confrontarmi con un’umanità diversa, giovane, sempre affascinante nella sua varietà. Ho imparato molto dai miei studenti e spero di essere stata utile alla loro formazione.
Eppure, stavolta provo sensazioni nuove, stavolta è diverso.
Le attività associative
Sempre più mi affascina l’attività di questa associazione che davvero si impegna a promuovere il bene comune con interventi diversi, con proposte creative.
La necessità di crea un Centro Studi, un incentivo volto ad orientare e supportare il sistema e le imprese oltre a voler sviluppare idee e progetti necessari ai processi di evoluzione e sviluppo a livello nazionale.
Un Centro studi – Osservatorio, con l’intento di contribuire a creare una risposta efficace alla sfida delle complessità, muovendosi nella consapevolezza che viviamo in sistemi aperti nell’ambito della globalizzazione economica e finanziaria con le emergenti situazioni della comunicazione multimediale, dell’immigrazione, delle interrelazioni sociali e culturali tra etnie, territori, comunità locali. Un Centro che si propone di raccogliere e integrare le diversità, affrontare e risolvere i problemi locali in chiave progettuale piuttosto che episodica e frammentaria.
L’attività dell’Associazione parte dalla constatazione del dinamismo con cui evolvono i bisogni dei cittadini, sempre più articolati e complessi, il che rende più complessa la gestione stessa delle cose. Ritiene però che la complessità possa anche ritenersi un fattore di qualità della composizione sociale, una ricchezza in termini di opportunità di scambio e di relazione tra cittadini, dentro e fuori la comunità locale
L’Associazione “FareRete Innovazione BeneComune APS” si confronta con la realtà sociale proponendo con un Centro studi l’osservazione diretta dei fenomeni socio-politico- economici provenienti da operatori qualificati nel settore sociale – sociologi, assistenti sociali, operatori di associazioni di volontariato, esponenti di comitati di quartiere etc. – e di testimonianze dirette comunque ricevute insieme a rilevazioni di particolari criticità.
Quella frase, ‘si svolge la personalità’, la dice lunga sul senso pieno dei termini usati, sulla rivalutazione di quella forza associazionale che è la molla del progresso sociale e, allo stesso tempo, il riconoscimento dell’insopprimibile natura dell’individuo, volta alla socialità e incline a manifestarsi pienamente e al meglio delle proprie attitudini in un contesto relazionale.
Dopo il mortificante periodo della dittatura, quando all’uomo era negato il riconoscimento della libera manifestazione del pensiero e la libertà associazionale, riconosciuta solo all’interno delle istituzioni corporative, la Carta fondamentale dello Stato ha voluto elevare un inno al principio associazionale e a quello, subito dopo enunciato nello stesso articolo della ‘solidarietà economica, politica e sociale’.
Purtroppo, l’odierna società sembra aver ignorato o quantomeno trascurato tale invito in nome di una mortificante omologazione dei modelli umani, di una sorta di ‘nuclearizzazione’ dell’uomo e della famiglia posti dinanzi ad una drammatica alternativa: la solitudine e l’isolamento o l’inserimento a fortiori in uno schema sociale ‘preconfezionato’ e spesso ispirato purtroppo dal principio di accumulazione del profitto e di mercificazione umana. Il numero elevato di suicidi, i casi di violenza individuale e collettiva sono certamente favoriti dal mancato riconoscimento dell’individuo all’interno di una comunità che sappia accoglierlo.
La nostra interpretazione dell’epoca della globalizzazione va dunque rivisitata se vogliamo una società organizzata in vista dell’uomo e non un uomo asservito al Dio del lucro. Non possiamo intendere l’epoca in questione come un fatto meramente economico, caratterizzato dallo spietato principio della concorrenza che mette individui e Stati l’uno contro l’altro, che ci espone drammaticamente alla concorrenza dei Paesi del terzo mondo, che permette ad uomini e donne in nome di un falso benessere di lasciare la propria terra e la propria famiglia e comunità di appartenenza. per rincorrere l’illusione di un falso miglioramento delle proprie condizioni.
La possibilità di garantire un esito positivo alla globalizzazione a al futuro della stessa Unione Europea passa per la riscoperta della fecondità del vincolo associazionale e del principio di sussidiarietà che è alla base della costituita e costituenda Unione Europea e che risale al Medioevo, a S. Tommaso, al medioevale Altusio, che appartiene alla risalente dottrina sociale della Chiesa e che, oggi, nella drammaticità della crisi attuale, non siamo stati capaci di riscoprire.
Un ammaestramento grande ci viene dunque dal passato ed in particolare proprio da quel Medioevo che è stato a lungo relegato nel dimenticatoio e considerato un’epoca oscurantista, in cui la natura dell’uomo veniva avvilita da paure e superstizioni. Solo i tempi più recenti hanno reso giustizia a tale epoca, bollata come età transitoria, appunto Medioevo, confinata tra gli splendori dell’antica Roma e la fioritura di studi classici e di arti ripresa nel Rinascimento.
L’Unione Europea
Il vincolo associazione che caratterizzava il Medioevo, in grado di conciliare mirabilmente unità e pluralità in una sorta di protofederalismo merita oggi di essere riscoperto e applicato nel funzionamento della società globale e dell’Unione Europea e che può costituire, di fronte all’odierna crisi, un’ancora di salvezza. Occorre riscoprire un’alternativa alla dinamica degli stati nazionali che sembrano aver fatto il loro tempo dinanzi ad un mondo sempre più vasto ed aperto al cambiamento nel quale la logica politica non è più quella dello stato sovrano; tale logica piuttosto sembra sostituita da quella paritaria del confronto e dell’alternativa che è insita nell’idea federale anch’essa, guarda caso, risalente nelle sue forme arcaiche alla realtà protofederale del Medioevo.
Si tratta di mettere in pratica quell’idea che, saggiamente, i nostri Padri costituenti avevano inserito nei principi fondamentali della Carta, in quelli cioè che raccolgono lo spirito più autentico , formatosi nel tempo e nella storia, della nostra realtà sociale e nazionale.
È un principio che ispira la nascita e l’evoluzione dell’Unione Europea, ma che non trova ancora piena attuazione. Esso risale ad Altusio, giurista medioevale il cui pensiero appare di grande interesse per capire il ruolo, l’importanza e la dinamica feconda che può oggi essere costituita dalla comunità locale.
Il principio di cooperazione e quello di sussidiarietà, principi di antica derivazione, sui quali lo stesso Althusio aveva costruito la sua organizzazione politica, ispirata alla simbiosi tra le consociazioni, nello studioso calvinista permettono di risalire in perfetta armonia dalla più piccola forma associativa al più grande aggregato politico, in una fitta rete di interrelazioni tra le varie comunità e corporazioni – ciascuna portatrice delle proprie istanze e depositaria delle sue competenze..
Oggi tutte le forme di organizzazione politica federale, compresa l’Unione Europea, si fondano sul basilare fattore della cooperazione. La rilevanza essenziale della persona e il valore della solidarietà conducono a forme di interazione, nella quali i gruppi coordinano i loro sforzi, in un progetto articolato per raggiungere comuni obiettivi. Il principio di cooperazione non può non basarsi, come già illustrato, sull’uguaglianza dei diritti e sulla pacifica risoluzione delle controversie; la composizione dei conflitti si raggiunge tramite l’accordo delle parti, scongiurando così il pericolo dell’imposizione della volontà del più forte. L’attuale ordinamento istituzionale della Repubblica Elvetica è considerato un esempio di tal genere (cfr. S. Imhoof, ‘Rèflexions su le fèdèralisme suisse’, in Supplèment de << Eef>>, n. 6 1979, pgg. 43-64) perché sostituisce alla sovrapposizione gerarchica dei livelli un sistema di coordinamento flessibile di rapporti; quest’ultimo, all’interno della concertazione multidimensionale, riesce a combinare efficacemente le due forme cooperative, quella orizzontale e quella verticale, rispettivamente concernenti la materia di competenza cantonale e quella di competenza confederativa.
Tale principio affonda nell’antichità le sue radici. Esso, prima ancora che un elemento organizzativo del potere, è principio antropologico perché esprime una basilare concezione dell’uomo e della società; in tale concezione l’individuo nella sua umanità – sia come singolo che nel contesto interrelazione – diviene il fulcro dell’ordinamento giuridico.
Oltre al primato della persona rinveniamo alla base del principio di sussidiarietà la tutela del valore della libertà individuale e del principio del libero mercato; si tratta di concezioni di tradizione liberale, cui si associano i valori tipici degli assetti federali fondati sulla democrazia, sul principio di tutela delle minoranze e sul riconoscimento di autonomia alle stesse; l’idea federale pone il pluralismo all’interno di una visione globale dei rapporti politici che tende a limitare l’intervento dello Stato, rispettando le sfere privatistiche e l’iniziativa individuale. Possiamo pertanto ipotizzare che la tutela di tali valori abbia effettiva garanzia solo in un ordinamento politico costruito intorno all’idea ‘personalista’, cioè attorno al rispetto della dignità e della libertà individuale; si tratta di un ordinamento in cui lo Stato, in quanto organizzazione politica, è al servizio della persona, sia nella sua sfera singolare che nell’ambito interrelazione. Si delinea in queste pagine l’immagine di un ente pubblico servitore della collettività, che si spoglia della sua veste di accentratore per dar spazio alla iniziativa libera del singolo e di quelle associazioni, di quei gruppi sociali che sono portatori di interessi diffusi.
Sussidiarietà verticale e orizzontale
Fornendo una prima applicazione a livello istituzionale del principio di sussidiarietà, Althusio distingue, con considerazioni sorprendentemente vicine a quelle che ispirano oggi le nostre organizzazioni federali e sopranazionali, tra sussidiarietà verticale e orizzontale. Troviamo attualmente diversi concreti esempi del funzionamento e dell’applicazione dei suddetti criteri, a partire dalla Confederazione Elvetica, attraverso gli Stati Uniti d’America, fino all’Unione Europea a agli organismi di estensione mondiale ( ONU, NATO etc).
Oggi, nell’attuale processo dell’integrazione europea, il federalismo rappresenta una questione centrale nel dibattito giuridico-politico sul futuro assetto e sul concreto funzionamento dell’Unione. Il principio di sussidiarietà ha trovato sanzione solenne all’interno del diritto comunitario con l’art. 3 B del trattato di Maastricht; esso costituisce elemento regolatore di due pieni reciprocamente intersecatisi e suscettibili di armonizzazione; si tratta del coordinamento tra le funzioni attribuite, a vari livelli, agli organi della Comunità con i compiti adempiuti dagli stati membri e dai poteri locali dei singoli paesi. Il criterio in questione è connesso all’efficacia prodotta dall’azione intrapresa: in base alla valutazione di tale efficacia l’azione comunitaria si rende necessaria quando risulta proficua a fronte di un’attività carente o inadeguata da parte del Paese membro. La sua introduzione discende dalla profonda esigenza di produrre mediazione rispetto a “quello che a molti pare come qualcosa d’inconciliabile: l’emergere dell’Europa unita e la fedeltà alla nostra nazione, alla nostra patria; la necessità di un potere europeo, all’altezza del nostro tempo, e l’imperativo vitale di conservare le nostre nazioni e le nostre regioni come luogo di radicamento” (Delors J. , ‘Riconciliare l’ideale e la necessità’, in ‘Il nuovo concerto europeo’, Milano1993, pg.297) E’ col trattato di Maastricht che la concreta attuazione, l’operatività effettiva di questo principio trova conferma e fondamento sul piano della costituzione materiale; si pongono così le basi affinché esso permei i futuri sviluppi dell’integrazione europea, alla stregua di vero e proprio principio fondamentale, di elemento costitutivo attorno al quale si struttura l’intera organizzazione dell’Unione Europea.
Già nel penultimo punto del preambolo al Trattato, gli stati membri si manifestano “decisi a portare avanti il processo di creazione di un’Unione sempre più stretta fra i popoli dell’Europa in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini conformemente al principio di sussidiarietà”.
Peraltro, secondo l’orientamento di parte consistente della dottrina, tale disposizione delinea i criteri interpretativi in base ai quali va letto l’art. A (ora art. 1 Trattato U.E..) secondo comma, che afferma: “il presente Trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta fra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini”.
Gli esempi appena citati mostrano con certezza che nella normativa comunitaria non mancano riferimenti autorevoli al principio di sussidiarietà; esso viene esplicitamente consacrato dal secondo comma dell’art. 3 B (poi art. 5 Trattato C.E., ora art. 5 Trattato sull’Unione Europea) che così recita: “la Comunità interviene, secondo il principio di sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli stati membri e possono, dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati al meglio a livello comunitario”.
Vincolo associazionale e sussidiarietà nella Costituzione della Repubblica italiana
All’interno della Costituzione della Repubblica il principio di sussidiarietà, riconosciuto dalla riforma del titolo V con legge n. 3 del 18 febbraio 2001, ispira i rapporti e la ripartizione delle competenze tra Stato, Regioni, Enti territoriali e locali E ‘opportuno rilevare l’importanza di tale principio in relazione alla edificazione di un sistema statuale ispirato alla cooperazione e fondato sulla centralità del vincolo associazionale.
Come già detto il principio di sussidiarietà riguarda, in generale, i rapporti tra i diversi livelli territoriali di potere e comporta quindi che l’attività pubblica sia attuata dagli enti operanti sul territorio più vicino al cittadino che meglio dovrebbe conoscere e più efficacemente agire in suo favore; d’altro canto le funzioni vengono attratte dal livello territorialmente superiore solo qualora questo sia in grado di svolgerle meglio di quello inferiore.
E’ questo il principio della sussidiarietà verticale introdotto insieme a quello di differenziazione e di adeguatezza con la citata riforma costituzionale n. 3/ 2001 . L’art. 118 così recita: “ Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. . . . Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.
Ma l’aspetto che più ci interessa, in relazione all’importanza delle forme associazionali nella realizzazione di un organismo politico-sociale di carattere autenticamente plurale e pluralista, è il comma 4 che introduce un principio di sussidiarietà in senso orizzontale ovvero riguardante i rapporti tra lo Stato – inteso come insieme dei pubblici poteri – e le formazioni sociali di cui al citato art. 2 Cost.
L’applicazione di tale principio ha valenza rivoluzionaria nel momento in cui riconosce l’importanza cardinale dei privati, singoli o associati, nella promozione e nello svolgimento di attività di interesse generale, conferendo loro ampia autonomia nella realizzazione di progetti così orientati. L’intervento degli Enti pubblici, dunque, si pone in secondo piano, si ritrae in favore dell’iniziativa dei cittadini che divengono protagonisti dell’articolazione di una comunità consapevole, a misura dei propri bisogni. Tale previsione costituzionale incoraggia perciò il vincolo associazionale, la costruzione di nuove alleanze libere e creative, il cooperativismo. Esso è preceduto dall’art. 4, comma 3, lett. a) della legge Bassanini n. 59/1997 che prevede già il principio di sussidiarietà favorendo l’assolvimento di funzioni e compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità.
Naturalmente l’att. 118 va inteso in sintonia con lo spirito della riforma costituzionale e, dunque, senza che sia necessario un atto normativo di autorizzazione da parte dei pubblici poteri più vicini al cittadino, per consentire l’iniziativa autonoma dei privati.
L’art. 118 Cost. costruisce un modello nuovo di diritto amministrativo che abbandona le vesti autoritarie su cui si era declinato il rapporto tra singolo e Ente pubblico portatore di interessi collettivi per indossare la veste relazionale, un abito che si sveste dei paradigmi bipolari, gerarchici, conflittuali per fondare sulla relazione un nuovo rapporto intercorrente fra soggetti dotati di reciproca autonomia, quell’autonomia che trova il proprio fondamento nell’art. 5 della Costituzione che recita: “ La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”
In questo senso intendiamo l’autonomia come principio organizzativo generale, come regola dei rapporti tra tutti i poteri pubblici e fra questi e la società civile, fondata sull’iniziativa dei singoli cittadini, gruppi o associazioni che la compongono.
Si consolida così l’autonomia relazionale in base a cui tutti i soggetti che formano i nodi della rete di rapporti sono da considerare come portatori di risorse, ognuno secondo le proprie capacità e possibilità.
L’attivarsi di cittadini singoli e associati per realizzare l’interesse generale configura un’assunzione di oneri e responsabilità per fini non solo egoistici; in altri termini così come accade per l’esercizio dei ‘nuovi diritti’, così definiti, (diritto all’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa pubblica) anche nella realizzazione del criterio di sussidiarietà orizzontale i cittadini mirano a realizzare un interesse che è, al contempo, di carattere personale e di carattere solidale.
Sul piano giuridico la portata radicalmente innovativa di tale disposizione comporta che un atteggiamento ostile o anche solo attendista da parte dei pubblici poteri nei confronti dell’iniziativa civica integra violazione di un principio costituzionale ormai chiaramente sancito dall’art, 118.
Sul piano dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione è evidente come l’iniziativa di singoli, associazioni o gruppi costituisca una risorsa preziosa ed insostituibile per la realizzazione, mediante la collaborazione con gli Enti preposti, di un interesse collettivo, sempre più commisurato ed adattato alle effettive esigenze locali
Annarita Innocenzi
Docente di Filosofia e Diritto Costituzionale, Avvocato presso il Foro di Roma, Autrice di varie pubblicazioni sul ruolo dello Stato nel pensiero politico e di filosofia politica, Docente di economia politica e scienza delle finanze
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