PONZIO PILATO: PREFETTO INTRANSIGENTE O UOMO ASTUTO?
Da più di duemila anni Pilato è una figura di intersezione fra la memoria e la storia, determinante nella tradizione cristiana perché ha rivestito, senza dubbio, un ruolo centrale nel processo a Gesù che, come è noto, è terminato con la condanna a morte dello stesso….
Ma chi era veramente Ponzio Pilato?
Il governatore romano della Giudea mandato da Tiberio a governare una terra in continuo fermento, l’uomo che fece crocifiggere Gesù è che ha generato parole come “essere pilatesco” o “di lavarsene le mani”, un personaggio che porta sulle spalle una responsabilità pesante di un progetto misterioso che lo ha reso immortale nella storia; eppure della sua vita sappiamo pochissimo. E’ raffigurato dagli storici del tempo come uomo inflessibile e crudele, mandato dall’imperatore Tiberio a governare una terra pericolosa e ostica abitata da un popolo povero, orgoglioso e attaccato ciecamente alle sue tradizioni religiose: un popolo eletto da Dio!!
Il giudizio di Gesù Cristo è senz’altro il processo più famoso della storia e anche il più grande errore giudiziario e il personaggio di Pilato, sicuramente, non risulta simpatico per la sua completa ignavia nei confronti di un innocente: il gesto simbolico di lavarsi le mani e lasciare che un uomo innocente venga sacrificato fino all’orribile supplizio della crocifissione è un qualcosa che non gli si potrà mai perdonare, specialmente da parte di chi è fedele alla religione cattolica.
Il nome di Ponzio Pilato è presente in tutti i vangeli sinottici, ma i diversi evangelisti, Marco, Luca, Matteo e Giovanni, lo descrivono in modo diverso nella loro narrazione: Marco lo descrive come un uomo riluttante nei confronti di una condanna a morte di Gesù; Luca narra di un Pilato che si rende conto che Gesù non rappresenta quel grande pericolo che i suoi detrattori volevano far credere; secondo Giovanni, Gesù risponde a Pilato di non essere nè il figlio dell’uomo nè il Messia, mentre Matteo si sofferma sul gesto di Pilato di lavarsi le mani del sangue di un innocente, gesto che rimarrà emblematico e che verrà sempre ricordato quando si parla della figura di Pilato come esempio di ignavia proverbiale, non per niente Dante lo colloca nel girone degli Ignavi nel III canto dell’Inferno: “Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto / vidi e conobbi l’ombra di colui / che fece per viltade il gran rifiuto.»
Quindi, sono tutti d’accordo nel narrare di un Pilato che cerca in tutti i modi di evitare la massima condanna a Gesù, facendolo, sì, flagellare per una giusta punizione ma poi metterlo in libertà, anche se è difficile credere come un uomo inflessibile e spietato che si preoccupava solo della sua carriera politica, si sia comportato in maniera così umana verso quest’uomo: gli Evangelisti arrivano a sostenere che egli fece il possibile per salvare il Nazareno perché lo riteneva innocente!
Il processo, a questo punto sarebbe dovuto finire naturalmente senza nessuna condanna!
I sommi sacerdoti preoccupati per la popolarità che Gesù aveva acquisito presso il popolo in poco tempo, ne volevano la morte. Pilato è anche consapevole che i suoi detrattori gli avevano consegnato Gesù per invidia e gelosia ed era cosciente che liberandolo avrebbe provocato dei disordini, cosa che voleva assolutamente evitare per non rovinarsi la reputazione di fronte all’imperatore Tiberio, uomo severo verso i suoi funzionari di fiducia! Ricordiamoci, d’altra parte, che lui è un soldato romano prima di essere un funzionario di Roma: disponeva di 5 coorti da 1000 uomini ognuna e un reggimento di cavalleria di 500 unità e come tale doveva ubbidienza cieca verso il suo imperatore, verso il Senato romano e verso Roma stessa!
Non vale assolutamente a nulla il ricorso che astutamente mette in atto per evitare la responsabilità di una condanna di un innocente: prima prova a passare il difficile caso nelle mani di Erode Antipa, tetrarca della Galilea quest’ultimo, timoroso del potere carismatico esercitato sulle folle da Gesù (considerato da lui una sorta di reincanazione di Giovanni Battista da lui fatto giustiziare) ordina che venga ricondotto nuovamente innanzi al rappresentante dell’Autorità Romana. Dopo il fallimento di questo tentativo, Gesù ritorna al cospetto di Pilato che lo fa flagellare per dargli una giusta punizione ma poi vuole rimetterlo in libertà, infatti afferma: “non trovo in lui nessuna colpa!” e, alla fine fa un estremo tentativo di approfittare di un’usanza del popolo, durante la Pasqua ebraica, di liberare un condannato, il famoso “Gesù o Barabba”?
Ma alla risposta dei detrattori, che intanto avevano fomentato il popolo per crocifiggere Gesù, Pilato, purtroppo deve arrendersi: per paura che la notizia della sua debolezza arrivasse alle orecchie dell’imperatore Tiberio: mette la sua carriera al di sopra della coscienza e della giustizia.
Pilato si trova di fronte ad un atroce dilemma!
Egli crede nell’innocenza di Gesù, ma come Procuratore di Roma in Galilea deve evitare assolutamente che si creino disordini sociali; entrare in conflitto con la somma autorità che rappresenta il Sinedrio; obbedire all’autorità Romana e non sminuirne la sua importanza di fronte al popolo! Cosa fa? Si lava le mani, un gesto inconsueto che non trova nessun riscontro pregresso nei processi che si celebravano a Roma, quindi, un gesto unico in quel momento con cui si dichiara innocente del sangue di un giusto, una innocenza in cui lui crede fermamente per tutto il processo: ma probabilmente con quest’ultimo gesto egli scarica, in cuor suo, totalmente la colpa sul popolo giudeo ed esonera il popolo romano, che egli rappresenta, della responsabilità della morte di un innocente prendendosi, anche, una piccola rivincita personale scrivendo sulla croce: “Gesù Re dei Giudei”, cosa che non andava a genio ai sommi sacerdoti che non riconoscevano assolutamente Gesù come loro Re. Con questo gesto emblematico Pilato, convinto in cuor suo dell’innocenza di quell’uomo che ha davanti sanguinante e privo di ogni contorno reale, è costretto a condannarlo alla crocifissione che come afferma Cicerone: “la più crudele e spaventevole pena di morte”!!
Dopo di ciò Pilato esce dalla scena storica:
Uomo capace? Pilato portò a fondo il suo compito di tutelare l’ordine pubblico e salvaguardare l’autorità dell’imperatore e del Senato romano, garantendo la giustizia ed evitando le rivoluzioni sociali in una zona critica come era la Galilea in quei tempi ( terra ancora attualmente martoriata da diverse culture religiose e politiche. NdR)
Uomo vigliacco? Ha fatto uccidere un innocente per proteggere se stesso, ma ricordiamoci sempre della carica e importanza che ricopriva e della grande responsabilità di cui era investito e, d’altra parte, non ritenne mai Gesù un uomo pericoloso e capace di influenzare le folle, tanto è vero, che non pensò minimamente di perseguitare i suoi seguaci che continuarono per lungo tempo nella loro opera di conversione come ordinato dal Maestro.
Si narra che Pilato una volta ritiratosi dalla vita pubblica dopo 10 anni si sia convertito al cristianesimo insieme alla moglie Claudia Procula; o che, addirittura, sia sia suicidato per il forte rimorso del suo gesto; la Chiesa Etiopica, ritiene che Pilato una volta convertitosi al Cristianesimo morì da martire e ne celebra la ricorrenza il 25 giugno come un santo.
Tutto ciò ormai è avvolto da leggenda in quanto dopo quel cruciale processo di perdono le tracce storiche del personaggio, ma una cosa è certa che se Pilato non avesse incontrato Gesù nella sua vita oggi sarebbe uno dei tanti nomi della storia che cadono nel silenzio del tempo.
Francesco Vuturo