UCRAINA. COLDIRETTI: ‘NUOVO STOP TAGLIERÀ 378 MILIONI KG CONCIMI A ITALIA’
(Adnkronos) Con la decisione dell’Ucraina di bloccare le esportazioni di fertilizzanti, dopo Russia e Bielorussia, salgono a 378 i milioni di chili di concime che mancheranno all’Italia per fertilizzare i terreni destinati alle prossime semine. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sugli effetti del divieto all’esportazione deciso dal governo di Kiev per prevenire una crisi alimentare in Ucraina. Si tratta di un provvedimento che colpisce particolarmente l’Italia che ha importato dall’Ucraina ben 136 milioni di chili di fertilizzanti mentre altri 171 milioni di chili arrivavano dalla Russia e 71 dalla Bielorussia secondo l’analisi della Coldiretti su dati Istat dalla quale si evidenzia che si tratta complessivamente di una quota superiore al 15% del totale delle importazioni.
L’Ucraina è uno dei grandi esportatori insieme alla Bielorussia che – spiega la Coldiretti – è il secondo produttore mondiale di potassio ingrediente base di molti fertilizzanti mentre la Russia produce più di 50 milioni di tonnellate all’anno di fertilizzanti, il 13% del totale mondiale, che vengono esportati in tutto il mondo,. Agli effetti negativi per lo stop delle consegne dai tre Paesi coinvolti direttamente si aggiungono le difficoltà dei grandi produttori come il colosso norvegese Yara che ha appena annunciato la temporanea riduzione della produzione in Europa.
L’annuncio dell’Ucraina arriva infatti proprio alla vigilia delle semine primaverili necessarie all’Italia per aumentare di almeno un milione di ettari la superfice coltivata con la produzione di mais, girasole e soia per l’alimentazione degli animali mentre in autunno le concimazioni serviranno per il grano duro per la pasta e quello tenero per la panificazione. Un appuntamento da affrontare con gli accordi di filiera proposti dalla Coldiretti all’industria mangimistica e alimentare per ridurre la dipendenza dall’estero da dove arriva circa la metà del mais necessario all’alimentazione del bestiame il 35% del grano duro per la produzione di pasta e il 60% del grano tenero per la panificazione, che rende l’intero sistema e gli stessi consumatori in balia degli eventi internazionali.