COLDIRETTI LAZIO IN PIAZZA: COSTRETTI A RIDURRE PRODUZIONI

DIRE) Roma, 18 feb. – Un agricoltore italiano su tre (30%) è oggi costretto a ridurre la produzione di cibo, con una situazione insostenibile che mette a rischio le forniture alimentari e la sovranità alimentare del Paese. E’ quanto emerge da un’indagine Coldiretti/Ixè diffusa in occasione della grande mobilitazione con decine di migliaia di allevatori ed agricoltori con trattori e animali che hanno lasciato le campagne per scendere in piazza da Nord a Sud d’Italia, a partire dalla Capitale in piazza Santi Apostoli.
Allestito per l’occasione il “tavolo della verità”, che mostra ai consumatori i prezzi riconosciuti ad agricoltori e allevatori per i principali prodotti che mettono nel carrello. Il latte, ad esempio, viene pagato agli allevatori appena 38 centesimi al litro, mentre un coltivatore di pomodoro da industria per la passata si vede corrispondere addirittura 10 centesimi al chilo, secondo l’analisi Coldiretti. Non va meglio per chi produce grano per il pane, pagato 31 centesimi al chilo, né per le arance, dove il prezzo in campagna è di 43 centesimi al chilo, che scendono a 18 centesimi al chilo nel caso delle carote. E’ un impatto devastante quello che stanno avendo i rincari dell’energia sull’intera filiera, dal campo alla tavola, in un momento in cui con la pandemia da Covid si è aperto uno scenario di accaparramenti, speculazioni e aumenti dei prezzi di beni essenziali, che deve spingere il Paese a difendere la propria sovranità alimentare.
“La Regione Lazio- spiega il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri- ha messo in campo un piano promozionale per il consumo del latte ed è al vaglio della vicepresidenza la possibilità di creare un osservatorio sulle pratiche sleali”.
Arrivano dunque messaggi positivi. “Auspichiamo- aggiunge Granieri- una sintesi del sistema cooperativistico del Lazio, che fortifichi il potere contrattuale sul prezzo del latte per le imprese”. Coldiretti Lazio, così come annunciato nei giorni scorsi, è pronta a presentare le prime denunce contro le pratiche sleali per tutelare il lavoro delle stalle di fronte alle speculazioni sul prezzo del latte. “Saremo vigili per chi usa la doppia casacca- aggiunge Granieri- da una parte quella degli allevatori e dall’altra quella di chi punta solo ai dividendi”.

I compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori non riescono, infatti, neanche a coprire i costi di produzione con il balzo dei beni energetici che si trasferisce a valanga sui bilanci delle imprese agricole, costrette a vendere sottocosto anche per effetto di pratiche sleali che scaricano sull’anello più debole della filiera gli oneri delle promozioni commerciali. Per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori, ma se si considerano i soli prodotti trasformati la remunerazione nelle campagne scende addirittura ad appena 6 centesimi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea.
A tutto questo si aggiungono i rincari delle materie prime.
Quest’anno produrre cereali, come ad esempio il grano, costa agli agricoltori italiani 400 euro ad ettaro in più, mentre per i produttori di olio extravergine d’oliva e di vino i costi medi di produzione sono aumentati del 12%, secondo un’analisi Coldiretti Ma il boom dei costi energetici riguarda anche il riscaldamento delle serre per piante e fiori con rincari del 30% e i vivai che sono oggi costretti a produrre praticamente in perdita. Nel giro di un anno la bolletta mensile di un’azienda florovivaistica media è passata, infatti, da 1700 euro a 6100 euro. E ad aumentare sono pure i costi per la pesca, con la flotta nazionale costretta rimanere in banchina. Il rincaro dell’energia- continua la Coldiretti- si abbatte poi sui costi di produzione come quello per gli imballaggi, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi. Con il paradosso che molto spesso costano di più gli imballaggi del cibo che contengono.

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