La violenza non è un gioco a cui prendere parte: la serie “Squid Game”


Dr. ssa Alessia Micoli
Psicologa Criminologa

È esploso in poco tempo un fenomeno virtuale, un gioco messo in evidenza dalla serie Netflix: “Squid Game”, una serie vietata ai minori di quattordici anni, che parla della storia di un gruppo che rischia la vita in un gioco di sopravvivenza.
Tutto meramente frutto di finzione; ma che vede anche i più piccoli attaccati allo schermo con la curiosità di vedere come va a finire, nonostante gli episodi siano in coreano ed abbia i sottotitoli in italiano.
È una trama che incuriosisce ma che mette in risalto l’aggressività ed esorta alla violenza; tutti lo guardano perché chi non lo vede si sente escluso.
È un tragico e cattivo esempio per i minori in quanto attiva, inevitabilmente, molteplici reazioni negative dal punto di vista psicologico, quali la paura, la tensione ed in molti casi ha visto nascere veri e propri traumi che hanno generato conseguenze nello stile di vita dei minori, cioè la tensione di andare a scuola, la paura del gruppo, problemi del dormire, regressione.
Inoltre esorta gli individui nell’emulazione, in special modo in agiti che vengono messi in atto nel contesto scolastico, ovvero vengono buttati zaini dalla finestra, si lanciano oggetti, si picchiano studenti.
Vengono messi in evidenza: la competitività, il perfezionismo e l’egoismo patologico
La Polizia ha diramato un Vademecum per frenare l’emulazione.
È importantissimo parlare con i minori, all’interno delle famiglie, nelle scuole e sensibilizzarli verso quei valori che la società sta portando a dimenticare.

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