PAOLO PETRACCA: LETTERA APERTA A CECILIA STRADA
Cara Cecilia, mentre tu sei in mare a salvar vite nel Mediterraneo ci ha lasciato il tuo grande padre. E lasciamelo dire, anche se non sono sentimenti paragonabili – ma la nostra amicizia e stima, nata sul campo (della lotta per i diritti), ti permetterà di perdonare l’azzardo – ci sentiamo un po’ orfani anche noi. Per la nostra generazione e per quelle successive Gino è stato un padre dell’impegno civile, un costruttore di pace, un testimone integro e severo, un uomo giusto e intransigente a cui voler assomigliare e di cui voler seguire le orme. Per noi milanesi di sinistra (di qualunque estrazione) è stato un simbolo ed una ragione di orgoglio, soprattutto negli anni in cui la destra ha governato la nostra città e il Paese ma anche quando i riformisti non hanno saputo mantenere la giusta radicalità su scelte cruciali, non mediabili, come gli interventi militari o lo ius soli.
Gino era sul terreno nelle zone di guerra e a fianco noi in piazza. Le sue parole non facevano sconti a nessuno ma lui poteva dirle, chiare e dritte, perchè era sempre in prima linea, perchè era coerente tra il dire e il fare.
In questi giorni in cui i talebani stanno riprendendo una dopo l’altra le grandi città afgane pensavo continuamente a lui, agli ospedali di #Emergency, ai suoi pensieri critici e profetici di vent’anni fa e alle ragioni immutate della mia obiezione di coscienza. “No profit on pandemic”, l’ICE europea di questi mesi, è stata l’ultima occasione in cui ho avuto modo di ripetermi: “stai facendo la cosa giusta a sostenere questa campagna, la sostiene anche Gino Strada…”.
Ricordo negli anni della mia gioventù e della tua fanciullezza/adolescenza, la forza delle sue parole scritte e parlate sull’Iraq, sulla ex Jugoslavia, sulle mine antipersona e poi ancora sul Sudan sul quale non c’erano riflettori accesi e… Teresa, la tua amata madre. Non voglio aggiungere altro perchè la sola immagine di loro due insieme mi commuove. Chiudi gli occhi Cecilia e immagina per un attimo quanta sincera ammirazione e quante parole e pensieri sinceri, sussurranti di bene, corrono sulle labbra degli italiani e di tutte le persone nel mondo che hanno beneficiato della sua conoscenza e a cui è giunta la notizia in questa calda sera d’agosto. Milioni di voci e di sguardi, mi vengono i brividi… era tuo padre ma era anche una persona cara per moltissime e moltissimi ed è giusto rendergli onore.
Caro Gino, quante volte ci siamo incontrati, soprattutto tra la gente per le strade di Milano: il 25 aprile, per denunuciare l’insensatezza dei conflitti armati, dopo Genova, contro il terrorismo e, l’ultima volta, a People. E in quelle occasioni le parole scambiate, sempre un po’ fugacemente, sulle tue origini sestesi e sulla tua familiarità con le Acli, conosciute e apprezzate sin dagli anni 70. Gino, la tua stima (reciproca) per Giovanni Bianchi, la cultura nonviolenta, la ricerca delle cause delle ingiustizie, il valore e la dignità delle persone, specie i più vulnerabili e fragili… tante cose ci hanno accomunato.
Lo scorso anno mentre preparavamo il civil week lab Elisabetta Soglio disse: “bisogna chiedere a Gino Strada di leggere l’articolo 11, perchè se chiedi agli italiani di indicare chi sia il primo leader del Terzo Settore che viene loro alla mente ti rispondono senza esitazione: il chirurgo di Emergency”.
Il movimento per la pace, Gino, sarà privo di uno dei suoi leader tuttora più significativi, ma andrà avanti, andremo avanti – questo lo sai -, tu, però, continua a vegliare criticamente su di noi.
Ciao Gino, ciao al tuo sguardo intelligente e curioso, ciao alla tua capacità di indignazione, ciao alla tua ruvida e generosissima umanità. Ciao Gino e che la Pace sia con te e che tu possa riprendere la mano di Teresa, per sempre.