Femminicidio e violenza

Dott.ssa Rita Baggiossi – Psinsieme: Dott. Fabio Battisti, Dott.ssa Emanuela Mastropietro, Dott.ssa Alessia Micoli, dott.ssa Cristina Pansera.

Il termine femminicidio si riferisce ad un particolare tipo di omicidi, compiuto da un uomo, la cui vittima è di sesso femminile e nella maggioranza dei casi esso rappresenta l’ultimo di una serie di atti di violenza che la donna ha subito dal punto di vista fisico, psicologico, sessuale, economico dal suo assassino. Che il femminicidio sia un fenomeno complesso, largamente dibattuto sul piano sociale e politico, oltre che psicologico, lo evidenzia la tuttora incompleta comprensione di esso. Basti pensare alle difficoltà nel contrastare le cause della violenza sulle donne e, più in generale, del femminicidio. Ciò, nonostante la maggiore sensibilità al riguardo che, negli ultimi anni, si è avuta anche sul piano legislativo con l’introduzione di una serie di misure preventive e repressive al fine di prevenire la violenza sulle donne, proteggere le vittime e punire severamente i colpevoli. Si tratta della legge n.119 del 2013 Nello specifico, il fenomeno sta raggiungendo numeri sempre più allarmanti: una donna viene uccisa ogni 3 giorni per mano di un uomo e ciò accade quasi sempre per ragioni connesse a matrimoni falliti, abbandoni, tradimenti, divorzi. Benché le statistiche europee sul femminicidio non vedono il nostro Paese ai primissimi posti, i dati italiani non sono, comunque, confortanti.  Si tratta, quindi, di un fenomeno dilagante e che, molto spesso, trae origine da altre forme di violenza che vengono perpetrate contro le donne, che spaziano dalla violenza impulsiva a quella strategica, paranoidea fino a quella forse più frequente detta “narcisista”. E’evidente che la violenza di genere, da cui deriva lo stesso femminicidio, nasce prevalentemente all’interno di relazioni intime ed, in particolare, nelle famiglie.  Da evidenze scientifiche risulta che bambini che hanno subito violenze diventano uomini violenti. Inoltre, ci sono le donne che, se in alcuni casi, riescono a liberarsi da relazioni violente e a sporgere denuncia, in molti altri non fuggono da tali uomini e non si proteggono, sottovalutando segnali preliminari spesso evidenti in modo chiaro. Di conseguenza, sopportano passivamente la compagnia di uomini violenti sviluppando nei loro confronti una vera e propria dipendenza. Un’analisi psicologica del fenomeno femminicidio può essere di aiuto per sensibilizzare e per dare il giusto peso ai segnali di allarme e quindi, nei limiti del possibile, per prevenire gli atti di violenza e, sul lungo termine, elaborare strategie vincenti per ridurre e combattere tali atti. La violenza in un uomo spesso nasce da un sentimento di helplessness, di fragilità, considerata inaccettabile, alla quale egli cerca di resistere picchiando. Spesso queste persone sono cresciute in ambienti violenti, sono state umiliate o maltrattate dalle figure di riferimento. “Bambini maltrattati sviluppano maggiore dipendenza dai genitori abusanti e tendono a riprodurre i rapporti di maltrattamento nell’ età adulta” La violenza intra-familiare, la violenza di genitori a loro volta maltrattati e che divengono maltrattanti è all’origine di gran parte dei comportamenti violenti degli uomini. Va combattuta in quanto grave problema psichiatrico, che assume risvolti sociali importanti. Poche sono invece le azioni messe in atto per disinnescare alla base la cultura maschilista e patriarcale, quella che porta gli uomini a considerare le donne una loro proprietà e le donne a scambiarlo per amore. Agire sull’educazione affettiva e sentimentale dei bambini e delle bambine basata sul rispetto dell’altro, porterebbe a promuovere un modello socio-culturale diverso da quello presente in moltissime famiglie italiane, ancora costruite intorno all’attribuzione dei ruoli patriarcali di genere, che sono alla base della discriminazione che sfocia in violenza. Per vincere la lotta alla violenza è importante lavorare su entrambi gli aspetti: socio-culturale e psicologico.

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