DIFESA. STORIA. UNMS-MOVM: FIRMATA INTESA SU CENTENARIO TRASLAZIONE MILITE IGNOTO NEL SACELLO DELL’ALTARE DELLA PATRIA

Nel ricordo dell’anniversario del 4 novembre 1921 è stato firmato un protocollo d’intesa tra l’Unione Nazionale Mutilati per Servizio (UNMS) ed il Gruppo delle Medaglie d’Oro al Valor Militare d’Italia (MOVM).

Il 3 febbraio 2021, nella sala videoconferenze dell’UNMS in via Savoia, a Roma, è stato sottoscritto il Protocollo d’Intesa per la “Commemorazione del Centenario della traslazione del Milite Ignoto nel Sacello dell’Altare della Patria” tra l’UNMS ed il Gruppo delle Medaglie d’Oro al Valor Militare d’Italia.

L’intesa ha sancito un rapporto di collaborazione teso allo sviluppo sinergico delle attività da parte dei due Enti per i quali il Milite Ignoto identifica, simbolicamente, il “primo” Caduto e la “prima” Medaglia d’Oro, rappresentando il sacrificio ed il valore dei combattenti e di tutti i Caduti per la Patria. L’intento è quello di tutelare e diffondere il culto della memoria, condividendo i simboli e i valori connessi ai Caduti di tutte le guerre e delle Missioni per la Pace.

La firma del Protocollo da parte del Gen. MOVM Aiosa e del Cav. Uff. Antonino Mondello, alla significativa presenza del Ten. Col. MOVM Gianfranco Paglia, assume particolare interesse per il Progetto Milite Ignoto, Cittadino d’Italia”, proposta dal Gruppo Medaglie d’Oro, per il tramite dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), e sostenuta anche dal Consiglio Nazionale Permanente delle Associazioni d’Arma (ASSOARMA), che coinvolge le Amministrazioni comunali per il conferimento della cittadinanza onoraria al Milite Ignoto, in occasione del centenario del 4 novembre 2021.

L’iniziativa, che sta già riscuotendo il favore di numerosi Comuni italiani, ha lo scopo di far sì che quel Soldato, voluto come “di nessuno”, possa in realtà essere percepito come “di tutti”.
La firma del protocollo si è svolta in una cornice di sobria ma sentita partecipazione e nel pieno rispetto delle norme in vigore per il contrasto alla diffusione del contagio da COVID-19.

(RoPag)

7 commenti su “DIFESA. STORIA. UNMS-MOVM: FIRMATA INTESA SU CENTENARIO TRASLAZIONE MILITE IGNOTO NEL SACELLO DELL’ALTARE DELLA PATRIA

  1. Il nostro presidente Mondello ci onora sempre con iniziative innovative e sociali volte al connubio tra tutte le associazioni

  2. DAVVERO COMPLIMENTI, sono orgoglioso di essere parte di questa benemerita Unione Nazionale Mutilati per Servizio, confesso che è un mio desiderio poter dare in modo attivo il mio modesto contributo.

  3. In seguito all’accordo con l’UNMS per il prmo centenario della transizione del milite ignoto nel sacello dell’altare della Patria, la Città di Rosolini (SR) patrocinia tale iniziativa con le associazione in rete e nell’occasione pubblichera un opuscolo
    dal titolo “Storia dei fratelli Cirmena”.
    L’ Associazione Rosolinesi in Siracusa , commemorerà i fratelli Cirmena che hanno combattuto la Grande Guerra. Due fratelli, Tommaso e Francesco, ritornano invalidi per le ferite riportate in combattimento, Giovanni invece muore in combattimento e viene sepolto dapprima nel cimitero di Conco ed in seguito traslato nel Sacrario Militare di Asiago.

  4. In seguito all’accordo con l’UNMS per il prmo centenario della traslazione del milite ignoto nel sacello dell’altare della Patria, la Città di Rosolini (SR) patrocinia tale iniziativa con le associazione in rete e nell’occasione pubblichera un opuscolo
    dal titolo “Storia dei fratelli Cirmena”.
    L’ Associazione Rosolinesi in Siracusa , commemorerà i fratelli Cirmena che hanno combattuto la Grande Guerra. Due fratelli, Tommaso e Francesco, ritornano invalidi per le ferite riportate in combattimento, Giovanni invece muore in combattimento e viene sepolto dapprima nel cimitero di Conco ed in seguito traslato nel Sacrario Militare di Asiago.

  5. Qui di seguito la presentazione dell’Opuscolo:
    Storia dei fratelli Cirmena
    Oggi la celebrazione del 4 novembre, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze armate, acquista un sapore diverso e certamente più profondo per noi Rosolinesi. E lo dobbiamo allo spirito di ricerca e all’amore che hanno spinto il nostro concittadino Corrado Di Stefano a interessarsi della sorte di un suo zio caduto nella logorante guerra di trincea del primo conflitto mondiale. Il nome di questo soldato è Giovanni Cirmena, che con i fratelli Tommaso e Francesco, fu spedito dalla campagna al fronte, dove era destinato a perire per le gravi ferite riportate. I suoi fratelli, finita la guerra, faranno ritorno al paese; lui invece no e fino a poco tempo fa non si sapeva dove mai fosse stato seppellito, se mai avesse avuto una sepoltura. Alla fine la tenacia di Corrado Di Stefano è stata premiata: lo zio Giovanni riposa in un cimitero di guerra e a lui possiamo tributare gli onori spettanti a chi si è sacrificato per la Patria. A lui e ai fratelli, Tommaso e Francesco, chiamati anche loro a difesa della Patria e ad affrontare una guerra che ha consentito il completamento dell’unità d’Italia, va la nostra riconoscenza. Li seguiremo in questa storia attraverso un filmato appositamente preparato.
    Prima, però, volevo un attimo soffermarmi sulla nascita del culto dei caduti e della tomba del milite ignoto.
    Il culto dei caduti nasce dopo il primo conflitto mondiale. Prima della Grande guerra non esisteva, i morti rimanevano nell’anonimato, i cadaveri degli uomini, così come quelli dei cavalli, venivano bruciati o seppelliti in fosse comuni senza alcuna identificazione. Nonostante i mutamenti avvenuti nel tempo nella natura degli eserciti e nella evoluzione della strategia militare, ancora durante l’Ottocento si continuò in questo triste e disumano rito. I morti in guerra venivano onorati, salvo qualche eccezione, solo con monumenti impersonali.
    Con la Grande guerra, che arrivò a coinvolgere 65 milioni di uomini, il numero senza precedenti delle perdite costrinse ad affrontare in modo industriale il problema del seppellimento: furono create delle unità apposite, con il compito specifico non solo di provvedere a seppellire la grande massa dei cadaveri che la guerra produceva, ma anche, per la prima volta, di prendersi cura della loro sepoltura.
    Tutto ciò accelerò la nascita dei moderni cimiteri militari, come quello di Asiago dove ha trovato sepoltura il nostro Giovanni; cimiteri nettamente separati da quelli civili.
    Tuttavia rimanevano inadeguati a conferire piena rilevanza pubblica e nazionale al culto dei caduti. Per cui si pensò di onorare tutti i caduti attraverso la tomba del Milite ignoto: in un luogo altamente simbolico per la storia nazionale venne deposta la salma di un soldato del tutto anonimo, perché tutti vi si potessero identificare senza alcuna distinzione gerarchica, sociale o regionale.
    Coltivato per prima in Inghilterra e in Francia, il culto dei caduti acquistò un peso politico maggiore in Germania e in Italia. Nel 1920, l’Italia costruì il suo “Altare della Patria” e l’anno successivo, il 4 novembre 1921, la salma del soldato ignoto venne deposta a Roma nel Vittoriano, costruito dieci anni prima per celebrare l’Unità d’Italia. L’Italia aveva avuto mobilitato più di cinque milioni di uomini (5.615.000), in gran parte contadini scaraventati nelle trincee; di essi 650.000 non erano più tornati a casa. Tra gli eserciti in guerra, quello italiano era tra i meno preparati ed armati e peggio comandati, difettava di cannoni, di mitragliatrici, di camion, di ufficiali. Subì terribili sconfitte ma resistette valorosamente, cambiò comandante in capo e seppe riprendersi nonostante la mancanza di coordinamento tra i comandi delle varie armate e la rovinosa rotta di Caporetto. Vittorio Veneto segnò la sconfitta dell’Impero austro-ungarico e diede la vittoria all’Italia. A questa guerra così devastante, combattuta con tanto accanimento, presero parte attiva i fratelli Cirmena.
    Per commemorare la vittoria, venne istituita nel 1919 la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze armate, scegliendo come data il 4 novembre perché data dell’entrata in vigore dell’armistizio di Villa Giusti (firmato il 3 novembre 1918) che sanciva la resa dell’Impero austro-ungarico e l’annessione all’Italia di Trento e Trieste. Motivo, questo, che ci porta a considerare tale evento bellico anche come la quarta guerra di indipendenza italiana.
    L’idea di onorare una salma sconosciuta risale in Italia al 1920 e fu propugnata dal Generale Giulio Douhet. Il relativo disegno di legge fu presentato alla camera italiana nel 1921.
    Fu scelta una salma per ognuna delle zone teatro dei combattimenti: Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele, tratto da Castagnevizza al mare. Le undici salme furono poi trasportate nella Basilica di Aquileia in Udine il 28 ottobre 1921. Qui si procedette alla scelta della salma destinata a rappresentare il sacrificio di seicentomila italiani.
    La scelta fu fatta da una popolana, Maria Bergamas di Gradisca d’Isonzo, il cui figlio Antonio si era arruolato nelle file italiane sotto falso nome essendo suddito austro-ungarico, caduto in combattimento nel 1916. La salma dell’Ufficiale fu recuperata al termine del combattimento e tumulata. Il S.Ten. Antonio Bergamas fu ufficialmente dichiarato disperso quando un violento tiro di artiglieria sconvolse l’area ove era stato sepolto e, conseguentemente, non potendosi più riconoscere la sepoltura, l’Ufficiale fu giuridicamente dichiarato disperso. La bara prescelta fu collocata sull’affusto di un cannone e, accompagnata da reduci decorati al valore e più volte feriti, fu deposta in un carro ferroviario appositamente disegnato.
    Le altre dieci salme rimaste ad Aquileia furono tumulate nel cimitero di guerra che circonda il tempio romano.
    Il 4 novembre 1921 il Milite Ignoto veniva tumulato nel sacello posto sull’Altare della Patria.
    Al Milite Ignoto fu concessa la medaglia d’oro.
    Della croce al merito di guerra furono insigniti i fratelli Cirmena che operarono e rischiarono la vita nei terribili teatri di guerra del fronte austro-ungarico, si comportarono eroicamente e con coraggio, come attestano i documenti emersi, due di essi scamparono alle carneficine del Monte Grappa e del Carso e poterono fare ritorno alle loro case.
    Il filmato che ora vedremo ci fornirà notizie precise e documentate sulla loro storia ed ha un obiettivo: quello di far conoscere e apprezzare, specie ai più giovani il sacrificio dei loro padri e nonni che, ancora giovinetti, furono costretti a immolarsi per difendere i valori nazionali. Soprattutto in un momento in cui il giovane Regno d’Italia era ancora impreparato alla guerra e il suo esercito scarsamente equipaggiato e male comandato. La sorte della famiglia Cirmena è simile a quella di tante famiglie costrette a dare le braccia da lavoro di figli e padri al moschetto e destinati a diventare carne da cannone.
    Badate, il nostro ricordo non è un inno alla guerra, destinata sempre a provocare morte e distruzione, dolore e indicibili sofferenze; è piuttosto il riconoscimento di chi con onore ha contribuito alla difesa e alla costituzione del nostro Paese, che col suo sacrificio ha posto le basi per la libertà e il benessere di cui oggi godiamo tutti noi. All’epoca la guerra era guerra di logoramento; rintanati nelle trincee, in mezzo al fango e alla sporcizia, nel freddo e spesso patendo la fame, gli eserciti si fronteggiavano e si contendevano il terreno metro per metro con attacchi e contrattacchi, sortite e ripiegamenti che costavano la vita ai combattenti dell’una e dell’altra parte. C’erano anche le lunghe, odiose, orribili pause traditrici, perché interrotte all’improvviso dai tiri letali dei cannoni e dei mortai che martellavano senza fine.
    Conosciamo più da vicino i fratelli.
    Tommaso. Nasce nell’aprile 1891. Si sposa l’anno prima dello scoppio del conflitto, aveva già espletato il servizio di leva obbligatorio ed era stato messo in congedo illimitato, ma solo dopo tre mesi è richiamato; per fortuna la partenza in un primo tempo è rinviata perché il fratello Francesco sta ancora assolvendo al suo obbligo di leva. All’epoca la coscrizione obbligatoria colpiva tutti e il servizio aveva una durata molto lunga, basti pensare che agli esordi del Regno era di quattro anni e di cinque per chi veniva assegnato alla Cavalleria. Man mano era cesa a due anni.
    Tommaso, partito in guerra, partecipa a tutte le azioni del fronte italo-austriaco, combatte in diverse località del Friuli Venezia Giulia, conosce il freddo della trincea, i morsi della fame, l’orrore degli attacchi e delle ritirate. Alla fine del 1917 e nel 1918 è sugli altipiani e sul monte Grappa. Si distingue per valore e coraggio tanto da meritare la croce al merito di guerra. Il 30 agosto 1919 può finalmente tornare a Rosolini, a casa.
    Francesco è il più grande dei fratelli. Nasce a Rosolini nel febbraio 1887. Rimasto vedovo, dopo la morte per ferite di guerra del fratello maggiore, Giovanni, ne sposa la moglie. Nel maggio 1915 è chiamato alle armi e subito mandato al fronte. E’ impiegato in varie operazioni nel territorio carnico, nel Friuli. A Bosco Cappuccio e a Sdraussina è in prima linea e lì si ci contende il terreno palmo a palmo. Nel settembre viene promosso caporale, il mese successivo viene trasferito nelle retrovie perché ferito, nel frattempo la guerra infuria: si perdono e si riconquistano, in una spaventosa altalena, posizioni importanti. Le perdite in vite umane sui due fronti sono ingenti. Il caporale Francesco Cirmena, dopo aver attraversato l’inferno e l’orrore della guerra, riconosciuto temporaneamente inabile al servizio militare, e finalmente viene congedato (1 aprile 1918).
    Giovanni. Nasce il 2 gennaio 1885. E’ il maggiore dei fratelli Cirmena, parte per primo e non sopravviverà a quell’inferno: in seguito alle ferite riportate perirà presso l’Ospedaletto da campo N. 52 di Conco, nell’altopiano di Asiago, e oggi le sue ossa riposano presso il Sacrario militare di Asiago nella tomba 3110. Era il 22 gennaio 1918 e aveva solo 33 anni. Partecipò alle operazioni del Pasubio prima e dell’Altopiano di Asiago poi.
    Entro la fine dell’anno la battaglia di Vittorio Veneto metterà fine alla guerra sancendo la vittoria dell’Italia e la ricongiunzione con Trento e Trieste. I tre fratelli combatterono sullo stesso fronte, in settori diversi e senza mai ricongiungersi. Tommaso e Francesco potranno farlo una volta tornati a casa. Giovanni, più sfortunato, non rivedrà più né la famiglia né il paese natio.
    La storia noi la apprendiamo dai manuali, dai documenti, dal racconto freddo dei fatti, dalla vita di figure esemplari, ma quando, come in questo caso, ai nomi e ai fatti possiamo accoppiare l’immagine di persone in carne ed ossa, tutto cambia, la storia diventa concreta, materiale, da toccare. E lo comprendiamo bene in questa occasione. Quindi, rivolgiamo un grazie a chi ha lavorato per portarci, attraverso la storia dei fratelli Cirmena, uno spaccato del nostro mondo sconvolto da una guerra rovinosa che più tardi avrà tristamente a ripetersi col secondo conflitto mondiale, precipitando ancora le famiglie e gli Italia

  6. segue
    .. ni nell’inferno.
    Prof. Corrado Calvo
    Presidente dell’Associazione ” Cultura e Dintorni” – Rosolini (Sr)

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