GLI STUDENTI DI LATINA? STANCHI, AMAREGGIATI, PREOCCUPATI. ECCO COSA PENSANO DELLA DIDATTICA A DISTANZA E DELLE INCERTEZZE SUL RIENTRO A SCUOLA
di Arianna Borrelli
Dando il benvenuto al tanto atteso 2021 speravamo di lasciarci almeno in parte alle spalle i problemi che ci hanno accompagnati negli ultimi 12 mesi, ed invece ci sono ancora tanti dubbi.
Uno fra questi riguarda la scuola. Gli studenti di tutti i gradi sarebbero dovuti rientrare nelle loro aule il 7 gennaio, posticipato poi all’11, che per alcune regioni, come per il Lazio, si sono trasformati nel 18 o addirittura nel 31.
Se ne sono sentite di critiche al governo, o di plausi occasionali, quel che è certo è che la situazione è complessa. In fondo ancora non si è riusciti a compiere una manovra intelligente e definitiva sul problema dei trasporti o delle percentuali di presenza degli studenti in classe.
Tutti i dibattiti che abbiamo sentito hanno coinvolto le voci più disparate, ma in pochi si sono soffermati sul parere di coloro che sono i veri protagonisti della polemica: gli studenti.
Diversi di essi, da vari istituti superiori di Latina, ci hanno raccontato cosa pensano del rientro a scuola e di come hanno vissuto questo periodo, quello che ne emerge è sicuramente che bisognerebbe ascoltarli di più.
«Mi spaventa molto il rientro a scuola, perché la sicurezza non è garantita e gli assembramenti saranno inevitabili, per non parlare dei trasporti», ci confessa Valeria, che frequenta l’ultimo anno al liceo “Majorana”, quando le chiediamo come la
pensa sul ricominciare a frequentare le lezioni in aula, e la maggior parte degli studenti intervistati condivide quest’ansia.
«Tornare in classe in presenza mi spaventa molto», ci dice anche Claudia, anche lei all’ultimo anno ma al liceo “Manzoni”, «trovo che la riapertura delle scuole dopo le vacanze di Natale sia stata una scelta terribile e incredibilmente pericolosa per la nostra salute. Si parla di scuola in sicurezza, ciononostante ho avuto esperienze dirette di famiglie intere che si sono ammalate di Covid proprio a causa di contagi avvenuti in classe».
«Per quanto si voglia dare un messaggio positivo i contagi non sono scesi, e per questo sono a favore di continuare con la didattica a distanza, nonostante questa non sia semplice», sono le parole di Leonardo (al terzo anno del Liceo “Dante Alighieri” del capoluogo) un altro degli intervistati, per sottolineare che DAD non è sinonimo di nullafacenza, infatti questa si è dimostrata complessa per gli studenti che si sono ritrovati a seguire ore e ore di lezione davanti ad uno schermo, continuando nel pomeriggio per consegnare compiti, verifiche o materiale richiesto dai vari docenti. «La DAD ha messo in evidenza tutte le fratture del sistema scolastico italiano e soprattutto il suo lato più “tossico”.
Ciò non significa che io sia contraria a questa soluzione, perché in questo momento rappresenta l’unico modo per poter affrontare la crisi che stiamo vivendo, rispettando la nostra salute, quella dei nostri familiari e di ogni persona con cui entriamo in contatto ogni giorno. Comunque, la mia esperienza può essere racchiusa nelle parole “alienante” e “confusa”».
Qualcun altro ci ricorda che nonostante la DAD abbia avuto un ruolo primario in fatto di sicurezza, ma anche, ammettiamolo, di comodità, deve essere un impegno morale tanto dello studente quanto del docente quello di voler tornare in classe; «studiare e fare lezione non vuol dire soltanto ascoltare il professore, leggere il paragrafo, chiudere il libro e saperlo ripetere. Ci vuole una vera e propria didattica, fatta di sentimenti e di “contatto”». Le parole di Francesco, al penultimo anno del liceo scientifico “Majorana” ci danno un nuovo punto di vista, che quasi emoziona, la sua speranza per una
scuola in presenza non muore neanche davanti al rientro al 50%: egli ammette che, data la situazione, anche questa minima percentuale può rappresentare una vittoria.
Il pensiero degli studenti è chiaro: sono stanchi delle decisioni prese in ritardo, sono amareggiati per la mancanza di organizzazione e preavviso, sono preoccupati per il loro futuro scolastico. La maggior parte chiederebbe al Governo solo maggiore tempestività e una migliore comunicazione, molti vorrebbero sapere come sarà organizzato l’esame di Stato, pochi cercano agevolazioni, ma tutti sanno bene che «la conoscenza per gli studenti è un’arma ma anche un’armatura», non dobbiamo proibirgliela.