AL REFERENDUM VOTERÒ NO, ATTENTI A COSA CI TAGLIAMO

Ad agosto scrissi un articolo su questo giornale raccontando il valore sociale delle ferie, un diritto irrinunciabile sancito dalla nostra Costituzione. Raccontai le tesi e la storia che portarono a tutelare le nostre ferie da parte della Assemblea Costituente e poi da parte delle rappresentanze sociali. In quel testo, poi, segnalai come votare SI al referendum sia un attacco proprio alle istituzioni rappresentative che hanno fatto uno straordinario lavoro di emancipazione sociale, garantendo un progresso sociale tra i più efficaci al Mondo. Dal 1948 ad oggi abbiamo avuto crisi e riscatti, ma nel complesso siamo nettamente migliorati. Le regole della Costituzione hanno funzionato bene, ma addirittura darebbero ancora maggiori risultati se le capissimo e le sapessimo attuare meglio. Mi sembra che i maggiori problemi attuali per il nostro Stato, invece, derivino proprio da una recente riforma della Costituzione, quella del 2001 sul Titolo V, che ha deformato il ruolo delle Regioni. Mi sembra che la voglia di “tagliare poltrone”, come affermano i sostenitori del SI, abbia già prodotto un danno agli italiani con un inutile smantellamento delle Province. È volgare e mortificante poi l’idea di chi afferma di votare SI per “tagliare le poltrone” perché sollecita semplicemente la rabbia personale. Intanto su quelle poltrone bisogna capire chi far sedere, perché se per decenni si sono sedute persone prevalentemente adeguate, non è che possiamo smantellarle per evitare che si siedano gli improbabili politici di questa stagione. Il tema vero è quello di far rispettare l’art 49 della Costituzione che regola la importante funzione dei partiti per garantire libertà e democrazia. Gli statuti di alcuni movimenti attuali, Movimento Cinque Stelle su tutti, sono incostituzionali, fuori legge, non garantisco la libertà e la democrazia. Tagliare i parlamentari vuol dire dare potere assoluto a questi capi partito surreali di decidere la ristretta cerchia di amici da far sedere in Parlamento o al Governo, evitando la nostra partecipazione democratica e spostando la nostra presenza politica nella rete. Un omicidio della democrazia. Votiamo NO per salvaguardare la democrazia, perché il motto “uno vale uno” è quello caro a chi non riconosce il valore della comunità. Una comunità si basa sulla sintesi, sull’equilibrio, sullo stare insieme. La rete è l’individualismo di chi non accetta la collaborazione perché difficile. Noi siamo persone, cioè nodi di relazioni sociali, e non individui isolati. Su questo principio abbiamo un Parlamento che ha il dovere di fare sintesi e di rappresentare le istanze di tutti i territori, garantendo il rapporto tra eletto ed elettori. Questo è un altro punto: ridateci le preferenze. È una mortificazione della democrazia votare le liste bloccate. Ci tolsero le preferenze per abbattere i costi della politica, sempre quella è la scusa. I consiglieri regionali e i parlamentari europei sono gli eletti che più lavorano per le istanze delle comunità territoriali, proprio perché sono eletti con le preferenze. Nel 1948 furono scelti da 40 milioni di persone 630 deputati e 315 senatori, oggi siamo 60 milioni di persone. Vuoi tagliare i costi? Riduci gli stipendi, non il numero dei parlamentari. In Parlamento, poi, lavorano le Commissioni e sono formate da poche decine di parlamentari ognuna, forse troppo pochi per l’immane lavoro. Sono tantissimi gli appelli per il NO, anche 140 costituzionalisti hanno spiegato il perché è sbagliato votare SI è sono stati più bravi di me nello spiegare i motivi. Oggi mi esprimo come non amo fare: votare SI è come tagliarsi gli attributi per fare un dispetto alla moglie.

Nicola Tavoletta

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