La quarta rivoluzione industriale in agricoltura

La digitalizzazione sta cambiando in meglio il mondo dell’agricoltura e quello dell’ l’industria della trasformazione dei prodotti della terra.
L’utilizzo specifico di tecnologie mirate ad eliminare o ridurre drasticamente le quote di scarto dei prodotti alimentari derivati dall’agricoltura sono ormai il futuro prossimo, se non il presente, nel lavoro del comparto agricolo.
Tutto questo settore ha sofferto, forse ha subito, una sostanziale arretratezza generalizzata, rispetto agli altri settori produttivi del nostro paese.
E  si può affermare che la produzione agricola è considerata  da due secoli come un settore che si muove su un sistema produttivo che arranca rispetto a quello industriale che invece consente ritmi  certi e prodotti di massima o alta stabilità e riproducibilità.
L’avvento del digitale e delle sue caratteristiche applicate alla produzione ed al lavoro agricolo sta cambiando questa antitetica posizione di svantaggio.
Per fare un esempio oggi è possibile avere sistemi di controllo di variabili che incidono molto sul successo o meno di una produzione agricola.
Variabili come le tempeste atmosferiche, piogge eccessive, venti forti ma anche siccità diffuse, temperature molto elevate grazie alle attuali competenze digitali sono fenomeni che si possono controllare meglio e le cui ricadute negative possono essere contenute a livelli percentuali tollerabili.
Anche nelle stalle, nelle camere di raccolta dei latti e negli allevamenti avicunicoli le regolazioni delle areazioni, delle temperatura, delle qualità dei mangimi , dei componenti chimici tipici delle produzioni zootecniche ,se controllate da sistemi digitali danno un risultato d’impatto molto inferiore a quelle aziende dove invece il dato esperienziale del management è ancora il migliore dei sistemi praticati.
Anche nelle produzioni agroalimentari, la dove il sistema di maturazione e di conservazione dei prodotti fermentati , formaggi e salumi in primis, è affidato a precisi programmi digitali si ottengono forti riduzioni di quote di prodotti alterati e non commerciabili che, in caso di attività  non supportate dalle nuove tecnologie, possono rappresentare anche il 10-12 %  dell’intera produzione, in condizioni di normale gestione d’esercizio.
Eliminare questi costi vuol dire recuperare quote di ricavi che permetteranno un sempre migliore adeguamento delle aziende agricole rispetto agli standard di efficienza indispensabili per competere sul mercato globale( e locale).
In più, dato non secondario, questo contenimento delle perdite di prodotti e del loro smaltimento obbligatorio, consente alle PAC Europee ( le politiche agricole comunitarie) di risparmiare sui sussidi erogati proprio per limitare i danni subiti dalle imprese agricole a causa del limitato controllo sulle  variabili atmosferiche che possono condizionare, pesantemente, la resa agricola.
Risparmi che possono essere destinati ad altri incentivi, come quelli sulla riconversione energetica delle stesse aziende agricole.
Le tecnologie non sono il problema dell’agricoltura “green”.
Semmai è l’inverso: la ricerca di un equilibrio spostato sul ritorno a pratiche agricole primordiali è contrario all’evoluzione positiva verso un’economia agricola sostenibile e pulita.

Agostino Mastrogiacomo
Presidente Acli Terra Latina

ufficio (2)

 

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