IL 4 LUGLIO SCORSO L’ON GIORGIA MELONI, DAL PALCO DI ROMA IN OCCASIONE DELL’INCONTRO CHE AVREBBE DOVUTO METTERE PAURA AL GOVERNO, HA DETTO:

Il 4 luglio scorso l’On Giorgia Meloni, dal palco di Roma in occasione dell’incontro che avrebbe dovuto mettere paura al governo, ha detto: Dobbiamo dar voce al nostro popolo.
“Nostro popolo” inteso come tutti coloro che quella voce non l’hanno e che meritano invece, come tutti, di esprimere le loro ambizioni, i loro bisogni, i loro desideri.
Il giorno seguente il sindacalista Aboubakar Soumahoro nella manifestazione dei braccianti agricoli sempre a Roma ha ribadito la sua volontà di : dare voce a questo popolo di invisibili.
E’ evidente che si tratta di contesti diversi e di insiemi di persone diverse.
Nel primo caso si parla ad un popolo che ha un espressione differenziata, stratificato nella società in modo eterogeneo, che spazia dalle problematiche società multi etniche delle periferie ,ai commercianti preoccupati , ai pensionati insoddisfatti e via dicendo che nell’analisi dell’On Meloni non hanno voce a sufficienza.
Nel secondo, quello dei braccianti agricoli immigrati, si tratta invece di un campione di popolazione decisamente omogeneo e non presente nella stratificazione delle società urbane , semmai presente in modo marginale solo in quelle delle realtà rurali e dei paesi di collina.
Che di voce ne hanno solo nelle cronache del dolore e che, soprattutto, non sono elettori.
A me nell’ascoltare i due diversi discorsi è venuto un dubbio: E’ sicuro che i due proponenti, Il sindacalista immigrato regolare e la Onorevole Meloni, vogliano entrambi la stessa cosa per i loro rappresentati, definiti entrambi “il nostro popolo” e “questo popolo”?. Dar voce al proprio popolo, ovvero nel caso della Meloni a quella fetta di elettori indicata, può non corrispondere a voler risolvere i problemi evocati da loro stessi.
Se dovessero essere risolti, anche solo parzialmente, i problemi dell’immigrazione, dell’inclusione sociale, dell’insoddisfazione del ceto medio rispetto a tasse e servizi ,quella voce tonante , quel popolo di elettori che diventerebbe parzialmente ma abbastanza soddisfatto, voterebbe ancora come prima?
Quale politico odierno correrebbe il rischio di diventare impopolare perché davvero ha collaborato ampiamente a risolvere i problemi che il “ proprio popolo” gli indica?
( o che lui, lei, hanno continuamente indicato al “proprio popolo?)
Pare evidente che permettere al “proprio popolo” di avere un solido nemico ( solido come immagine ma difficile da afferrare) possa rappresentare una migliore rendita di posizione che sconfiggerlo, quel solido nemico.
Diversa è la posizione del sindacalista, in questo caso.
I suoi assistiti, il suo “popolo di invisibili” non votano ed il caso non si pone, almeno nei termini in cui lo sto trattando.
Penso con un po’ di nostalgia a quando la politica voleva dire, in buona parte, lasciare il campo migliore di come lo si era trovato.
Ora si possono fare tutti i distinguo che si vogliono e sarebbero tutti degni di rilievo.
Ma è innegabile che quando la politica si misurava sul consenso ottenuto dalla soluzione dei problemi più che dal loro mantenimento, è stata una politica che ha reso migliore questo paese da come lo aveva trovato alla fine del conflitto mondiale e dall’inizio dei governi democratici europei .
Invece due decenni di sostanziale stagnamento, di perdita di opportunità di rilancio, due decenni che hanno confuso l’interesse del popolo con quello personale dei vari leader , ora stanno lasciando un pericoloso lascito.
Un’eredità pesante che merita di essere sciolta con visioni di largo profilo, coraggiose ed innovative e che siano perseguite da chi non vuole mantenere le cose come sono ma che vuole davvero un futuro ed un presente migliori per tutte le persone, di ogni classe sociale. Il problema quindi non è la Meloni o altri leader di partiti Italiani, il problema serio è il posizionamento dei leader di partito rispetto al modo di concepire la politica.
Aver misurato, e continuare a misurare, il consenso elettorale a prescindere di come lo si ottiene e per fare cosa è il grande peso che ci impedisce di procedere con passo sicuro verso la rinascita.
Il timore o la soddisfazione di dove si è nei sondaggi popolari è il limite profondo di questa nuova fase politica. Non se ne può fare a meno?
Agostino Mastrogiacomo

agooo

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