Le carni rosse come precursori di tumori nell’uomo.

Una delle cause che i sostenitori della necessità di eliminare totalmente dalla dieta umana gli alimenti carnei e i derivati da animali in generale portano a suffragio delle loro tesi ,è che il loro consumo porti inevitabilmente a sviluppare tumori fortemente aggressivi.
In molti sono convinti che questa relazione sia vera e ci sia un automatismo quasi obbligato: i tumori dello stomaco e del colon retto sono da considerarsi spesso come conseguenza di questo consumo e che i rischi aumentano esponenzialmente all’aumentare del consumo stesso.
L’ AIRC , ovvero l’agenzia italiana per la ricerca sul cancro, classifica come 2A( probabilmente cancerogena) la relazione tra carne rossa nella dieta umana e rischio di sviluppare un cancro,
mentre classifica 1A ( sicuramente cancerogene) la relazione tra carni rosse processate( salagioni, insaccati, salumi, affumicati) e rischio di sviluppare un tumore nel corpo umano.
La definizione “cancerogeno” vuol dire che a seguito di osservazioni scientifiche ,prevalentemente di carattere empirico e statistico ,è stato stabilito che è possibile indicare una relazione tra una condizione, un uso , un’ambiente e l’insorgere di tumori nell’uomo.
Incidono naturalmente età, predisposizione genetica, abitudini ed altri fattori di rischio.
La classificazione come: sicuramente cancerogeno(1A), probabilmente cancerogeno(2A), possibilmente cancerogeno (2B), non classificabile come cancerogeno (3)e non cancerogeno(4) comprendono i vari stati di rischio sempre in relazione agli stessi studi scientifici di rilevazione prima citati.
Si tratta di percentuali: più è alta la classificazione e più si alza le percentuale di riscontro della relazione tra consumo di carni rosse e possibilità di sviluppare tumori.
Ma quali sono le sostanze presenti nelle carni rosse che possono generare tumori?
Praticamente nessuna , a parte l’eventuale alta percentuale di ormoni, antibiotici o un eccesso di acidi grassi a lunga catena se consumati in eccesso.
Ma allora perché sono classificate , quelle processate e lavorate addirittura 1A ,e quelle fresche 2°?
Per le sostanze che queste lavorazioni possono liberare se sottoposte a processi di trasformazione altamente industrializzati e per le carni freschi dai metodi di cottura.
In pratica non sono le bistecche a rappresentare un rischio ma come vengono cotte.
Il rischio è soprattutto nei residui carboniosi delle cotture “alla brace” o a fuoco diretto, nelle eccessive caramellizzazioni, nelle forti tostature.
Cotture come gli umidi, i bolliti, quelle rapide su piastra o metalli inerti e di buono spessore ( che non consentono immediate bruciature che anneriscono) non producono queste sostanze, tra cui i furani indicati come certamente cancerogeni.
In ogni caso il limite considerato non nocivo e di 500 grammi di carni rosse a settimana per consumatore adulto, anche se sottoposto a cottura alla brace.
E sui salumi è di 120.
Per cui riteniamoci salvi.

Agostino Mastrogiacomo Chef.

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