Elogio della formica ai tempi del Covid-19

Circolano spesso, in questo periodo distopico e tragico che stiamo vivendo, delle analisi dei benefici derivanti dalla situazione stessa, sia dal punto di vista ambientale che sociale, a dimostrare che in ogni situazione negativa possono emergere degli aspetti positivi e viceversa.
Come detto, il periodo è tragico per la serie impressionante di vittime che il virus continua a mietere quotidianamente, e per il contesto in cui avvengono i decessi, che amplifica il dolore dei parenti e degli affetti. Fino a fine febbraio il virus era una realtà a noi aliena, dalla quale eravamo sicuri di rimanere estranei a patto dì tenere lontano, quasi scaramanticamente, lo straniero cinese. Quando all’improvviso è divenuto chiaro che il virus si stava diffondendo in mezzo a noi, il cinese si era trasformato improvvisamente in lombardo, e assistevamo impotenti alla angosciosa ed esponenziale diffusione del virus.

Tutti speravamo nel possibile contenimento del virus nelle zone rosse, compiangendole in maniera umanamente egoistica, perché lo scenario di un contagio globale a livello italiano (o addirittura mondiale) era una realtà per noi inconcepibile: soffermandosi a ragionare un attimo, era evidente in realtà che tutta Italia si sarebbe dovuta fermare a breve chiudendosi in casa, analogamente alle immagini apocalittiche che ci arrivavano da Wuhan. Ma a noi questo sembrava impossibile, non ci potevamo certo fermare, e quindi abbiamo assistito ad inizio marzo ad inviti ad andare avanti nonostante il virus, ad esempio con aperitivi ostentati e tentativi di mandare avanti il campionato di calcio (emblematica l’esultanza dello juventino Dybala nella vittoria a porte chiuse contro l’Inter, che sarebbe stato riscontrato positivo al virus pochi giorni dopo).

Per carità, non si vogliono mettere alla gogna tali tentativi, animati inoltre dalla singolarità della situazione italiana…. ma è stato quello il momento in cui lo stato si è affidato alla scienza ed al buonsenso, e mezza Italia si è trovata chiusa in casa (seguita a breve dal resto del mondo).

Sì perché come ben sappiamo l’altra metà degli italiani ha continuato a lavorare anche più di prima, oltretutto in condizioni disagiate e di esposizione al virus: parliamo quindi di medici ed infermieri impegnati nella lotta in prima linea al virus, ma anche di commessi dei supermercati, addetti alle pulizie, corrieri, impiegati nei trasporti ed in tutti quei servizi che a un certo punto sono stati identificati come essenziali.

In quel momento abbiamo realizzato come queste persone e le loro professioni, prima invisibili all’opinione pubblica, siano fondamentali per la nostra società: operose nel silenzio come le formiche, hanno avuto il giusto riconoscimento in una specie di rivincita rispetto alle cicale, testimonial dei tempi moderni, almeno fino a poco fa. Una società finora improntata sull’individualismo e sulla febbrile ricerca del successo, i cui idoli sono rappresentati da veline, calciatori, influencer etc… su cui erano quotidianamente puntati oltremodo i riflettori, distraendo la società dai veri valori, ed indirizzando la generazione dei più giovani verso modelli errati.

Fra tutte le tipologie di formiche, e non per sminuire le altre categorie, mi vorrei soffermare sui ‘tecnici’, ossia su tutte quelle professioni che si basano su competenze acquisite a seguito di anni di studio e di impegno lavorativo quotidiano, siano essi medici, biologi, ricercatori, ingegneri etc… come i ricercatori che stanno cercando un vaccino, o come lo staff tecnico che ha guidato la politica verso un impopolare lockdown (composto da virologi che in realtà stanno acquisendo una certa notorietà).

Capita a loro in questo periodo di essere indirettamente nel mirino dell’opinione pubblica per eccesso di prudenza o per mancanza di risposte esatte: chiunque abbia un’istruzione scientifica sa che tale approccio non ti da’ una risposta a tutto ma anzi, ti spinge a dubitare di tutto, salvo poi ottenere le certezze a seguito di una rigorosa fase analitica (“chi più sa più dubita” recita un famoso gioco da tavolo). Il vero tecnico è uno che ha lavorato quotidianamente e scrupolosamente come una formica, aggiungendo ogni giorno un mattone al proprio bagaglio culturale, imparando dall’esperienza e dagli altri. Si perché il buon tecnico ha dentro di sé come prima cosa la passione per la ricerca della verità, e qualora questo lo porti a riconoscere, in una particolare situazione, di avere torto, ammetterà i propri errori e riconoscerà la ragione dell’altro, con spirito collaborativo e di gruppo. Il buon tecnico riconosce il valore del lavoro di squadra e mette da parte il proprio individualismo ed orgoglio a favore del successo dell’intero progetto.

Analogamente, la forza delle formiche sta anche nella loro numerosità: in questo momento, in Italia e in tutto il mondo, un esercito di formiche sta lavorando in maniera coordinata verso il raggiungimento di un unico obiettivo: uscire da questa situazione nel miglior modo possibile. Vorrei chiarire a questo punto che la definizione data di ‘buon tecnico’ si può estendere a chiunque usi il proprio buonsenso e la propria esperienza, indipendentemente dalla formazione, in armonia con la società, e senza farsi abbindolare dalle sirene delle false verità. Si perché il buon tecnico ha sofferto negli ultimi anni, vedendo come il concetto stesso di verità sia diventato relativo e messo in discussione quotidianamente da fake news, che non sono altro che tentativi (fraudolenti o meno) di arrivare ad una verità di comodo, più rapida, più conveniente, che rifletta il sentimento di chi la diffonde. E quando quest’ultimo coincide con la rabbia ed il risentimento, allora nella società si crea un corto circuito.

Abbiamo visto emergere in questi anni movimenti contro la vaccinazione e contro la scienza accademica in generale, arrivando addirittura a sostenere che la terra sia piatta. Non è un caso che spesso queste teorie circolino in ambienti populisti, complottisti e antisistema; di chi ha l’attitudine ad additare ad altri la causa dei problemi, invece di rimboccarsi le maniche ed iniziare a mettere in discussione se stessi. Non è un caso forse che i populismi alla fine si identifichino con un uomo solo al comando, che indirizzi il gregge parlandogli ‘alla pancia’, e dicendogli ciò che vogliono sentirsi dire aizzandoli sempre verso un nemico, sia esso lo straniero che ci viene a rubare il lavoro, o i poteri forti che complottano contro il cittadino in qualche non bene identificata stanza dei bottoni. Non è un caso che spesso i populisti se la prendano con i ‘professoroni’, ritenuti distanti dalle esigenze quotidiane delle persone…. si perché da un po’ di tempo a questa parte c’è stata una svalutazione della competenza da parte di chi invece fa leva sul proprio individualismo e potere carismatico per imporsi; non è un caso forse che ci siamo ritrovati a sentire l’uomo più potente del mondo suggerire l’assunzione di disinfettanti contro il virus.
All’inizio di questa epidemia temevo scenari apocalittici di rivolte popolari, come si intravedono ad esempio nell’ottimo film Contagion, che già nel 2011 aveva descritto una pandemia analoga a quella odierna, in maniera molto accurata e scientifica. Devo ammettere che invece la società italiana, almeno fino ad oggi, ha reagito in maggior parte in maniera responsabile ottenendo finora i risultati auspicati dalla comunità scientifica.

Sono altrettanto evidenti le difficoltà sociali ed economiche che si vanno delineando, ed il comprensibile desiderio di riapertura di molte professioni in assoluta difficoltà. Ci ritroviamo quindi nel mezzo di un dibattito quotidiano che è il sale della democrazia, ma che dovrebbe rimanere rispettoso sia del parere dei nostri tecnici, che dell’operato del governo, sulla cui buonafede personalmente penso non si possa dubitare, come la maggior parte degli italiani. Sicuramente chiunque si trovi al comando in questa situazione si ritrova a prendere decisioni quantomai importanti e delicate per milioni di italiani, con il rischio di sbagliare (come probabilmente già avvenuto in alcuni casi), ma “solo chi fa sbaglia” e sarebbe auspicabile che una parte della politica metta da parte i propri tornaconti elettorali e faccia la propria parte in maniera costruttiva.
Ma interrompendo le divagazioni e tornando alla formica, spero insomma che da questa vicenda emergano più valorizzate le qualità della stessa. Ciò senza nulla togliere ad altre indoli di diverso tipo, o anche a professioni al momento ferme a causa del lockdown, ad esempio quelle legate al mondo dell’arte e dello spettacolo, altrettanto dignitose e importanti per la vita di ognuno di noi (anche in questi ambiti, lavorano molte formiche al momento purtroppo costrette allo stop).
Elogiando la formica, si vuole qui elogiare chiunque operi con serietà, competenza, assertività e resilienza nell’esercizio della propria professione, in maniera collaborativa e armonica con la comunità in cui viviamo, e non contro di essa. Da questa crisi emerge chiaramente inoltre l’importanza di avere delle istituzioni solide alla guida del paese, e del contributo del cittadino alla comunità in primis nel pagare le tasse, se non altro per supportare la sanità nazionale.

In questo periodo in molti rimpiangiamo ciò che avevamo, e di cui non ci rendevamo conto, come la libertà di movimento. Cerchiamo quindi di non aspettare oltre e di riconoscere adesso il valore di ciò che abbiamo, ossia una società democratica che con tutti i suoi difetti e imperfezioni è comunque volta al bene comune, anche di chi la contesta quotidianamente ma che, proprio perché vive in questa società, ha il diritto di esprimerlo.

Mario Saveri

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(foto: Z la formica, animeita.it)

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