CORONAVIRUS. SMI A ZINGARETTI: INDAGINE CONFERMA IMPOSSIBILITÀ ACCESSO TAMPONI

(DIRE) Roma, 23 apr. – “Abbiamo deciso di inviare una lettera aperta al presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, e scegliendo di pubblicarla, in quanto, ci duole dirlo, non abbiamo altri strumenti che ci consentano essere ascoltati, ne’ dal Governatore del Lazio, ne’ dalla Task Force regionale Unità di crisi, istituita per l’emergenza Covid.

E si’ che lo abbiamo chiesto, in almeno una decina di comunicazioni indirizzate anche
all’assessore alla salute Alessio D’Amato”. Cosi’ una nota del Sindacato Medici Italiani del Lazio rende pubblica una lettera aperta inviata al presidente della Regione Lazio.
“Rappresentiamo, nel Lazio- si legge nella nota dello Smi- medici di varie specialita’ e portiamo alla sua attenzione
l’impossibilita’ per i nostri pazienti di poter avere accesso ai tamponi per la diagnosi di Covid.
Le reiterate richieste da parte dei medici di famiglia circa la necessità di prendere in carico pazienti sospetti (sintomatici o contatti) portate all’attenzione degli uffici di profilassi sono rimaste pressoché inascoltate.
Ogni medico di famiglia nel Lazio, e ne abbiamo circa 5000, ha fatto mediamente da 7 a 10 segnalazioni: di queste, nella migliore delle ipotesi, ne sono state processate appena il 15%.
È quanto emerge, infatti, da una prima indagine condotta dal nostro sindacato, nelle piu’ grandi Asl della nostra regione: su un campione di 21 Mmg, per un totale di 26.553 assisti, ben 160 segnalazioni inoltrate ai SISP, delle quali solo il 15% ha ottenuto un riscontro (solo 25 pazienti sono stati presi in carico ed alcuni di questi sottoposti a tampone).

Ad essere ottimisti saranno pertanto appena 10 mila i tamponi effettuati su richiesta dei medici di famiglia.
Leggiamo, infatti che nel Lazio sono stati fatti circa 100 mila tamponi.
Questi avrebbero dato un riscontro di una bassa percentuale di positività (9 negativi su 10).
Ci chiediamo quindi: a chi sono stati effettuati i circa 90 mila tamponi che i Mmg non hanno richiesto? E la bassa percentuale di positività si potrebbe spiegare con la
circostanza che, forse, nell’esecuzione degli stessi non siano stati rispettati i criteri clinici, epidemiologici, o del semplice buon senso?”.

E ancora, “Lo vorremmo sapere, anche per rispondere alle domande dei nostri pazienti che sono lasciati a domicilio, con il solo nostro monitoraggio telefonico ed una terapia insufficiente, perché come deciso da circolare regionale del 3/4/2020 avente oggetto terapia domiciliare pazienti Covid”, noi Mmg, in assenza di tampone non possiamo cominciare neanche la
terapia precoce con i farmaci gia’ previsti per Covid +, ma che non sono prescrivibili nei casi fortemente sospetti che non siano stati sottoposti a tampone”.
“Questo ci viene difficile spiegarlo ai nostri pazienti,
soprattutto a quelli che devono ricorrere poi alle cure del 118 per insufficienza respiratoria, o ai parenti dei pazienti
deceduti perché segnalati e mai presi in carico.
Oggi leggiamo da Avviso per “disponibilita’ regionale Attivita’ Uscar ” n
0314552 del 10.4.2020 e come da Determina U360729 DEL 20.4.2020
(regolamento delle USCAR), che vengono istituite le Uscar che si occuperanno prevalentemente delle RSA , dove registriamo una
situazione critica (che probabilmente non si sarebbe verificata
se non fosse stata fatta la scelta di ricoverare li’ i pazienti covid positivi) ed in maniera ” residuale” dei soggetti a domicilio che non siano presi in carico da altra “forma organizzativa”.
Quali sarebbero le “forme organizzative abituali?
Non ci risulta che ne siano previste altre.

A casa di questi pazienti continueranno forse ad andare a mani nude i medici di continuità assistenziale e medici di famiglia? A mani nude perché sicuramente non basterà l’unica mascherina chirurgica consegnata ai medici di guardia medica o nessuna mascherina consegnata ai medici di famiglia più fortunati e in ASL piu’ generose”.
Quindi ancora lo Smi, “In questi mesi abbiamo imparato, sulla nostra pelle cosa significa non osservare le misure di biocontenimento e non vogliamo lasciare, nel Lazio, altre vittime sul campo e soprattutto vogliamo, per i nostri pazienti fare qualcosa di piu’ che prescrivere paracetamolo e dare consigli
telefonici.

Pertanto spiega il sindacato, “Chiediamo che venga recepito il dpcm del 9 marzo 2020 e che vengano istituite le USCA (questa volta senza r), che interagiscano con i Mmg per la presa in carico dei pazienti che segnaliamo e che vogliamo curare al loro domicilio”.
“Siamo molto preoccupati di dover affrontare una fase 2 che, in carenza di Dpi, in carenza di tamponi, in carenza di esami diagnostici e, soprattutto, nell’impossibilità di poter prescrivere terapia sul solo corredo sintomatologico clinico.
Ci appare abbastanza incerta e irta di difficoltà e sicuramente ci preoccupano le ultime Raccomandazioni regionali contenute nell’ ennesima ordinanza regionale del Z00034 del 18.4.2020 che consigliano addirittura l’ accesso senza utilizzo di mascherine dei pazienti che accedono agli ambulatori, in assenza di sintomi respiratori , come se non ci fosse già ampia letteratura sulla trasmissibilità del virus da parte degli asintomatici.
Auspichiamo che voglia confrontarsi anche con chi rappresenta a pieno titolo tutti i professionisti area medica della nostra Regione”, conclude la nota del SMI.

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