Il pane

La panificazione è uno dei sistemi, il più praticato al mondo, per rendere edibili le farine di cereali.
E le farine, o sfarinati per la panificazione, altro non sono che la riduzione dei semi delle piante di cereali attraverso i sistemi di macinazione e di successiva polverizzazione attraverso le setacciature.
Avremo quindi diverse selezioni di farine più o meno raffinate ovvero con maggiore presenza di amido( farine doppio e triplo zero) o con maggiore presenza di particolati proteici e di fibre (farine zero , farine integrali).
Le farine di cereali non sono assimilabili dal corpo umano se non dopo essere state sottoposte a cottura.
Cotture molto semplici sono quelle che usano la bollitura in acqua degli sfarinati e sono adatte a ad alcuni farine come quelle di mais ( polente) o di grano duro (semolino).
Un altro modo di cuocere le farine e di ricavarne un impasto semiliquido con acqua ( e/o anche grasso sciolto) e di versarlo in una padella calda e rivoltarlo più volte così da ottenere un disco cotto da usare come raccoglitore di altro cibo ( tacos ) o da consumare secco.
Ma se vogliamo ottenere una quantità superiore di farina cotta dobbiamo pensare a farne delle forme e di cuocerle al forno.
Un impasto di una certa dimensione di farina non può essere cotto in forno se non viene sottoposto a processo di lievitazione, ovvero di fermentazione dei saccaridi tramite l’aggiunta di lieviti che provvedono a questa fermentazione e che generano, all’interno della massa, lo sviluppo di gas che produce l’alveolatura che altro non è la struttura interna e che determina poi la forma che abbiamo infornato.
La diversa alveolatura è una( solo una!) delle caratteristiche che contraddistinguono la varie tipologia di pane, che spesso si distinguono da paese a paese, da regione a regione.
Il pane di Caserta avrà un’alveolatura più fitta e ravvicinata , il pane dei paesi dei Monti Lepini( pur nelle loro differenze) avrà un’alveolatura irregolare con ampie cavità.
Alcune religioni impediscono l’uso di lieviti nella panificazione ( ebraismo) per cui il pane azzimo ( privo di lievito) non potrà mai avere forma a sviluppo ortogonale.
L’argomento merita un’enciclopedia che non può essere riassunta in una pagina, ovviamente.
Sarebbe giusto ed interessante spiegare altri modi di ottenere la crescita di diversi impasti di sfarinati e le possibiltà di cotture diverse e di diversa consistenza ed uso.
Il pane carasau di Sardegna, la pasta briseè, la pasta sfoglia, i profiterolle, il pan carrè, la piadina Romagnola, i crackers , i grissini di Torino ,le gallette, per non parlare di tutta la pasticceria a base di farine.
Potrei scrivere di altri tipi di farine che possono essere usate per la panificazione, con risultati meno interessanti( castagne).
Sono nato e cresciuto in una città mutliculturale, almeno sotto il punto di vista del gastronomo, e ricordo che i forni offrivano una grande differenza di pani: Il ferrarese( ormai quasi scomparso ) il mantovano( idem) , la pagnotta di Terni, le ciriole, il cazzotto, il coreano.
Pani che dovevano durare, pani che erano preziosi.
E ricordo bene che se cadeva in terra un boccone di pane quando si era a tavola si provvedeva a pulirlo, baciarlo e rimetterlo in tavola.
Era frutto di tanta fatica e tutti sembravano saperlo.

Agostino Mastrogiacomo Chef

La panificazione è uno dei sistemi, il più praticato al mondo, per rendere edibili le farine di cereali.
E le farine, o sfarinati per la panificazione, altro non sono che la riduzione dei semi delle piante di cereali attraverso i sistemi di macinazione e di successiva polverizzazione attraverso le setacciature.
Avremo quindi diverse selezioni di farine più o meno raffinate ovvero con maggiore presenza di amido( farine doppio e triplo zero) o con maggiore presenza di particolati proteici e di fibre (farine zero , farine integrali).
Le farine di cereali non sono assimilabili dal corpo umano se non dopo essere state sottoposte a cottura.
Cotture molto semplici sono quelle che usano la bollitura in acqua degli sfarinati e sono adatte a ad alcuni farine come quelle di mais ( polente) o di grano duro (semolino).
Un altro modo di cuocere le farine e di ricavarne un impasto semiliquido con acqua ( e/o anche grasso sciolto) e di versarlo in una padella calda e rivoltarlo più volte così da ottenere un disco cotto da usare come raccoglitore di altro cibo ( tacos ) o da consumare secco.
Ma se vogliamo ottenere una quantità superiore di farina cotta dobbiamo pensare a farne delle forme e di cuocerle al forno.
Un impasto di una certa dimensione di farina non può essere cotto in forno se non viene sottoposto a processo di lievitazione, ovvero di fermentazione dei saccaridi tramite l’aggiunta di lieviti che provvedono a questa fermentazione e che generano, all’interno della massa, lo sviluppo di gas che produce l’alveolatura che altro non è la struttura interna e che determina poi la forma che abbiamo infornato.
La diversa alveolatura è una( solo una!) delle caratteristiche che contraddistinguono la varie tipologia di pane, che spesso si distinguono da paese a paese, da regione a regione.
Il pane di Caserta avrà un’alveolatura più fitta e ravvicinata , il pane dei paesi dei Monti Lepini( pur nelle loro differenze) avrà un’alveolatura irregolare con ampie cavità.
Alcune religioni impediscono l’uso di lieviti nella panificazione ( ebraismo) per cui il pane azzimo ( privo di lievito) non potrà mai avere forma a sviluppo ortogonale.
L’argomento merita un’enciclopedia che non può essere riassunta in una pagina, ovviamente.
Sarebbe giusto ed interessante spiegare altri modi di ottenere la crescita di diversi impasti di sfarinati e le possibiltà di cotture diverse e di diversa consistenza ed uso.
Il pane carasau di Sardegna, la pasta briseè, la pasta sfoglia, i profiterolle, il pan carrè, la piadina Romagnola, i crackers , i grissini di Torino ,le gallette, per non parlare di tutta la pasticceria a base di farine.
Potrei scrivere di altri tipi di farine che possono essere usate per la panificazione, con risultati meno interessanti( castagne).
Sono nato e cresciuto in una città mutliculturale, almeno sotto il punto di vista del gastronomo, e ricordo che i forni offrivano una grande differenza di pani: Il ferrarese( ormai quasi scomparso ) il mantovano( idem) , la pagnotta di Terni, le ciriole, il cazzotto, il coreano.
Pani che dovevano durare, pani che erano preziosi.
E ricordo bene che se cadeva in terra un boccone di pane quando si era a tavola si provvedeva a pulirlo, baciarlo e rimetterlo in tavola.
Era frutto di tanta fatica e tutti sembravano saperlo.

Agostino Mastrogiacomo Chef

La panificazione è uno dei sistemi, il più praticato al mondo, per rendere edibili le farine di cereali.
E le farine, o sfarinati per la panificazione, altro non sono che la riduzione dei semi delle piante di cereali attraverso i sistemi di macinazione e di successiva polverizzazione attraverso le setacciature.
Avremo quindi diverse selezioni di farine più o meno raffinate ovvero con maggiore presenza di amido( farine doppio e triplo zero) o con maggiore presenza di particolati proteici e di fibre (farine zero , farine integrali).
Le farine di cereali non sono assimilabili dal corpo umano se non dopo essere state sottoposte a cottura.
Cotture molto semplici sono quelle che usano la bollitura in acqua degli sfarinati e sono adatte a ad alcuni farine come quelle di mais ( polente) o di grano duro (semolino).
Un altro modo di cuocere le farine e di ricavarne un impasto semiliquido con acqua ( e/o anche grasso sciolto) e di versarlo in una padella calda e rivoltarlo più volte così da ottenere un disco cotto da usare come raccoglitore di altro cibo ( tacos ) o da consumare secco.
Ma se vogliamo ottenere una quantità superiore di farina cotta dobbiamo pensare a farne delle forme e di cuocerle al forno.
Un impasto di una certa dimensione di farina non può essere cotto in forno se non viene sottoposto a processo di lievitazione, ovvero di fermentazione dei saccaridi tramite l’aggiunta di lieviti che provvedono a questa fermentazione e che generano, all’interno della massa, lo sviluppo di gas che produce l’alveolatura che altro non è la struttura interna e che determina poi la forma che abbiamo infornato.
La diversa alveolatura è una( solo una!) delle caratteristiche che contraddistinguono la varie tipologia di pane, che spesso si distinguono da paese a paese, da regione a regione.
Il pane di Caserta avrà un’alveolatura più fitta e ravvicinata , il pane dei paesi dei Monti Lepini( pur nelle loro differenze) avrà un’alveolatura irregolare con ampie cavità.
Alcune religioni impediscono l’uso di lieviti nella panificazione ( ebraismo) per cui il pane azzimo ( privo di lievito) non potrà mai avere forma a sviluppo ortogonale.
L’argomento merita un’enciclopedia che non può essere riassunta in una pagina, ovviamente.
Sarebbe giusto ed interessante spiegare altri modi di ottenere la crescita di diversi impasti di sfarinati e le possibiltà di cotture diverse e di diversa consistenza ed uso.
Il pane carasau di Sardegna, la pasta briseè, la pasta sfoglia, i profiterolle, il pan carrè, la piadina Romagnola, i crackers , i grissini di Torino ,le gallette, per non parlare di tutta la pasticceria a base di farine.
Potrei scrivere di altri tipi di farine che possono essere usate per la panificazione, con risultati meno interessanti( castagne).
Sono nato e cresciuto in una città mutliculturale, almeno sotto il punto di vista del gastronomo, e ricordo che i forni offrivano una grande differenza di pani: Il ferrarese( ormai quasi scomparso ) il mantovano( idem) , la pagnotta di Terni, le ciriole, il cazzotto, il coreano.
Pani che dovevano durare, pani che erano preziosi.
E ricordo bene che se cadeva in terra un boccone di pane quando si era a tavola si provvedeva a pulirlo, baciarlo e rimetterlo in tavola.
Era frutto di tanta fatica e tutti sembravano saperlo.

Agostino Mastrogiacomo Chef

La panificazione è uno dei sistemi, il più praticato al mondo, per rendere edibili le farine di cereali.
E le farine, o sfarinati per la panificazione, altro non sono che la riduzione dei semi delle piante di cereali attraverso i sistemi di macinazione e di successiva polverizzazione attraverso le setacciature.
Avremo quindi diverse selezioni di farine più o meno raffinate ovvero con maggiore presenza di amido( farine doppio e triplo zero) o con maggiore presenza di particolati proteici e di fibre (farine zero , farine integrali).
Le farine di cereali non sono assimilabili dal corpo umano se non dopo essere state sottoposte a cottura.
Cotture molto semplici sono quelle che usano la bollitura in acqua degli sfarinati e sono adatte a ad alcuni farine come quelle di mais ( polente) o di grano duro (semolino).
Un altro modo di cuocere le farine e di ricavarne un impasto semiliquido con acqua ( e/o anche grasso sciolto) e di versarlo in una padella calda e rivoltarlo più volte così da ottenere un disco cotto da usare come raccoglitore di altro cibo ( tacos ) o da consumare secco.
Ma se vogliamo ottenere una quantità superiore di farina cotta dobbiamo pensare a farne delle forme e di cuocerle al forno.
Un impasto di una certa dimensione di farina non può essere cotto in forno se non viene sottoposto a processo di lievitazione, ovvero di fermentazione dei saccaridi tramite l’aggiunta di lieviti che provvedono a questa fermentazione e che generano, all’interno della massa, lo sviluppo di gas che produce l’alveolatura che altro non è la struttura interna e che determina poi la forma che abbiamo infornato.
La diversa alveolatura è una( solo una!) delle caratteristiche che contraddistinguono la varie tipologia di pane, che spesso si distinguono da paese a paese, da regione a regione.
Il pane di Caserta avrà un’alveolatura più fitta e ravvicinata , il pane dei paesi dei Monti Lepini( pur nelle loro differenze) avrà un’alveolatura irregolare con ampie cavità.
Alcune religioni impediscono l’uso di lieviti nella panificazione ( ebraismo) per cui il pane azzimo ( privo di lievito) non potrà mai avere forma a sviluppo ortogonale.
L’argomento merita un’enciclopedia che non può essere riassunta in una pagina, ovviamente.
Sarebbe giusto ed interessante spiegare altri modi di ottenere la crescita di diversi impasti di sfarinati e le possibiltà di cotture diverse e di diversa consistenza ed uso.
Il pane carasau di Sardegna, la pasta briseè, la pasta sfoglia, i profiterolle, il pan carrè, la piadina Romagnola, i crackers , i grissini di Torino ,le gallette, per non parlare di tutta la pasticceria a base di farine.
Potrei scrivere di altri tipi di farine che possono essere usate per la panificazione, con risultati meno interessanti( castagne).
Sono nato e cresciuto in una città mutliculturale, almeno sotto il punto di vista del gastronomo, e ricordo che i forni offrivano una grande differenza di pani: Il ferrarese( ormai quasi scomparso ) il mantovano( idem) , la pagnotta di Terni, le ciriole, il cazzotto, il coreano.
Pani che dovevano durare, pani che erano preziosi.
E ricordo bene che se cadeva in terra un boccone di pane quando si era a tavola si provvedeva a pulirlo, baciarlo e rimetterlo in tavola.
Era frutto di tanta fatica e tutti sembravano saperlo.

Agostino Mastrogiacomo Chef

 

 

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