Oleg Blochin – di Gianpiero Parente

Anni 70
l’Europa è divisa in due.
Una cortina di ferro divide l’occidente dall’oriente.
L’Ucraina è una delle quindici repubbliche socialiste sovietiche, l’avamposto occidentale.
La capitale è Kiev, città sorta sulle rive del fiume Dnepr.
La squadra locale, la Dinamo, è una realtà emergente del calcio sovietico.
La guida tecnica è affidata Valeri Lobanosky, ex colonnello della Armata Rossa e pioniere
del “calcio scientifico”
Un’ idea di football in cui Il concetto di universalità è elevato a dogma e nulla è lasciato al caso.
Gli allenamenti sono estenuanti.
Il calcio concepito dal colonnello è un calcio atletico.
La stella è Oleg Blochin, giovanotto di un metro ottanta.
Di ruolo attaccante, è un mancino naturale.
Il colonnello vuole che sia ambidestro e lo costringe ad allenamenti specifici.
Blochin, costretto a tirare bendato, lo diventa.
La sua velocità è strabiliante. Ed è tutta una questione di DNA.
La madre, Katerina Zakharivna Adamenko, è una campionessa mondiale dei
quattrocento metri.
Come velocista, ha dei numeri impressionanti per un calciatore.
Arriva a correre i cento metri in 10″8.
Una dote fondamentale nella filosofia di gioco voluta dal suo allenatore.
Non a caso, la Dynamo ha lo stesso allenatore del quattrocentista Borzov, storico rivale di Mennea.
Si tratta di Valentin Petrovsky, una laurea in biologia ed autentica istituzione dello sport sovietico.
L’altro pezzo forte è il dribbling, specialità che, unita alla velocità, lo rende immarcabile.
Nel 72, ad appena venti anni, è capocannoniere del campionato sovietico.
L’anno della consacrazione è il 1974.
Scudetto e titolo nazionale.
Nel 1975, la Dynamo Kiev è in coppa delle Coppe.
Un’occasione irripetibile per ottenere la consacrazione internazionale.
I sovietici sono inarrestabili.
Dominano la competizione e approdano in finale.
Si gioca a Basilea, in Svizzera.
I rivali sono gli ungheresi del Ferencvaros.
Comunque vada, la coppa resterà ad est.
La stella dei magiari è Tibor Nyilasi, attaccante e leader della nazionale.
La sfida è senza storia.
Gli ucraini superano tre e zero i rivali e si aggiudicano la coppa.
Blochin realizza la marcatura del definitivo tre a zero.
Azione tipica del suo repertorio, salta il difensore, dribbla il portiere e poi diagonale.
La ribalta più importante arriva però qualche mese dopo.
Si disputa la Supercoppa Europea contro la detentrice della Coppa dei Campioni.
La rivale è il Bayern Monaco.
I teutonici sono una macchina da guerra, con delle eccellenti individualità.
Il capitano Beckembauer, il bomber Gerd Muller e un giovanotto che farà parlare di se, Karl Heinz Rumenigge.
L’andata si disputa a Monaco di Baviera.
I padroni di casa partono con i favori del pronostico.
Ma è Oleg Blochin a scrivere la storia.
Una corsa sulla sinistra imponente, le movenze di un ghepardo.
Ippomene che rincorre Atalanta.
Giunto al limite del’area, rientra col destro, dribbla e realizza il gol decisivo.
Un’azione individuale di rara bellezza.
Un simposio di tecnica e atletismo, con pochi eguali nella storia del calcio.
A Kiev, sarà sempre Blochin a regolare i conti.
Finisce due a zero.
La “freccia dell’est” alza un altro trofeo.
L’ascesa nell’olimpo degli dei è compiuta.
Pochi mesi dopo, giungerà il pallone d’oro.

Gianpiero Parente

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(foto: Wikipedia.it)

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