Rudy Krol, “l’olandese volante” – di Gianpiero Parente

Jodenbuurt, ghetto di Amsterdam.
Qui vi è insediata una delle più vaste comunità ebraiche d’Europa.
Nel seicento, gli ebrei esuli dalla in Spagna, i sefarditi, vi si trasferirono per sfuggire alla Santa Inquisizione.
Vi elesse la sua dimora, da adulto, il pittore olandese Rembradt.
La convivenza tra gli ebrei ortodossi e la tollerante comunità olandese autoctona sarà un tema ricorrente nella sua produzione artistica.
Il 14 maggio 1940, l’Olanda capitola dinanzi all’avanzata tedesca.
Nel quartiere ebraico, inizia la deportazione.
Kuki Krol è un ex calciatore e, a Jodenbuurt, vende biciclette.
Nel suo negozio, gli ebrei si nascondono per sfuggire ai rastrellamenti.
La loro speranza è reperire documenti falsi e fuggire da Amsterdarm.
Il club eletto a simbolo di questa comunità è l’Ajax, il cui stadio, il De Meer, dista appena 4 chilometri dal ghetto.
Kuki Krol ne è socio.
Ed è attorno a questo club, molto popolare tra gli ebrei, che si struttura le resistenza antitedesca.
L’effige del club ritrae Ajace Talemonio, re di Talamina, tragico eroe dell’epica ellenica.
Il valoroso guerriero acheo a cui vennero negate le armi del defunto Achille e a cui il fato poi rese giustizia.
Nel 1949, quattro anni dopo la fine della guerra, nasce suo figlio, Rudi Krol.
Il ragazzo ha talento ed entra nelle giovanili dell’Ajax.
Nell’estate del 1969, entra in prima squadra.
Theo van Duivenbode, terzino sinistro titolare, viene ceduto ai rivali del Feyernoord.
Con l’Ajax ha appena sfiorato il titolo europeo, e, con la maglia del club di Rotterdam, lo vincerà l’anno successivo.
Krol ne è l’erede designato.
L’eredità è pesante, ma il giovanotto ha stoffa e si fa subito apprezzare.
Alla guida dei lancieri, c’è Rinus Michels, tecnico avanguardista, ideatore del “totaalvoetbal”, una filosofia di gioco rivoluzionaria.
Un concetto di calcio, il suo, non solo mai praticato prima, ma neppure mai pensato prima.
L’Ajax, con Krol a presidiare la fascia sinistra, ritenta l’assalto alla coppa dei Campioni.
Nel 71, il sogno diventa realtà.
I lancieri sconfiggono il Panathinaikos in finale e si laureano campioni d’Europa.
Krol è assente perché infortunato.
Nel 72, l’epopea continua.
L’allenatore non è più Rinus Michels, ma Stefan Kovacs, tecnico rumeno di origine magiare.
La finale è a Rotterdam.
L’avversario è l’inter di Invernizzi.
Stavolta Krol è in campo ed è uno dei protagonisti della vittoria finale.
L’anno successivo, ancora una volta finale.
Si gioca a Belgrado e l’avversaria è un’altra italiana, la Juventus di Vtpalek.
Krol è in campo e se la vede con Altafini.
L’Ajax vince uno a zero si aggiudica la terza coppa dei campioni.
E’ l’ultimo atto di un ciclo con pochi eguali nella storia.
In estate, Crujfff accetta l’offerta del Barcellona ed inizia la diaspora.
Un anno dopo, per i ragazzi di Amsterdam, si profila un’altra grande ribalta.
Si disputano i mondiali in Germania Ovest.
La nazionale è allenata da Michels e, come immaginabile, si fonda sul blocco Ajax.
L’Olanda partecipa ai mondiali per la prima volta nel dopoguerra.
Il primo girone è una formalità.
Nel secondo, quello in cui è in palio l’accesso alla finale, ci sono Argentina e Brasile.
La sfida con l’Argentina è la massima espressione del calcio totale.
Gli olandesi vincono quattro a zero, ma danno l’impressione di poterne fare dieci, di gol.
Krol, con una sassata di prima intenzione ai danni dell’incolpevole Carnevali, realizza il gol del due a zero.
Si percepisce nitido il divario abissale tra un’idea di calcio futuristica ed una relegata ormai a retaggio del passato.
La finale è con la Germania Ovest di Helmut Schon.
Un commissario tecnico di indubbio valore, capace di condurre i tedeschi prima in finale nel 66 e poi in semifinale nel 70.
La sua nazionale si fonda su due blocchi, quello del Bayern Monaco, squadra destinata a fare la storia, e quello del Borussia Moncheglabach.
Il leader indiscusso è Franz Beckembauer, miglior centrale difensivo di ogni tempo.
Quattro anni prima, è stato protagonista dell’epica sfida con l’Italia a Città del Messico.
Gli sportivi lo ricordano per essere rimasto in campo malgrado una spalla lussata.
Gli olandesi partono fortissimo e passano in vantaggio.
Crruyff viene atterrato al limite dall’area e Neskens trasforma il penalty.
Gli uomini di Michels fraseggiano con la consueta disinvoltura ma non sembrano interessanti ad infierire il colpo di grazia.
Come Narciso dinanzi alla sua immagine riflessa, paiono innamorati della loro stessa bellezza.
Il furore agonistico delle precedenti gare sembra sopito.
I teutonici prendono coraggio.
Stavolta è Bernd Hölzenbein ad essere atterrato in aerea.
L’arbitro concede il rigore e Breitner trasforma.
E’ uno a uno.
L’inerzia della gara cambia inevitabilmente.
A fine primo tempo, l’episodio decisivo.
Gerd Muller, il centravanti della Germania, viene servito in area di rigore.
Krol tenta vanamente di ostacolarlo in scivolata, ma il perfido diagonale dell’attaccante tedesco gli passa sotto le gambe.
Un errore fatale che Crujff gli rinfaccerà più volte.
Il titolo iridato andrà alla Germania Ovest.
L’olanda di Michels, protagonista assoluta del mondiale, chiude al secondo posto.
La grande bellezza dei tulipani cede dinanzi al pragmatismo tedesco.
Negli anni a venire, l’Ajax di Krol, uno dei pochi a restare ad Amsterdam, si manterrà al vertice del calcio olandese.
La stagione dei trionfi europei è però esaurita.
Nel 1980, arriva la chiamata da un club canadese.
Krol si trasferisce a Vancouver, ma, in nord America, non si ambienta.
Qualcuno, dall’altra parte dell’oceano, lo viene immediatamente a sapere.
Si tratta di Antonio Juliano, già capitano del Napoli, ora nuovo direttore generale.
E’ il settembre del 1980, Juliano si imbarca per Vancouver e ritorna con un contratto firmato.
Krol, dopo il breve esilio canadese, è ufficialmente del Napoli.
L’allenatore dei partenopei è Rino Marchesi.
Un signore milanese, introverso, dai modi misurati e dall’aplomb britannico.
Reduce dalla positiva esperienza alla guida dell’Avellino di Sibilia, è accolto con scettiscismo dall’ambiente.
A sinistra, gioca Luciano Marangon, forte ed esuberante terzino veneto.
Si narra che amasse trascinare Krol nella movida napoletana e che, per questo, non fosse molto simpatico alla moglie dell’olandese.
In attacco, il romano Claudio Pellegrini.
Un attaccante agile, bravo a sfruttare al meglio i tagli millimetrici dell’olandese.
La sua sarà una ottima stagione, ma non si ripeterà più a quei livelli.
Accanto a lui, Gaetano Musella, funambolico napoletano del quartiere Fuorigrotta.
Un piede destro educatissimo e una strabiliante maestria nel distribuire assist.
Krol si piazza al cento della difesa e ne assume la leadership.
La sua interpretazione del ruolo di centrale difensivo è qualcosa di inedito per il calcio italiano.
Nel suo repertorio, uscite palla al piede e lanci con il contagiri.
L’idea del difensore arcigno e dai piedi ruvidi, al suo cospetto, sembra ormai preistoria.
A poche giornate dalla fine, gli azzurri sono in testa alla classifica.
Il 21 aprile 1981, il Perugia è di scena al San Paolo.
L’avversario e modesto e il Napoli, in corsa per il titolo, non può concedersi passi falsi.
Ed invece, ciò che non era immaginabile accade.
L’anonimo difensore Moreno Ferrario devia verso la propria porta.
Ospiti in vantaggio.
A nulla serve la reazione rabbiosa dei padroni di casa.
Il risultato resta invariato, zero a uno.
Il sogno dell’agognato primo scudetto sfuma nella maniera più incredibile.
L’avventura napoletana di Krol, condizionata gli anni a venire da problemi al ginocchio,
terminerà nel 1984.
Ed anche la sua straordinaria carriera.

Gianpiero Parente

 

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(foto: calcio-giocato.com)

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