Il patrimonio immobiliare Italiano

Il patrimonio immobiliare italiano , ovvero il valore degli immobili presenti sul territorio della nostra nazione, rappresenta una delle colonne di forza economica del nostro paese. Alcuni economisti dicono che è il pilastro che sostiene tutta la politica economica dello stato.
E può dirsi di si, visto che esso è tre volte il Prodotto Interno Lordo (PIL) .( Ovvero più di 6000 miliardi)
Ma come è distribuito? Ad ogni vano corrisponde un eguale valore in ogni luogo della nazione?
Ovviamente no.
Analizzare  come è differenziato questo patrimonio  è molto interessante.
La maggior parte di questo valore è concentrato nelle più grandi città italiane.
In particolare Roma, Milano, Napoli, e poi  Genova, Firenze, Bari, Palermo, Torino, Bologna assumono gran parte di questo valore stimato in circa 1,300 miliardi ovvero il 25% circa  del totale e dove Roma fa la parte del leone con 460 miliardi e poi Milano ( 207) e Napoli (104). (Dati MEF aggiornati a gennaio 2020)
Una buona parte del rimanente valore è presente nei centri minori ma che possono avere grande interesse e mercato come Siena, Venezia, Mantova, Ferrara, Verona, Lucca, Pisa, Perugia ed altre città di particolare pregio.
Il rimanente del grande patrimonio immobiliare italiano è nei centri rurali, nei paesi sia di pianura , di riviera e soprattutto di collina e montagna ed assomma a circa il 20%
Questo particolare bene materiale nel suo insieme è a rischio svalutazione.
Rapida svalutazione, visto che negli ultimi 15 anni è diminuito  complessivamente del 18°%. e in particolare negli ultimi 7 anni.
Come possiamo rivalutare questo patrimonio che in fin dei conti appartiene ad ognuno di noi e che in buona parte si tratta di beni ereditati , di seconde o terze case spesso sfitte e in cerca di acquirenti a prezzo di mercato?
La strada pare in salita, tanto per fare eufemismo.
L’Europa( visto che è un problema europeo quello dello spopolamento dei centri rurali) ha rinforzato i fondi strutturali del terzo pilastro dei nuovi PSR per i prossimi 6 anni proprio per arginare e controrilanciare questo esodo che pare inarrestabile.
Nuove risorse( a mio giudizio insufficienti)  stanno per essere destinate a nuove azioni di rilancio sull’attrattività e sulla stabilizzazione economica dei paesi con meno di 3000 abitanti, visto che le precedenti somme impegnate hanno prodotto scarsi risultati per diversi motivi che sarebbe il caso di esaminare.
Il concetto, che è semplice ma non è di facile realizzazione, è quello di legare la convenienza economica all’acquisto di una casa in un paese, ed il conseguente trasferimento  da parte di un nucleo familiare, ad un aumento del valore della propria qualità di vita, non solo teoricamente ma attraverso una buona fruizione di benefit diffusi legati al territorio.
Unire un bene materiale( la casa) ad un bene immateriale ma ugualmente prezioso: il tempo e come utilizzarlo.
Ovvero l’investimento economico più intelligente e vantaggioso che si possa realizzare.
E’ innegabile che tra vivere in una periferia urbana ( attualmente chi vive in un centro città è circa il 50 % dell’intero insieme dei cittadini di tutto un comune, la rimanente metà è decentrata in periferie ) e vivere in un centro rurale quest’ultimo risulterebbe più attraente grazie ad una serie di attributi sociali positivi  che è pure inutile elencare.
Ma è veramente così? Non proprio.
Se si tratta di una famiglia con due figli  che fanno percorsi formativi diversi la cosa diventa complicata e costosa. La mobilità verrebbe a cosare circa 250 euro al mese in più che in città.
Accedere ai servizi sanitari è decisamente più complesso, visto che essi sono per lo più concentrati nelle città e le misure adottate per venire incontro alle persone che necessitano di visite mediche, consulti, cure domiciliari , diagnostica , riabilitazioni, sono deboli e tutte da verificare (Es. visite e terapie on line ).
Se ci mettiamo che il 45% dell’attuale popolazione presente nei paesi rurali ha un’età superiore ai 65 anni (percentuale in rapido aumento) si comprende bene che la situazione è molto critica anche e soprattutto per le amministrazioni locali che dovrebbero con le loro iniziative e con il peso politico, indicare  e promuovere vie di sviluppo dei territori che siano utili a sollevare la rapida agonia dei paesi, particolarmente quelli di collina.
Non aiuta l’orografia dei paesi stessi, spesso situati  in salita e ricchi di barriere architettoniche che paradossalmente sono anche il loro manto di pregio e che, attualmente, non possono essere modificate.
L’esodo dai paesi  e dalle campagne verso le città è storia vecchia, visto che alla fine dell’800 l’80% dell’intero popolo italiano viveva fuori dalle città, ma se questo ha rappresentato comunque una miglioramento della qualità della vita di decine di milioni di italiani e delle loro famiglie, oggi possiamo affermare che perdere la vitalità nei nostri centri rurali equivale ad una sconfitta culturale, sociale ed economica di grande portata, forse insostenibile.
Appaiono singolari e comunque positive quelle iniziative che hanno visto e vedono sindaci di paesi che in tutt’Italia ricorrono alla vendita strategica di immobili e residenze al costo simbolico di un euro a patto di vedere una persona, un nucleo familiare trasferirsi armi e bagagli nel loro comune.
Non sono iniziative di bandiera: anche una sola persona aiuta l’economia di un piccolo centro. Dieci, cento persone rigenerano fiducia e moltiplicano i fattori di sviluppo.
In questo senso le politiche di integrazione tra popolazioni immigrate da altre nazioni e nostre comunità rurali, per quanto difficili ed improbabili , sarebbero le migliori possibili ed avrebbero una sicura efficacia in quanto uniscono diverse esigenze che convergono tra input ed output , tra bisogni e necessità.
Ma è una strada ancora più in salita , soprattutto per una questione culturale e di  difesa identitaria, che poi in qualche modo rappresenta proprio l’elemento di distinzione e di qualificazione che è insito nelle tradizioni e nel tessuto culturale del patrimonio urbano rurale del nostro fantastico paese.
La soluzione è lontana ma la strada è una sola: per valorizzare appieno il patrimonio immobiliare italiano presente nelle realtà urbane di collina e periferiche la via è quella che porta all’eliminazione o allo smussamento delle differenze sociali che attualmente dividono le città ed aree metropolitane e il “contado”, ovvero tutte le aree che restano tagliate fuori da servizi essenziali quali la mobilità, la sanità, la scuola e la formazione, i presidi di sicurezza. Anche usando nuove tecnologie disponibili questo divario deve essere colmato.
Solo dopo sarà possibile dare corso a progetti di sviluppo omogenei e di ampie vedute come quelli di offrire anche al mondo intero la possibilità di soggiornare, vivere, praticare la Italian Way Of Life, ovvero il bene immateriale ed inesauribile di enorme valore di cui disponiamo.

Agostino Mastrogiacomo
Presidente Acliterra Latina

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