CORONAVIRUS. COLDIRETTI: A RISCHIO 460 MLN EXPORT CIBO ITALIANO IN CINA
(DIRE) Roma, 3 feb. – Il clima recessivo provocato dall’emergenza
coronavirus si estende dai mercati finanziari a quelli delle
materie prime fino al commercio reale con una brusca frenata
delle esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy in
Cina dopo aver fatto segnare il record storico nel 2019 per un
valore stimato in 460 milioni di euro, con un aumento del 5%
grazie alla progressiva apertura del gigante asiatico a stili di
vita occidentali. E’ quanto emerge da una analisi della
Coldiretti sulla base delle proiezioni su dati Istat relative ai
primi dieci mesi del 2019.
I vincoli ai trasporti per cercare di contenere il contagio –
sottolinea la Coldiretti – si stanno riflettendo anche sulla
logistica delle merci con incertezze e ritardi che impattano
sugli scambi commerciali. A pesare – precisa la Coldiretti – sono
anche i limiti agli spostamenti interni dei cittadini cinesi che
cambiano le abitudini di consumo soprattutto fuori casa. A pagare
un conto salato rischia di essere dunque il Made in Italy a
tavola con il vino che e’ il prodotto tricolore più esportato in
Cina per un valore stimato dalla Coldiretti in 140 milioni di
euro nel 2019. La Cina – sottolinea la Coldiretti – per effetto
di una crescita ininterrotta della domanda e’ entrata nella lista
dei cinque Paesi che consumano più vino nel mondo ma e’ in testa
alla classifica se si considerano solo i rossi.
A frenare le spedizioni agroalimentari Made
in Italy – continua la Coldiretti – sono le barriere tecniche
ancora presenti per le produzioni nazionali. Se infatti e’ stato
rimosso nel 2016 il bando sulle carni suine italiane e nel 2018
le frontiere si sono aperte in Cina per l’erba medica italiana,
al momento per quanto riguarda la frutta fresca – evidenzia la
Coldiretti – l’Italia può esportare in Cina solo kiwi e agrumi
mentre sono ancora bloccate le mele e le pere oggetto di uno
specifico negoziato. Bisogna superare gli ostacoli tecnici alle
esportazioni agroalimentari Made in Italy per riequilibrare i
rapporti commerciali nell’agroalimentare con le importazioni
dalla Cina che – rileva la Coldiretti – hanno superato di quasi
il 50% il valore delle esportazioni per un valore stimato in 680
milioni nel 2019.
Ma l’impatto dell’emergenza coronavirus sui mercati
agroalimentari colpisce l’Italia anche indirettamente come
dimostra il fatto che le quotazioni della soia sono crollate per
nove giorni consecutivi al Chicago Board of Trade, punto di
riferimento mondiale del commercio delle materie prime agricole,
secondo l’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia che
il prezzo della soia sul mercato futures e’ sceso di circa il 10%
dall’inizio dell’anno sull’onda delle crescenti preoccupazioni
sul calo della domanda del mercato cinese.
Una conseguenza dell’emergenza sanitaria
che si riflette – sottolinea la Coldiretti – sull’economia cinese
ma che ha anche un effetto valanga sul mercato globale. La Cina
infatti è la più grande consumatrice mondiale di soia ed è
costretta ad importarla per utilizzarla nell’alimentazione del
bestiame in forte espansione con i consumi di carne. La soia –
precisa la Coldiretti – e’ uno dei prodotti agricoli più
coltivati nel mondo, con gli Stati Uniti che si contendono con il
Brasile il primato globale nei raccolti.
Ora la frenata dell’economia e la conseguente riduzione degli
acquisti da parte del gigante asiatico potrebbe far cambiare i
programmi e modificare gli equilibri raggiunti con nuove tensioni
sui rapporti commerciali e sull’economia mondiale che – sostiene
la Coldiretti – vanno ben oltre il settore agricolo.
L’andamento delle quotazioni dei prodotti agricoli e’ infatti
– sottolinea la Coldiretti – sempre più fortemente integrato con
i movimenti di capitale che si spostano con facilità dai mercati
finanziari a quelli dei metalli preziosi come l’oro fino alle
materie prime agricole. Un cambiamento che riguarda direttamente
l’Italia che – precisa la Coldiretti – e’ il primo produttore
europeo di soia con circa il 50% della soia coltivata ma che e’
comunque deficitaria e deve importare.
Una situazione – conclude la Coldiretti – che va attentamente
monitorata dall’Unione Europea per salvaguardare un settore
chiave per la sicurezza e la sovranità alimentare soprattutto in
un momento in cui il cibo e’ tornato strategico nelle relazioni
internazionali, dagli accordi di libero scambio alle guerre
commerciali come i dazi di Trump, la Brexit o l’embargo con la
Russia.