1989-2019 / Pietro Stramba Badiale: Il Muro, i muri, la vergogna

Esattamente trent’anni fa, il 9 novembre 1989, si apriva la prima breccia ufficiale nel Muro di Berlino che per 29 anni aveva diviso la capitale tedesca. Una breccia diventata in breve una valanga che insieme al Muro ha sbriciolato anche la Repubblica democratica tedesca e ha contribuito alla fine dell’Unione Sovietica.

In questi giorni si moltiplicano le celebrazioni della fine di quel muro: quello fisico ma, soprattutto, quello simbolico: il Muro della vergogna, come veniva chiamato a Ovest, era la rappresentazione tangibile della divisione del mondo in due blocchi contrapposti, tra i quali era in corso dal 1945 una guerra definita “fredda” solo perché combattuta senza battaglie campali né bombardamenti a tappeto.

Colpisce che tra una ricostruzione storica più o meno di parte o più o meno romanzata e una commossa o retorica commemorazione, quell’evento di trent’anni fa venga continuamente indicato come quello che ha segnato la “fine della divisione del mondo in due blocchi”. In parte, è vero. Di sicuro ha segnato la fine della guerra fredda fra Stati Uniti e Unione Sovietica (una fine momentanea, però: solo momentanea, come possiamo constatare ogni giorno). Nessuno o quasi, però, sembra rendersi conto che una guerra, più o meno fredda ma di cui sono vittime direttamente migliaia e migliaia di persone e indirettamente molti milioni di esseri umani, è in corso tra due blocchi contrapposti: il blocco, ricco e feroce nella sua disumanità, dei paesi occidentali (con molti paesi europei in prima fila) contro il blocco del resto del mondo sconvolto da fame e sete, guerre, dittature, devastazione ambientale, miseria.

E nessuno o quasi sembra rendersi conto che oggi si celebra la caduta di un Muro stando all’ombra di altri muri, altrettanto se non più invalicabili e feroci di quello. Muri eretti da governi certo democraticamente eletti ma non per questo meno feroci, reazionari, dispotici e ottusi, in qualche caso ormai apertamente neofascisti e neonazisti. A testimonianza – lo diciamo tra parentesi, ma vale sempre la pena ricordarlo – che non è affatto vero che “il popolo ha sempre ragione”, come ripetono continuamente i nostri populisti, soprattutto quelli più reazionari: anche Hitler, nel 1933, fu votato democraticamente da una solida maggioranza di elettori tedeschi. E sappiamo com’è finita.

Celebriamola, allora, la caduta del Muro di Berlino. Ma celebriamola nell’unico modo a mio parere giusto e sensato: impegnandoci per abbattere quegli altri muri, non meno obbrobriosi di quello di Berlino, e per impedire che altri ancora ne vengano eretti. Perché non esistono le razze, perché non esistono religioni più giuste o più sbagliate delle altre, perché noi europei di oggi – è la scienza a confermarlo anche proprio in questi giorni – siamo tutti meticci, e discendiamo proprio da quelle aree del mondo – l’Africa settentrionale, la Palestina, la Mesopotamia, l’Ucraina, i Balcani – da cui oggi provengono quelli – i nostri cugini, geneticamente parlando – che ci affanniamo a respingere in tutti i modi e con i pretesti più miserabili.

Pietro Stramba Badiale – giornalista, Radio Dalla Parte del Torto

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