1989-2019/ Caterina Boca: i muri nel mondo

Ero una giovane adolescente nel 1989, ma già allora nutrivo un forte interesse per temi come i diritti Umani e la giustizia sociale e ritenevo intollerabile che adolescenti come me, in un Paese a poche ore di volo dal mio, potessero vivere sotto un regime totalitario che impediva loro di sentirsi liberi.

Aldilà della formazione, che mi ha portato negli anni a fare di quei temi anche la mia professione, e del mio impegno politico, continuo ad avere della caduta del muro di Berlino e di tutti gli avvenimenti che poco dopo si susseguirono, un ricordo vivo e spontaneo, quasi come potessi sentirle ancora quelle emozioni, allora cosi genuine e sincere.

La caduta del Muro rappresentò per tanti giovani come lo ero io,un segno importante che qualcosa stava cambiando. Certo, io potevo definirmi una persona libera nel mio Paese. Non c’erano coprifuoco, non avvertivo una limitazione dei miei diritti, delle mie opinioni. Vivevo probabilmente delle vittorie degli adolescenti che mi avevano preceduto negli anni 60 e 70. Eppure intuivo che non era realmente così. Ero già abbastanza matura e consapevole da capire come il mio destino fosse inevitabilmente legato a quello di migliaia di persone che vivevano invece la dittatura. Per questo quelle immagini mi tennero incollata alla tv per giorni e notti ed avvertivo che la loro gioia era anche mia. Mi sembrava che quello che stavano facendo non era solo per loro stessi ma in fondo apparteneva anche a me e mi avrebbe resa ancora più libera insieme a loro. I mesi e gli anni successivi furono ricchi di avvenimenti che ancora oggi ricordiamo, come la caduta dell’Unione Sovietica o la morte del dittatore Ceausescu ad esempio, e suscitarono in me la stessa emozione, lo stesso trepidante interesse, lo stesso senso di libertà e di possibilità.

Non durò molto, purtroppo. La guerra che di li a poco avrebbe dilaniato la Jugoslavia o l’incapacità dell’Italia di comprendere e gestire i flussi delle migliaia di cittadini albanesi che si riversarono in Italia dopo la fine della dittatura mi riportarono subito alla realtà e ci diedero la misura di come il cammino verso un mondo unito e solidale fosse ancora lungo e pieno di ostacoli.

Oggi è ancora così. La stagione dei muri non è finita e nel mondo ci sono ancora più di 30 muri o strutture comunque utilizzate per impedire il passaggio delle persone (fossi o fili spinati ad esempio), molti dei quali sono stati costruiti e pensati in epoche recenti. La loro costruzione è quasi sempre dettata daragioni di sicurezza e dalla necessità di regolamentare i flussi dei migranti, la circolazione delle persone. Sono presenti in tutti i continenti: tra Arabia Saudita e Yemen (2013), per impedire presunte infiltrazioni terroristiche, tra Ceuta e Melilla–Marocco(1990) per bloccare l’immigrazione irregolare dal Marocco nelle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla, tra Cipro zona greca–zona turca, cd linea verde (1974) dove il muro corrisponde alla linea del cessate il fuoco voluto dall’Onu in seguito al conflitto che divise l’isola, tra Bulgaria-Turchia (2014) per arginare i flussi migratori provenienti da est, tra Iran–Pakistan (2007) per proteggere il confine dalle infiltrazioni dei trafficanti di droga e dei gruppi armati sunniti, tra Israele–Egitto (2010) percontrastare terrorismo e immigrazione irregolare, tra Zimbabwe–Botswuana (2003) dove la motivazione ufficiale è contenere i contagi tra il bestiame ed evitare lo sconfinamento delle mandrie, ma in realtà la motivazione sembrerebbe essere quella di impedire l’arrivo di migranti irregolari, tra Corea del Nord–Corea del Sud(1953) che corrisponde alla divisione delle due Coree in seguito alla guerra del 1953, tra Marocco–Sahara occidentale, (1989) per difendere il territorio marocchino dal movimento indipendentista Fronte Polisario, tra Irlanda, Belfast cattolica–Belfast protestante, cd peace lines (1969), per separare i cattolici e i protestanti dell’Irlanda del Nord, tra Stati Uniti–Messico, cd muro di Tijuana (1994, potenziato di recente) per impedire l’arrivo negli Stati Uniti dei migranti irregolari messicani e bloccare il traffico di droga, tra Israele–Palestina (2002)per impedire l’entrata in Israele dei palestinesi e prevenire attacchi terroristici, tra India–Pakistan, cd line of control per dividere la regione del Kashmir in due zone, quella sotto il controllo indiano e quella sotto il controllo pachistano, tra India–Bangladesh(1989) per fermare il flusso di immigrati provenienti dal Bangladesh, bloccare traffici illegali e bloccare infiltrazioni terroristiche, tra Pakistan–Afghanistan, cd Durand Line per chiudere i contenziosi territoriali tra i due stati che risalgono all’epoca coloniale, tra il Kuwait–Iraq (1991) per arginare un’eventuale nuova invasione del Kuwait da parte dell’Iraq, dopo la guerra del golfo, tra la Grecia – Turchia c’è un Fossato (2011) fermare il flusso di migranti clandestini entrati dalla Turchia, tra l’Ungheria Serbia (2015) per respingere i migranti provenienti dai Balcani, tra la Turchia – Siria (2017) per motivi di sicurezza da terrorismo e sorveglianza, tra il Kenia – Somalia (2017) per motivi di sicurezza, tra la Norvegia – Russia (2017) per respingere i migranti, tra Estonia – Russia (2016 – 2018) per motivi di sicurezza. Tra il Sudafrica – Mozambico per impedire negli anni 90 il passaggio dei profughi mozambicani in fuga dalla guerra civile, tra Ungheria, Serbia e Croazia (2015) con finanziamenti chiesti all’UE impedire l’ingresso di migranti cosi come tra Austria – Slovenia, in piena Unione Europea quindi. Fanno riflettere i muri tra le Repubbliche baltiche – Russia, dovela Lituania ha costruito una barriera per difendersi da Russia e Bielorussia, mentre la Lettonia sta costruendo un muro per proteggersi dalla Russia, a Calais tra Francia – Gran Bretagna per fermare i migranti che cercano di superare la Manica.

Di recente avevamo sentito parlare di un muro al confine tra l’Italia e la Slovenia. Era stato l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini ad ipotizzarne la costruzione per fronteggiare gli arrivi massicci di migranti che quotidianamente affrontano la rotta balcanica per raggiungere l’Europa.

In ultimo il racconto dei due muri dell’America Latina. Il primo a Lima, la capitale del Perù ed il secondo a San Paolo in Brasile. In entrambi i casi questi muri si trovano all’interno della città ed il loro scopo sin dalla loro costruzione è quello di separare dal resto della città alcune zone degradate, quartieri che sembrano baraccopoli, dove talvolta non arrivano luce ed acqua, dove i bambini ed i giovani spesso non hanno speranza di ricevere un’istruzione dignitosa, dove regna la criminalità e lo sfruttamento perché pensare ad un futuro migliore per se stessi e per le proprie famiglie sembra impossibile. Luoghi nei quali bisognerebbe portare speranza, ricostruire i servizi e la dignità delle persone e verso i quali invece si preferisce essere indifferenti, fingere che non esistano costruendovi una barriera che non è solo fisica.
È in questi luoghi, lungo questi muri che si gioca ancora oggi il nostro destino: chilometri e chilometri di indifferenza, opportunismo politico e discriminazione dove possiamo invececostruire ponti, portare parole e messaggi nuovi, parlare di equità e giustizia sociale. È qui che dobbiamo favorire le relazioni, non la divisione, aprire percorsi di riconciliazione, diffondere la cultura del rispetto dei diritti di tutti, riconoscendo con responsabilità e convinzione che le lotte per la libertà e l’eguaglianza sociale in qualsiasi posto del mondo si combattano sono anche le nostre, ci appartengono, ieri come oggi, e non possiamo ignorarle perché da quelle passa anche il nostro futuro e la scommessa di una Società più equa e giusta.

Caterina Boca – Consigliera del Municipio II di Roma

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