1989-2019/ Lidano Grassucci: un muro è caduto e gli altri mattoni

Beh, la Germania per me è una donna bellissima, tanto bella da potermi uccidere. Bella la musica, bella la sua testa ma potrebbe essere terribile il suo amore. Sai quando sei attratto da una luce fortissima ma sai che dopo non vedrai più. Quando tornò “sola” la Germania non “partecipai”, non sentii la forza di una libertà che pure, da socialista libertario, avevo sempre sentito. Non ero più un ragazzo entusiasta della storia che sarebbe venuta, era già un uomo consapevole che la storia pesa e pesa tanto l’urlo facile.
Cadeva un muro, ed i muri non mi piacciono. Cadeva l’idea che gli uomini e i loro pensieri potevano restare chiusi dentro un recinto, ma sapevo che quell’equilibrio finito avrebbe prodotto uno squilibrio che non immaginavo quando sarebbe finito.
Vedevo in quei giorni in questa Italia che tifa nella storia, che piange come prefiche la storia, che si facevano in troppi paladini della libertà quanto erano stati virtuosi di quel mondo oltrecortina, avevano la stessa energia oggi a muro giù di quanta ne avevano a muro su nel “farem come la Russia”.
Non posso dirvi di essere stato liscio, avevo sentimenti contrastanti, paure che poi sono divenute sconcerto. Nasceva, rinasceva, nel cuore d’Europa un cuore forze troppo grandi per le vene, le arterie di una Europa troppo giovane, c’era il rischio di esplosione.

Per me, socialista, il muro crollato era anche una ragione dimostrata, l’idea che quella giustizia che era di là da muro era incompatibile con i nostri sogni di libertà, la prova che noi, noi socialisti, noi riformisti, noi menscevichi, noi traditori di classe, avevano ragioni, avevano condizioni per immaginare una utopia possibile senza i gulag, senza l’infelicità.
Ma il muro giù era così forte che qualcuno preparava la fine della storia, l’idea che l’unica via possibile per l’uomo fosse il capitalismo libero dall’onere dell’umanità. E’ vero che i problemi sono opportunità, ma anche le opportunità sono problemi se non le capisci, te le spieghi, non le ragioni.
I comunisti italiani passarono dal “farem come la russia” a “siamo tutti americani” in una notte, i liberisti pensarono che era finita tutto per chi voleva fare di questa vita un giardino con dignità per ciascun fiore e l’unica via era la foresta dove il tempo era del più forte. La morte del totalitarismo del socialismo reale stava “uccidendo” l’utopia del socialismo necessario, e i tempi presenti sono il frutto di questa follia.
Quel giorno sembrava di libertà, era libero, ma presentò il conto globale del più forte.

La Germania è una bella donna infida, ha il cuore grande, ma le nostre vene sono esplose. Nessuno può essere chiuso dentro, ma nessuno può essere lasciato solo. Qui è il nodo, quei ragazzi che saltarono il muro si trovarono oltre il muro soli, perché è facile celebrare difficile è “contestualizzare” con la consapevolezza del poi. Fu giorno grande di libertà, fu anche il giorno in cui la parte vincente, quella capitalista non fece sconti.

“In coscienza può essere libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, non ha lavoro che è umiliato… che non mantenere, istruire i suoi figli? Sarà libero di imprecare, non è un uomo libero. Questa non è la libertà come la intendo io”

Sandro Pertini, socialista

Lidano Grassucci, giornalista

IMG-20190828-WA0023

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *