1989-2019/ Alfonso Pascale: riflessione a 30 anni dalla caduta del muro

LA DEMOCRAZIA OLTRE LO STATO: UNA QUESTIONE CHE SI APRI’ 30 ANNI FA E CHE RIMANE IRRISOLTA
Forse più che celebrare la caduta del Muro, dovremmo capire e fare la storia del “dopo Muro”. Ormai, pezzo dopo pezzo, gli elementi che hanno preparato, indotto e realizzato quell’evento sono stati tutti ricostruiti. Si tratta, certamente, di un lavoro utilissimo, i cui diversi aspetti devono, peraltro, ancora essere divulgati e fatti oggetto si studio, soprattutto nelle scuole di ogni ordine e grado. Non è bene e non è saggio che i nostri ragazzi, anche di livello universitario, abbiano contezza delle Piramidi di Egitto, della Grande Muraglia in Cina e non del Muro europeo in Berlino. Ma questa è soltanto una prima parte dell’opera. C’è urgenza di mettere a fuoco la seconda parte.
“La caduta del Muro di Berlino rappresenta uno spartiacque geopolitico e geo-spirituale della vicenda del Novecento. La divisione della Germania – precisa Angelo Bolaffi – si era nel tempo trasformata in una sorta di postulato della ragion pratica del popolo tedesco. In una vera e propria Costituzione materiale a fondamento dell’esistenza di due Germanie. Addirittura un presupposto della possibilità di avviare il progetto di costruzione di quella Unione europea annunciato da Robert Schuman nel 1950”.
Di quella data parliamo – lo fanno ormai tutti gli storici e gli analisti – come della preistoria dell’attuale crisi europea. Il dato politico-strategico è che “questa” Unità Europea era stata pensata, configurata, accettata (anche dal popolo tedesco!) e avviata, escludendo “il rovinoso miraggio della riunificazione” (sono parole di Altiero Spinelli).
Per passare dalla celebrazione di un anniversario alla storia dell’integrazione europea adesso, bisogna velocemente passare dalla memoria di quel giorno all’analisi dei successivi cruciali undici mesi – 9 novembre 1989 / 3 ottobre 1990 – quando la costruzione europea fino ad allora realizzata e gli Stati protagonisti hanno “ingoiato” (ma non “digerito”) una tale mole di storia e con una velocità tale da non consentire né ai tedeschi né agli europei – classi dirigenti e popoli – di elaborare una completa e adeguata strategia all’altezza dello “spartiacque geopolitico e geo-spirituale della vicenda del Novecento”. Questo è il punto! Le tappe sono cominciate dal giorno dopo e sono ancora in svolgimento sotto i nostri occhi. Sono: (9 novembre 1989, “caduta” del Muro); 3 ottobre 1990, riunificazione della Germania; febbraio 1992, Trattato di Maastricht; 2004, Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, con i Referendum francese e olandese (2005) che respingono quel Trattato; dicembre 2007, Trattato di Lisbona. La sfida era ed è ancora e sempre la costruzione della «Democrazia europea oltre lo Stato».
E adesso? Adesso, per l’obiettivo cruciale di una «Democrazia oltre lo Stato» possiamo avere soltanto due punti fermi: maggio 2019, elezione di questo Parlamento europeo, e maggio 2024, fine del suo mandato.
All’indomani della riunificazione della Germania, avvenuta anche contro le aspettative e le volontà degli Stati membri più rilevanti, come la Francia e l’Italia, c’era questa lezione da apprendere, sia da parte delle classi dirigenti dei Paesi membri dell’Unione, sia da parte delle società civili europee (partiti politici, in primis): l’integrazione europea che continuava la sua costruzione dopo la riunificazione della Germania era lontanissima dalla Comunità europea dei Trattati di Roma; conseguentemente bisognava ripensare e riformulare a fondo la forma istituzionale e le infrastrutture portanti dell’Integrazione, sia per governare l’Integrazione al suo interno, sia per confrontarsi adeguatamente con il mondo esterno. Nelle forme istituzionali e della ‘governance’, nella politica, nel governo dell’economia, nella stabilità sociale, nella strategia per il futuro, in quanto l’Europa unita non era più (solo) una risposta alle tragedie del passato ma una proposta strategica per affrontare le sfide del futuro.
Al mutamento di paradigma dell’integrazione europea furono date tre risposte: il Trattato di Maastricht (1992), la decisione dell’accelerazione fortissima verso l’unicità della moneta (almeno per i primi undici Paesi membri) e gli allargamenti dell’Unione. Più tardi il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, dirà: “oggi vediamo che questa è una soluzione incompleta”. Si riferisce all’incompletezza dell’Unione economica e monetaria che sarebbe esplosa nel contesto della crisi finanziaria del 2008-09.
Solo tre mesi prima della “caduta” del Muro, in Italia si era svolto un referendum d’indirizzo con cui gli elettori avevano conferito il mandato costituente ai parlamentari europei eletti in quella consultazione elettorale. Ma gli avvenimenti successivi avevano indotto un accantonamento di quell’impegno. Nel 1994, al termine del mandato, il Parlamento europeo approvò una risoluzione che riprendeva la questione istituzionale. Oggi, il Parlamento europeo ha di nuovo in mano il problema della “Democrazia oltre lo Stato” e lo deve risolvere entro il 2024. Questo ci ricorda l’anniversario della caduta del Muro.

Alfonso Pascale – Presidente del CeSLAM (Centro Sviluppo Locale in Ambiti Metropolitani)

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