Intervista alla scrittrice Simona Lattarulo, autrice del libro “l’angelo danzante”

Simona Lattarulo, nata a Roma, laureata in Filosofia nella Facoltà degli Studi di Siena sul pensiero delle filosofe, ha collaborato con riviste, associazioni culturali e biblioteche occupandosi di cultura e pensiero delle donne. Ha curato diversi progetti letterari sulle scrittrici del 900, nonché pubblicato cataloghi di alcuni “Progetti speciali” in collaborazione con le Biblioteche del Comune di Roma. Ha una passione per la danza che vive in modo libero e scrive poesie, alcune pubblicate nella collana “Navigare”.

Oggi Lazio Sociale ha il piacere di intervistare Simona Lattarulo, per far conoscere la bellezza e la profondità del suo libro, dal titolo “l’angelo danzante“, casa editrice Kimerik.

D – Buongiorno Simona, perché per il suo libro ha scelto il titolo “l’angelo danzante“?

R – Buongiorno, il titolo ha una storia curiosa e in effetti l’ho scelto a posteriori, a libro concluso. Durante la fase di stesura, che mi ha impegnato per circa un anno, mi accorgevo che la stessa scrittura disegnava delle figure in movimento, come fossero dei passi di danza. Ogni capitolo stava assumendo un suo ritmo, a volte volutamente, altre per un effetto quasi naturale dell’evolversi della storia, e questo ritmo musicale impresso nella scrittura mi ha suggerito di utilizzarlo in qualche modo nel titolo. La protagonista inoltre ama la danza, e si offre lei stessa come un corpo danzante nella spirale della vita, da cui ha tratto origine la medesima immagine della copertina. La spirale è per me un simbolo di trascendenza, la materia del vissuto che viene continuamente ripresa dal nostro desiderio di darle senso, di renderla materia parlante, significante, un movimento che avviene nella nostra vita infinite volte. L’angelo, essere immateriale ed etereo, mi sembrava una immagine felice di quell’essenza incorporea che poi nello scontro/incontro con la realtà diventa danzante. Un legame tra anima e corpo che traccia la linea a spirale di questa narrazione.

D – Nel libro la protagonista si chiama Serena, ci parli di lei, chi è Serena?

R – Serena è una donna colta, laureata, studiosa della filosofia, restia ad ogni costrizione, ad ogni imposizione che non le provenga da un desiderio interiore. Ama la sua libertà che appunto nomina come “passione di vivere”.
Ma Serena è anche una trentenne che affronta come molte altre coetanee la difficile situazione di una donna alle prese con “i fatti” della vita, che si barcamena tra lavori precari discontinui, concorsi da preparare per assicurarsi certezza lavorativa, amicizie, passioni e la danza. Lei vive e patisce questa ordinaria convulsa quotidianità, cercando di incastrare gli impegni, tra cui anche quella storia sentimentale che le procurerà la tempesta emotiva e non solo, tempesta che la costringerà a fermarsi per ripensare la sua vita.

D – Tra le righe del suo libro, si legge un lavoro introspettivo di Serena, pensieri, riflessioni, ma soprattutto tanto coraggio e tanta forza nell’affrontare le sue paure, quali sono le difficoltà di una giovane donna in una società come la nostra?

R – Serena compie un lavoro dentro di sé, silente e sottile che si coglie da una lettura attenta del libro, in quanto lei effettivamente parla poco, riflette, ma le sue riflessioni, sono taciute al lettore, lo si carpisce dai suoi gesti, dai suoi movimenti e da ciò che altri dicono di lei.
Lei fa un percorso, ma non è sola. Con questo intendo rispondere al quesito sulla difficoltà di una giovane donna nella nostra società, una donna, nel caso di Serena, padrona della propria vita, libera di fare le sue scelte lavorative e affettive in un sistema sociale (tecnologico e multimediale) che pur fautore dell’incremento delle possibilità mediatiche di “allargare” le relazioni, di connettersi rapidamente, di sentirsi onnipresente, tende, per effetto un endogeno alla sua stessa natura “virtuale, a far perdere l’essenziale nei rapporti e nella vita, ad una graduale perdita di contatto carnale con la materia, togliendo tempo e respiro dell’anima.
Serena vive una realtà metropolitana, in una società dove permangono ancora detriti residuali della cultura patriarcale, (come analizzato nella post fazione) in merito alle relazioni uomo-donna, al modo di intendersi dei rapporti, che, se da una parte la stessa società ha acquisito e introiettato il “di più” di conoscenza, dovuto ai movimenti di libertà delle donne, autocoscienziale e politica, dall’altra non è dato per certo che un lavoro analogo di consapevolezza sia stato compiuto dall’individualità maschile.
Ma la risorsa di cui dispone Serena, ed è l’idea chiave del mio romanzo, sta nell’aver lei stessa costruito una rete di relazione vere, non mediatiche, e femminili soprattutto, relazioni che le hanno dato cura, ascolto, protezione e che proprio in quel momento di perdita di sé, l’hanno accompagnata nel suo percorso. Credo che la minaccia più grande oggi sia l’isolamento per tutti, ma per una donna particolarmente.

D – Nel libro lei scrive anche di un ex fidanzato, stalker, che fa violenza psicologica su Serena, ma che lei affronta con coraggio e determinazione, qual è il messaggio che vuole trasmettere alle/ai lettrici/lettori del libro?

R – Serena non ammette che quel che accade e vediamo accadere, con tristezza, alle donne quasi tutti i giorni, possa avvenire nella sua relazione, non crede sia possibile che quel ragazzo amabile, che le è stato vicino per due anni, possa mutarsi in un persecutore. Quando l’incubo si materializza e ne prende coscienza, inizia la sua battaglia interiore, ripercorre la storia con lui per vederne i buchi, le falde e da lì riesce a capire cosa dovrà fare per uscirne. Il messaggio più forte sta in questa forza che sappiamo esistere in noi, che emerge se aiutata con la mano di chi ci è accanto, e con il desiderio di trovare la strada che ci porterà ad essere liberi di amare e vivere con autenticità le nostre storie.

D – Se dovesse scrivere un altro libro che racconti il proseguo della vita di Serena, la nostra protagonista dove e con chi si troverebbe?

R – In realtà non ho pensato ad un romanzo successivo su Serena, parlandone con voi, potrei immaginare Serena, ancora danzante, con un lavoro stabile, sempre indaffarata a coordinare le sue passioni e relazioni, in compagnia di uomo dalla vita altrettanto interessante, che le tiene il passo, ma sfuggente, forse anche lui ereditario di un vissuto controverso e sofferto, la cui relazione potrebbe rimetterla nuovamente in gioco e in crisi?

D – Quanto di autobiografico c’è nel libro? Quanto Simona assomiglia a Serena?

R – Simona ha dato molto a Serena, la sua vita, le sue esperienze, la sua passione, ma Serena non è Simona, lei vive un suo percorso di presa di coscienza che ho narrato io come autrice sapendo di averlo fatto mentre scrivevo per lei. Mi deve qualcosa!

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