Tagliamo gli stipendi, non il numero dei parlamentari. La pedagogia politica

articolo di Nicola Tavoletta

In questi giorni, invece della quiete agostana, la politica, anzi le rappresentanze istituzionali sono in fermento a causa dello strappo tra Noi con Salvini e Movimento Cinque Stelle, quindi per la sfiducia che i leghisti hanno promesso al Governo guidato dal Presidente Conte e dagli stessi Salvini e Di Maio.
Giustamente Conte non si dimette su richiesta di Salvini e cercherà un percorso istituzionale dove tutti si prenderanno le responsabilità e chiariranno posizioni e motivazioni.
Poi tutto sarà affidato alla Presidenza della Repubblica che seguirà la Costituzione ed interpreterà le posizioni dei parlamentari.
A questo punto ho da fare qualche riflessione che consegno a Lazio Sociale.
Intanto si è aperta un crisi non sanabile tra i due partiti di Governo, che a quanto affermavano stavano lavorando bene. Questa crisi nasce da una bocciatura dell’operato dell’Esecutivo da parte dei Leghisti? Allora la valutazione è chiara, non stavano lavorando bene e se ne sono accorti, forse prima loro che gli elettori italiani. A maggio infatti, alle elezioni europee, questi due partiti hanno preso oltre il 50% dei consensi; i cittadini li hanno promossi. Però gli stessi movimenti di maggioranza si sono accorti che le cose non andavano e si stanno ora auto bocciando. Il voto degli italiani non si è basato sicuramente su una convinzione ideologica, come avveniva dal 1948 al 1994 e in parte
fino al 2006, ma su un apprezzamento della condotta. Il 50% degli elettori avrebbe quindi promosso alle europee chi si è negativamente autogiudicato dopo due mesi. Su che base? Sono generosi questi italiani oppure sono ingenerosi o troppo esigenti Salvini e Di Maio?
Vi faccio un’altra riflessione: tanti italiani hanno votato Cinque Stelle e Noi Con Salvini con la volontà di cancellare il passato, considerandolo negativamente. Una stagione politica quella dal 1994 al 2018 giudicata pessima, da abiurare per il 50% dei nostri concittadini, sia alle politiche del 2018 che alle europee del 2019. In questi 24 anni abbiamo vissuto un periodo veramente così oscuro? Sicuramente si poteva e doveva fare di più nella prima parte dei 24 anni,
certamente è stato costruito un soggetto aggressivo quale Equitalia, Tremonti nel Berlusconi III, ma altro è successo. Io ricordo le città italiane prima del 1993 e le rivedo dopo quest’epoca. Roma con Veltroni e Rutelli è nettamente migliorata, Milano con Albertini e la Moratti si è lanciata, guardate Bari come è stata cambiata in meglio con Di Cagno Abbrescia, Illy a Trieste, Bassolino a Napoli, De Luca a Salerno, Orlando a Palermo, Dominici e Renzi a Firenze, Bianco a Catania, Poli Bortone a Lecce, Chiamparino e Fassino a Torino o Cacciari a Venezia. Ho portato ad esempio città del nord e del sud e sindaci di centrosinistra e centrodestra. Ho raccontato l’esperienza dei sindaci perché non tutto andava abbattuto con un voto di protesta, non c’era da
protestare su tutto. Abbiamo fatto tanto per costruire la riforma del Terzo Settore ed avrebbe meritato una immediata attuazione per dare slancio al sociale, faccio così un altro esempio. La crisi finanziaria in Italia è stata grave, ma non socialmente drammatica come nei Paesi Anglosassoni, preservando un welfare ampio.Con il voto di protesta abbiamo buttato via cose positive e con il voto di protesta abbiamo promosso cose giudicate negativamente dagli stessi autori. Strano. Chi ha scelto la protesta populista e sovranista l’ha fatto per convinzione ideologica o per percezione, per illusione, per frustrazione o per rabbia? Il problema vero è quello del deficit del discernimento, della conoscenza politica, della competenza, della riflessione o della educazione alla politica. Abbiamo smantellato i partiti e manca, quindi, la pedagogia politica. Questo è il vero deficit nazionale: una pedagogia politica che renda maturo il sistema democratico. Abbiamo affidato ai social la nostra visuale sulle cose pubbliche, perdendo la coscienza sociale, ma esasperando la pulsione individuale. Abbiamo perso la visione della politica in cambio di una comoda visuale sulle pagine social. Da questa crisi non usciremo con nuove elezioni o con nuovi governi, ma con l’affermazione di partiti che riconoscano e rispettino la Costituzione e la Democrazia adeguando gli statuti e la propria organizzazione. La prima riforma da fare è questa, se no, troveremo governanti spaesati ed elettori istintivi, perdendo dignità sociale e la libertà della democrazia. Faccio una proposta ai rappresentanti del Movimento Cinque Stelle, invece di tagliare il numero dei parlamentari, perché non tagliate semplicemente lo stipendio dei parlamentari? Meno parlamentari ci sono e meno contatto diretto tra eletti ed elettori. Tagliamo gli stipendi dei parlamentari e vedrete che abbiamo fatto una cosa buona, mantenendo ampia e capillare la rappresentanza democratica. I cittadini devono parlare con il proprio rappresentante, confrontarsi, non devono aspettare il cinguettio del tweet o aspirare ad un selfie. La democrazia è partecipazione reale e dignitosa con l’ascolto e il confronto diretto.

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