Quando accadde l’impensabile

Non fu certo la prima volta che lo sport diede a tutto il mondo una soda lezione  su come l’umiltà e la tenacia invogliano la buona sorte a dare la mano vincente a chi, contro ogni previsione, porterà a casa il trionfo e la storia.
Siamo nel 1950 e siamo in Brasile. Dopo gli anni dolorosi e devastanti della guerra mondiale l’Europa ed il mondo intero stanno risorgendo cercando di lasciarsi alle spalle le rovine materiali e morali di un periodo buio ed infame per tutti.
Ci sono ancora tante ingiustizie da colmare e lo spettro di un conflitto continuo è presente e continuerà a diffondere male e morte negli anni che verranno.
Ma è precisa volontà di molti stati e di tante nazioni di riprendersi quei miti che hanno reso grande il sogno di un mondo unito anche nella competizione.
Il mito delle olimpiadi è stato questo, in fondo. Quello di creare una coscienza mondiale seppure nella sfida.
Ed è quello che si era costruito con i campionati mondiali di calcio.
Le edizioni del 1930, 1934 e 1938 avevano visto vincere due nazioni: Uruguay(1930)  e poi due volte l’Italia (1934 e 1938).
Bisogna dire che il calcio non era lo sport più popolare del mondo, allora.
Lo era il pugilato  ma il calcio stava diventando, sopratutto in Europa e Sud America, molto seguito e praticato.
E già da allora  il Brasile era considerato la prima squadra del mondo, insieme all’Inghilterra che questo gioco lo aveva inventato( e che sdegnosamente non partecipava ai mondiali).
Con una partita memorabile l’Italia aveva strappato la finale di Parigi del 1938 proprio al Brasile vincendo con tenacia e fortuna per 2 ad 1 contro ogni previsione per poi andare a vincere la finale contro l’Ungheria per 4 a 2.
Ora però siamo al Maracanà , il tempio assoluto del calcio carioca ovvero la concezione più elevata del gioco della pedata al pallone sferico di cuoio: dribbling, finte, lanci millimetrici, dolcezza di tocco, abilità e forza riunite in uno stesso modulo.
Il Brasile in casa era, come oggi, imbattibile. Perchè aveva un giocatore fortissimo in più  che non aveva nessuna altra squadra in tutto il resto del mondo. Aveva, ed ha, un pubblico adorante che vive la propria squadra come se fosse un appendice della propria esistenza.
Ed è quello sta succedendo proprio questo giorno, il 16 luglio del 1950 nello stadio Maracanà di San Paolo del Brasile.
Un intero popolo, i brasiliani , sono pronti per festeggiare la vittoria del campionato contro una squadra racchiusa, ostica, consapevole della sua inferiorità ma decisa a vendere cara la pelle.
Il Brasile vince per 1 a zero all’inizio del secondo tempo contro una squadra spacciata e l’intero stadio con quasi 200.000 tifosi aspetta festoso di riversarsi a tripudiare il trionfo insieme a tutto il resto del paese. Ma verso la metà del secondo tempo da un’azione di contropiede uscita fuori da un assedio continuo dei padroni di casa, un tal Schiaffino( che poi verrà a giocare in Italia come oriundo) tira un bello schiaffo in faccia al fortissimo Brasile e pareggia il conto . 1 a 1 ma il Brasile è comunque campione, visto che è un campionato a punti questo  del 1950.
Così la festa sugli spalti continua e continua fino all’80mo minuto quando un altro immigrato Italiano , Ghiggia, inaspettatamente ti segna  il 2 a 1 dopo una corsa di 50 metri in solitario sulla destra del campo.
Ed è la fine del sogno.
Gli Uruguaiani fanno fatica a  crederci ma sopratutto non riescono a crederci   i Brasiliani e tutto il Brasile.
La disfatta è tale che una intera nazione inizia a piangere  e nei giorni a seguire, per questa sconfitta, vi saranno suicidi e disperazioni di massa.
A volte essere convinti di stravincere gioca brutti scherzi.

El Merendero.

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(fonte foto: Wikipedia)

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