Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell’odio online, di Stefano Pasta

L’hate speech online è un fenomeno preoccupante e in Italia la percentuale di ragazze e ragazzi che vivono esperienze negative navigando in internet è destinata ad aumentare. Secondo quanto emerge dalla ricerca “Eu Kids Online per MIUR e Parole O_Stili” sui rischi e opportunità di internet per bambini e ragazzi”, il 30% dei giovani dichiara di aver visto online messaggi d’odio e commenti offensivi contro un individuo e o gruppo, attaccati per il colore della loro pelle, la loro nazionalità, la loro religione.

Ad affrontare il tema dell’odio dal punto di vista del mondo digitale, e di come si crei la responsabilità sociale nel Web, è Stefano Pasta, ricercatore in Pedagogia dell’Università Cattolica, nel libro edito da Scholé-Morcelliana “Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell’odio online”.

Il libro si presenta come un prezioso strumento destinato a insegnanti, educatori, operatori sociali, studenti, genitori, che da un lato analizza il fenomeno dell’odio online e delle diverse forme in cui si manifesta; e dall’altra, il libro apre a prospettive, proponendo azioni efficaci di prevenzione e contrasto.

Il libro è suddiviso in sei capitoli.
Quattro di analisi: I) l’incitamento all’odio, pregiudizi e razzismi; II) l’ambiente digitale: come influenza la diffusione di pregiudizi e razzismi, III) Social media: come si creano gli aggregati nel web; IV) Razzismi 2.0, una proposta di classificazione.
E due capitoli di riflessione e proposte per il contrasto dell’odio on line e l’educazione ad un uso responsabile dei mezzi di comunicazione: V) strumenti di contrasto ai razzismi; VI) il ruolo dell’educazione.

Interessanti sono gli episodi narrati nel libro e le ricerche che evidenziano l’approccio educativo con il quale l’autore ha coinvolto direttamente i ragazzi, portandoli a riflettere su quello che scrivono; Stefano Pasta racconta di conversazioni, via social network, con adolescenti che hanno partecipato a performances razziste: «Ripetono frasi come “non prendermi sul serio”, “era solo una battuta”, anche quando inneggiano allo sterminio etnico”. Con i nuovi media non basta più educare lo spettatore, occorre anche educare il produttore che ogni spettatore è diventato grazie allo smartphone che si porta in tasca, sviluppando responsabilità e pensiero critico». Tra l’altro, i dati della ricerca Eu Kids Online, svolta tra ragazzi da 11 a 17 anni, ci dicono che i giovanissimi affermano di aver incontrato l’odio online, in gran parte non lo approvano, ma la maggioranza non fa nulla per contrastarlo. «Passare da spettatori a soccorritori» è una delle chiavi del libro, in cui sono presentati anche progetti e campagne, dall’Italia all’Australia, per educare a non essere indifferenti di fronte al Male.

La proposta è quindi un approccio morale che educhi a comportamenti di aiuto e cooperazione, orientando ad essere culturalmente, “negli” altri e “per” gli altri. «Educare – afferma il Prof. Stefano Pasta – è più importante della denuncia: promuovere gli anticorpi della Rete e l’attivismo digitale di cittadini che devono essere formati come agenti morali che si assumono responsabilità personale».

Stefano Pasta, Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell’odio online, Scholé-Morcelliana, 2018.
Prefazione di Pier Cesare Rivoltella
Postfazione di Milena Santeriniech

Presentazione del Libro

Odio online, razzismi 2.0, hate speech e ostilità verso l’altro: la diffusione di azioni e linguaggi violenti nel Web preoccupa chi cerca risposte educative. Non si tratta di fenomeni nuovi, ma l’ambiente digitale fa acquisire caratteristiche specifiche e particolari.

Emerge una novità: online diventa molto più labile la separazione tra razzismi espliciti e latenti, teorizzata negli ultimi decenni. La cultura convergente e la partecipazione 2.0 diffondono e normalizzano contenuti dichiaratamente ostili o violenti. Il processo di accettazione sociale, che spesso passa dalla critica al “politicamente corretto”, dall’ironia e dalla pretesa di “non essere preso sul serio”, si nutre della deresponsabilizzazione degli utenti e della banalizzazione delle pedagogie d’odio. I razzismi si presentano, insomma, come semplificazioni interpretative di un mondo complesso.

Il libro – destinato a insegnanti, educatori, operatori sociali, studenti, decisori politici e cittadini – propone un nuovo modo di pensare la media education, facendola uscire dal recinto dell’educazione formale per promuoverne l’incontro con la prevenzione e la cittadinanza. Non basta più educare lo spettatore, serve anche educare il produttore che ogni spettatore è diventato grazie allo smartphone che ha in tasca. Insieme al pensiero critico occorre sviluppare responsabilità; in questa direzione sono analizzate le varie caratteristiche dell’ambiente digitale, come la velocità, l’anonimato, l’autorialità, il ruolo delle immagini e del flaming, nonché alcune conversazioni via social network sulle performances razziste degli adolescenti: un caso di etnografia virtuale, ma anche un tentativo di educazione alla riflessività.

Come si risponde all’odio verso l’altro? Come si crea responsabilità sociale? Alla media education si affianca il contributo della pedagogia interculturale e dell’educazione alla cittadinanza. La proposta è un approccio morale che educhi a comportamenti di aiuto e cooperazione, orientando ad essere non solo naturalmente, ma anche culturalmente, “negli” altri e “per” gli altri. Si apre dunque un grande campo educativo, ancora più importante della denuncia: promuovere gli anticorpi della Rete e l’attivismo digitale di cittadini che devono essere formati come agenti morali capaci di soggettività critica, attraverso l’assunzione di responsabilità personale.

“Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell’odio online” si apre delineando l’evoluzione dei razzismi e della loro categorizzazione; continua analizzando le caratteristiche dell’ambiente digitale che facilitano la propagazione dei razzismi e dell’odio; infine, una terza parte è dedicata alle proposte per suscitare anticorpi e attivismo digitale che non sono l’opposto dell’hate speech, ma si muovono verso l’assunzione di responsabilità personale.

Dalla prefazione di Pier Cesare Rivoltella
Il libro non si limita a muoversi sul piano dell’analisi del fenomeno, ma si sposta anche sul versante dell’intervento educativo. Non basta più educare lo spettatore, occorre anche educare il produttore che ogni spettatore è diventato grazie allo smartphone che si porta in tasca. Questo significa che insieme al pensiero critico occorre sviluppare anche la responsabilità. Il libro di Stefano Pasta lo fa capire molto bene e rappresenta uno dei primi risultati di una nuova fase per gli studi sulla cittadinanza e sulla Media Education”.

Dalla postfazione di Milena Santerini
Sono indispensabili strumenti come quelli qui presentati, che anzi tutto scelgono un approccio critico, anche se fiducioso, verso la comunicazione online; realizzano poi una lettura analitica e originale dei “razzismi” al plurale, affrontando il tema del classico “io non sono razzista però”, cioè la differenza tra pregiudizio e odio strutturati e quelli occasionali, ben più diffusi e a torto considerati inoffensivi; spiegano il rischio del ritorno di una “razza” accettabile socialmente; descrivono l’etnicizzazione e la semplificazione delle società attuali; analizzano le pedagogie popolari implicite della paura e del disprezzo”.

 

Nota biografica dell’autore Stefano Pasta

Stefano Pasta, dottore di ricerca in Pedagogia, è assegnista presso il Centro di Ricerca sull’Educazione ai media dell’Informazione e alla Tecnologia (CREMIT – www.cremit.it) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove si occupa di educazione alla cittadinanza nell’ambiente digitale. Ha vinto il premio Giovane Ricercatore 2017 della Società Italiana di Ricerca sull’Educazione Mediale (SIREM).
È membro del Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. È esperto d’interventi a contrasto delle discriminazioni, e in particolare della presenza di rom e sinti in Italia, su cui ha realizzato la guida multimediale Giving memory a future. Ha scritto saggi sull’intercultura, sui flussi migratori e sulla didattica della Shoah. Giornalista professionista, collabora con diverse testate nazionali (Avvenire, la Repubblica.it, Corriere della Sera.it, Famiglia cristiana). Nel 2011 ha vinto per l’Italia il premio “EU journalism Award – Together against discrimination!” della Commissione Europea.

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