Pecorino Romano

Secondo i dati dell’Agenzia Regionale Sardegna per il comparto zootecnico, nella regione vengono prodotti ogni anno circa 320.000.000 milioni di litri di latte ovino e caprino.
Considerato che la percentuale di latte caprino è minima si può dire che questa ingente produzione viene trasformata in formaggio e che la maggior parte di questo è classificabile nella DOP Pecorino Romano.
Nelle classifiche dei consumi italiani di formaggi ( Noi Italiani siamo tra i più tenaci consumatori di formaggi al mondo. Al terzo posto, numericamente,dopo Francia e Germania. Quinti se consideriamo i consumi in percentuale rispetto alla popolazione: ci superano Islanda e Finlandia) il Pecorino Romano occupa l’ottava posizione, che poi è la terza tra i formaggi stagionati dopo Grana Padano e Parmigiano Reggiano.
Il consumo annuale per ogni italiano e di circa 20 kgdi formaggio per anno ma in gran parte le quote di consumo sono occupate da quelli freschi ( Mozzarelle in primis) e tra i stagionati gran parte della preferenza va ai citati Grana Padano e Parmigiano Reggiano.
Tornando ai dati delle sola produzione di formaggio Pecorino Romano derivato dal latte ovino proveniente dagli allevamenti della Sardegna , considerando che per ottenere un chilo di formaggio pecorino ( da stagionare e quindi soggetto ad ulteriore calo di peso) servono almeno sei litri di latte da 320.000.000 milioni di chili vengono estratti 53.000.000 di chili di Pecorino Romano.
Ovvero quasi un chilo a persona se fosse destinato al consumo nazionale, come sarebbe nelle intenzioni politiche di questo governo definitosi “del cambiamento”e che cerca di favorire i consumi interni rispetto alle esportazioni.
Ma veniamo alla questione costi: se un litro di latte vale solo 60 centesimi un chilo di formaggio( fresco) vale 3,60 euro solo di prodotto primario. Chi mastica poco di economia sa comunque che il prezzo al dettaglio, ovvero quello che esprime la filiera del valore di produzione, è di circa altre due volte il costo della materia prima. E fa poco più di 10 euro al chilo. Che, fatte le dovute differenze, è più o meno ( più meno che più) il prezzo del Pecorino Romano che noi possiamo confrontare in tutte le rivendite.
Fortunatamente buona parte del Pecorino prodotto è esportato (40%) e in maggioranza verso gli Stati Uniti e Canada, dove sono presenti forti e radicate comunità italiane che hanno diffuso il consumo di questo nostro ottimo prodotto.
Ma è anche vero che abbiamo considerato solo il Pecorino prodotto con latte sardo.
Ci sono anche altri conferimenti di altre regioni italiane come il Lazio e la Toscana ( 550.000.000 milioni di litri prodotti nella sola Toscana di cui il 60% destinato alla produzione di Pecorino Romano) che, aggiunte alle importazioni ( non cospicue) provenienti da Grecia, Romania e Bulgaria fanno sì che il Pecorino Romano immesso sul mercato nazionale è di più di quello richiesto.
La partita da vincere per il settore della produzione lattiero-casearia dell’allevamento ovino si gioca su due campi: il primo è quello di disporre di un disciplinare di produzione che sia maggiormente selettivo( e che mantenga i prezzi al dettaglio a livello competitivo) e il secondo è quello di ampliare, con politiche di scambio congiunto con l’estero, la frontiera mercantile.
Una terza soluzione, che magari questo governo intende perseguire, sarebbe quella di imporre ad ogni italiano l’acquisto obbligatorio di un altro chilo di Pecorino Romano ogni anno.
A prezzo salato e con una bella tessera con scritto su: Anno Uno del Governo del Cambiamento.

Agostino Mastrogiacomo

 

 

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