“Ancora una volta si penalizzano i pensionati”, Lazio Sociale intervista Franco Assaiante – vice Segretario della FAP Acli di Latina

Con la legge di Bilancio 2019 viene bloccato il meccanismo di rivalutazione dal mese di gennaio per le pensioni superiori a € 1.522,00. Per approfondire l’argomento, Lazio Sociale ha intervistato Franco Assaiante, Vice Segretario della FAP Acli di Latina.

D – Franco Assaiante, dal 1 gennaio 2019 doveva essere ripristinato il meccanismo di rivalutazione delle pensioni precedente alla legge Fornero del 2011, ci potrebbe dire invece cosa è successo?
R. Come anticipato dalla Segreteria F.a.p. – Acli di Latina, con l’ultimo comunicato di settembre 2018, dal 1 gennaio 2019 doveva essere ripristinato il meccanismo di rivalutazione delle pensioni precedente alla legge Fornero del 2011. Le pensioni, quindi – alla scadenza del periodo transitorio previsto per il 31/12/2018, dovevano ripartire – in termini di crescita – secondo il meccanismo di rivalutazione previsto dalla Legge n.388 del 2000, annullando totalmente, dal 1 gennaio 2019, anche gli scaglioni (L.147/2013) introdotti dal Governo Letta nel 2013 e prorogati nel 2015, per superare il blocco previsto dalla Legge Fornero.
Invece l’attuale governo, paradossalmente, per trovare le risorse per finanziare le promesse di riforma della pensione a quota 100 ed il reddito di cittadinanza, fatte durante la campagna elettorale, di fatto non si vergogna di attingere ai redditi dei pensionati, ripristinando così quelle norme della stessa Legge Fornero che diceva di voler superare, riproponendo le stesse penalizzazioni ritenute illegittime dalla Magistratura con la sentenza n.70 del 2015.
Sicuramente i pensionati meritano una maggiore considerazione e rispetto da questo governo e dalla classe politica in generale e non possono e non devono essere ricordati solamente quando si tratta di fare cassa per finanziare manovre non necessariamente opportune e tanto meno indispensabili e basilari, togliendo reddito a pensioni intorno ai 1180 €.netti.
Si è preferito, ancora una volta, agire sulle fasce più deboli, anziché intervenire con coraggio per eliminare sprechi e privilegi e rilanciare, con interventi e riforme strutturali, investimenti ed attività produttive.
Ricordiamo, appunto, come i pensionati hanno già dato e dal 2011 – nonostante la favorevole sentenza citata – stanno ancora pagando per le riforme volute dall’Europa ed adottate dal governo Monti per superare il periodo di congiuntura sfavorevole; mentre poco o nulla si sta ancora facendo per colpire le rendite dei molti privilegiati e meno ancora si sta facendo per stanare la grande evasione esistente – sia finanziaria che contributiva – che favorisce ed alimenta la corruzione ed indebolisce il sistema produttivo ed aumentando di riflesso la disoccupazione, il lavoro precario e sommerso in tutti i comparti ed attività, anche sociali, della cultura e del turismo, oltre ai settori industriali, commerciali ed artigianali di tutto il territorio nazionale.

D – Ci può spiegare in concreto cosa accadrà alle pensioni?
R. Doveva entrare in funzione dal 1° gennaio 2019 il pieno recupero (100%) per la parte di pensione entro tre volte il minimo, ma con un vantaggio rispetto al 2018 per gli assegni più alti: infatti nel caso di assegni superiori ai 1522 euro “lordi” mensili si doveva tornare alla rivalutazione parziale sulla base di soli due ulteriori scaglioni (90% per quelli superiori tra 3 e 5 volte il minimo e del 75% per le pensioni superiori a 5 volte il minimo), invece – come detto – per “foraggiare” sia il reddito di cittadinanza che le pensioni a quota 100 è stato introdotto un nuovo blocco triennale, dal 1 gennaio 2019 al 31dicembre 2021, della rivalutazione delle pensioni superiori a 3 volte il minimo ( che da gennaio è pari a 507.42*1.1%=513*3= €. 1.539)
E’ vero che nessuno si aspettava di ricevere grandi cifre considerato il tasso d’inflazione contenuto, ma neanche si tratta “di un contributo quasi impercettibile” come ha dichiarato ironicamente il premier Giuseppe Conte, citando l’Avaro di Molier; poiché ripristinando il meccanismo delle penalizzazioni, solo per i pensionati oltre 3 volte il minimo, la perdita di adeguamento della pensione al costo della vita risulta intorno ai 78 euro nel 2019 e salirà a 156 nel 2020 (considerando stabile il tasso d’inflazione) e di oltre 300 euro nel 2021, che frutteranno oltre 3 miliardi e mezzo alle casse dello stato per finanziare le promesse elettorali dell’attuale governo, considerando anche le maggiori penalizzazioni previste per le pensioni oltre 5 volte il minimo.
Da non dimenticare, infine, che per questa fascia di reddito – a cui era stata già bloccata la rivalutazione negli anni 2012 – 2013 si sperava in una sentenza positiva della Corte Costituzionale per recuperare le differenze bloccate con il decreto Salva Italia – che prevedeva di restituire solo il 12% della mancata perequazione alle fasce penalizzate dalla legge Fornero, nonostante la sentenza favorevole n. 70 del 2015. Sentenza della Corte Costituzionale inaspettatamente negativa, che pur riconoscendo dovuta la “spettanza della perequazione” così come stabilito, ha decretato che: “ in ragione di concorrenti interessi di rilevanza costituzionale, è consentito al legislatore calibrarne il ‘quantum di tutela’ nel rispetto della ragionevolezza e proporzionalità”.

D – Quale è la proposta della FAp Acli di Latina?
R. Anche se le sentenze vanno rispettate, ovviamente il tutto lascia l’amaro in bocca; in particolare se consideriamo – come già evidenziato – come la categoria dei pensionati è quella che ha visto ridursi maggiormente il potere di acquisto del proprio reddito (oltre il 30%) nell’ultimo decennio, con pesanti ricadute sulle stesse condizioni di vita e gestione del proprio nucleo famigliare.
Per questo non possiamo ritenere che il solo ripristino del “ vecchio meccanismo” di perequazione possa soddisfare le aspettative della categoria, ma occorre far sentire la propria voce – prevedendo se necessario – iniziative propositive ed incisive a partire dall’ esigenza, come proposto in precedenza, di rivedere totalmente il meccanismo di rivalutazione delle pensioni, riconsiderando la stessa composizione del paniere, che attualmente determina il coefficiente per il calcolo dell’andamento del costo della vita per l’adeguamento periodico, secondo l’indice Istat, non solo delle pensioni, ma anche i valori monetari, quali l’affitto, l’assegno di mantenimento al coniuge separato e la rivalutazione del TFR.
Pertanto ribadiamo le conclusioni svolte nell’ultimo comunicato, come sia essenziale modificare, secondo le esigenze del vasto mondo delle persone anziane e della categoria dei pensionati, l’ormai obsoleto meccanismo, sostituendolo con un nuovo dispositivo funzionale alle effettive esigenze della categoria, anche in termini di agevolazioni, detrazioni e deduzioni fiscali, che tenga soprattutto conto dei maggiori costi che le persone anziane e bisognose di cura e/o di assistenza, sono costretti a supportare e sopportare per mantenere attivo un decoroso percorso di vita personale, familiare e sociale.

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