“Quinto Potere”

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C’è un film americano del 1976 il cui  titolo di sicuro qualcuno ricorda.
Si chiama “Quinto Potere” ed è stato girato da un  regista famoso, Sidney Lumet e interpretato soprattutto da un attore, Peter Finch, che vinse il premio oscar come miglior performance maschile ma lo vinse da defunto. La malattia non gli diede modo di godere del premio per quella che unanimamente è stata definita come la sua migliore interpretazione cinematografica e ad una delle migliori  della storia del cinema drammatico.
Insomma un  filmone, uno dei paradigmi sull’importanza della comunicazione e del suo valore o disvalore. Del suo utilizzo, per quali fini e di come quello che i media possono comunicare è in grado di limitare la coscienza delle  persone in nome di una verità spesso del tutto apparente.
Per l’intreccio della trama Peter Finch, che interpreta un anchorman, uno di quei tizi che in tv discute di politica, attualità, invita ospiti,  scopre che sta per perdere il lavoro in  quanto  non  fa abbastanza ascolti.
Per cui, arrabbiato, incapace di accettare questa decisione, decide nella sua ultima diretta tv di dare sfogo a tutta la sua rabbia.
Non nasconde, davanti alle telecamere di tutta l’America il suo stato di uomo sconfitto, che vive una profonda ingiustizia  e decide di invitare a protestare ogni americano che lo stava ascoltando e che secondo lui stava subendo soprusi, ingiustizie, prevaricazioni e che vedeva accanto a sé solo altri americani  pieni di privilegi,  forti di protezioni, appartenenze, garanzie  e indifferenti alla sua causa, alla causa di ogni americano debole.
Così,  d’impeto, al culmine della sua giaculatoria invita tutti a scendere in strada, affacciarsi alle finestre, recarsi al lavoro e dichiarare con forza, urlare come in quel momento sta facendo lui in diretta TV : SONO INCAZZATO NERO E TUTTO QUESTO NON LO ACCETTERO’ PIU’! SONO INCAZZATO NERO E TUTTO QUESTO NON LO ACCETTERO’ PIU’!!!!
Ed è l’apoteosi.
Gli ascolti TV salgono a mille, il suo programma non viene cancellato, anzi viene potenziato e la “gente”, spersonalizzata e diventata un semplice  prodotto mediale, esce di casa e si affaccia alle finestre e segue la sua incitazione” SONO INCAZZATO NERO E TUTTO QUESTO NON LO ACCETTERO’ PIU’!!!
Il film, per chi non lo sa, finirà ancora più tragicamente di come prosegue per quasi due ore:  il   pubblico adorante dopo averlo osannato lo stava rapidamente abbandonando perché stanco della sua escalation anti sistema, anti tutto, generatrice di odio che si propaga da pianerottolo a pianerottolo di ogni condominio, in ogni ufficio, che nel film svuota persino la possibilità di due persone di potersi amare. Finch verrà ucciso dai suoi stessi sostenitori della prima ora e il film finisce con un emblematico titolo di coda:
“Ucciso il giornalista di “Rete Network”. Il primo caso al mondo di assassinio per calo di ascolti”
E’ fin troppo facile capire dove volesse andare a parare il grande Sidney Lumet.
Ci succede sotto gli occhi da anni.
Ma la recente clamorosa debacle di Facebook nel mercato globale (130 miliardi di dollari in un  solo giorno) ha messo il ferro caldo nella piaga.
Internet ha cambiato il mondo ma non i suoi bisogni. Anzi ne  ha  aggiunto uno: il bisogno di avere “informazioni garantite”, specie a chi affida i suoi dati sensibili per essere più vivo e partecipe nel mondo.
Non è stato immaginato per essere  al servizio delle più false rivoluzioni che si possano realizzare. Ma come strumento di condivisione, non di suggestione emotiva .
Io credo che sia iniziato il  percorso a ritroso:  Tutti noi saremo più esigenti, meno faciloni perchè tutti noi vogliamo la stessa cosa: un mondo migliore, non un   mondo dove è solo più facile urlare.

Agostino Mastrogiacomo

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