I cattolici per una nuova politica. Mons Crociata al Forum 015 a Latina
Ieri, 3 luglio 2018, presso la Curia Vescovile di Latina si sono riunite le cinque organizzazioni aderenti al Forum 015 per incontrare il Vescovo Mons. Mariano Crociata ed animare un confronto sul tema <<Una visione condivisa per il futuro – i cattolici nelle organizzazioni per lo sviluppo delle comunità>>.
Acli, Confcooperative, Confartigianato, Coldiretti e CdO le organizzazioni aderenti al Forum 015 fondato due anni fa.
Per Confartigianato Imprese il Direttore provinciale Ivan Simeone ha fatto riferimento al tessuto produttivo provinciale e alle sue problematiche. Piero Greco, direttore provinciale di Coldiretti, ha riflettuto sulla stessa tematica in ambito agricolo, sollevando la bontà della crescita del lavoro femminile. Per Confcooperative Edgardo Bellezza, il Presidente del Lazio Meridionale, la capacità di cooperare e di superare gli individualismi e la rabbia il tema del suo messaggio. Nicola Tavoletta, direttore provinciale delle Acli, ha rappresentato il perché sociopolitico della missione del Forum 015 e l’appello alle amministrazioni cittadine ad usare gli strumenti esistenti per costruire insieme soluzioni, rispettando la mediazione sociale. Quattro i punti di riferimento della comunità: democrazia, lavoro, Chiesa e futuro.
Il Vescovo ha riportato all’assemblea una relazione ( allegata al presente comunicato stampa), che ha approfondito il tema dell’impegno dei cattolici nelle organizzazioni e nella vita politica. Riflessioni e passaggi che hanno motivato i presenti in un dibattito che proseguirà. La chiamata ad una responsabilità civile dei fedeli è stata colta anche come rinnovamento rispetto alla stagione dei rancori e degli sciacalli. Una comunità dove l’impegno condiviso, tramite la mediazione, supera la speculazione dei furbi che costringe nella sofferenza la maggioranza.
Il dibattito è stato animato dalla partecipazione dei rappresentanti di sindacati come Ugl e Clas, partiti politici come PD e FdI e associazioni confessionali come l’Ucid.
Mons. Mariano Crociata dichiara: “Impegnarsi nel sociale è innanzitutto una responsabilità del singolo e può essere attuato in diverse forme. Tuttavia la modalità non solo più efficace ma anche più rispondente alla natura di un impegno di azione sociale, è quella che vede aggregarsi persone accomunate da medesimi interessi, attività, obiettivi. È da questo che sono nate anche le vostre organizzazioni. È a tal punto importante aggregarsi, che da alcuni anni esse hanno sentito l’esigenza di coordinarsi nel Forum 015 (eco di altri coordinamenti nazionali), per rispondere meglio alle sfide delle trasformazioni in atto nella società e nella cultura, nel mondo del lavoro, negli ambiti di intervento della nuova legislazione e degli sviluppi della tecnologia. Sapete bene che le vostre organizzazioni non si sono costituite soltanto per tutelare degli interessi comuni, ma anche per creare solidarietà sociale a partire da una categoria o attività, elaborando una visione della società e adoperandosi per promuoverla. Nel far parte di una organizzazione si vengono ad alleare, per così dire, una coscienza credente e un impegno personali, e l’adesione ad una associazione di cui condividere ispirazione ideale, obiettivi comuni e forme di collaborazione e di coordinamento; soltanto con questo patrimonio morale una aggregazione diventa un soggetto collettivo in grado di promuovere azioni efficaci per il miglioramento delle condizioni di vita dei propri membri e della collettività intera.
Per assicurare questi obiettivi sono necessarie alcune condizioni.
La prima delle quali è la formazione personale. Senza una adeguata presa di coscienza e una adesione convinta di ciascuno sarà difficile costruire organizzazioni capaci di iniziative efficaci nelle piccole questioni come nelle grandi. Qui il riferimento alla dottrina sociale della Chiesa è d’obbligo, con i suoi principi di bene comune, destinazione universale dei beni, sussidiarietà, partecipazione, solidarietà, valori fondamentali della vita sociale come verità, libertà, giustizia (cf. il Compendio della dottrina sociale della Chiesa).
Una seconda condizione è la partecipazione alla vita dell’organizzazione e attraverso di essa della società, una esigenza in controtendenza di questi tempi. Partecipare vuole dire avere coscienza di una responsabilità nei confronti della collettività, dalla quale non solo attendere ma anche dare. Partecipare vuol dire passare dalla protesta sterile o dalla rivendicazione arrogante e unilaterale dei propri diritti alla ricerca comune del rispetto dei diritti di tutti, o del maggior numero possibile, compresi anche noi. Partecipare vuol dire confronto e discussione per pervenire a visioni e scelte condivise, capacità di orientarsi nella complessità della vita di oggi formandosi un giudizio competente e concorrendo a determinare scelte opportune da parte dell’organizzazione nei confronti dell’intera dinamica sociale. Si tratta di capire che la collettività e il suo andamento non è affare d’altri, ma mio, nostro. Partecipare significa contrastare la tendenza al disfattismo e la tentazione del menefreghismo con la coscienza e la volontà di chi ha a cuore il bene della propria città, del proprio territorio e oltre, fino ad abbracciare la comune umanità, dai destini ormai inseparabili in un mondo globalizzato e interconnesso, in cui tutto si ripercuote su tutti.
Se sono assicurate queste premesse, allora potrà nascere anche una nuova politica. Non parlo immediatamente della politica politicante, nelle amministrazioni o in altre sedi. Parlo della politica come sforzo di acquisire una visione d’insieme e di agire dentro il tessuto sociale perché la comunità nella sua interezza trovi risposte alle proprie attese e realizzazione dei propri progetti. Una organizzazione ha gli strumenti e le potenzialità necessarie per diventare soggetto promotore di opinione, di proposta, di iniziativa, di realizzazioni. Non ci si deve limitare ad attendere ciò che le istanze superiori dovrebbero offrire o garantire, è necessario trovare gli spazi e le forme per intervenire e agire, innanzitutto creando opinione e costruendo coesione sociale.
Quest’opera, ed è la terza condizione, comincia e si spende innanzitutto nel territorio, in questa città e nella sua provincia. Non ci vuole molto a elencare i problemi, a denunciare le carenze, a puntare il dito contro le inadempienze. Bisogna provare ad aggirare l’ostacolo da un’altra parte, indicando ciò che si può fare e mettendosi a disposizione per favorirne la realizzazione. C’è bisogno soprattutto di una idea di città e di provincia, di sapere che territorio vogliamo essere e costruire, confrontandoci lealmente e senza presunzione, ma nemmeno sudditanza, con chi ha un’altra idea o un altro progetto. Qui sta la vera politica, nel confronto tra visioni diverse del bene della collettività per pervenire ad una sintesi, almeno ad un qualche punto di incontro e di realizzazione, uscendo fuori da quella logica politica di infimo livello, se non spregevole, secondo cui una cosa buona deve essere detta cattiva perché non sono io a dirla per primo e farla da solo. Ci vuole cuore per volere il bene della propria città e della propria gente, altrimenti si diventa speculatori o sciacalli sulle spalle delle fasce più deboli della collettività, le quali sono condannate a star meglio solo quando i furbi e i potenti hanno finito di fare i loro comodi e qualcosa riesce perfino a farsi e a migliorare per tutti”.