L’assurdo fascino del fenomeno della setta

Il termine “setta” deriva dal latino sequor, con il significato di seguire, andare dietro.

Le sette religiose sono tutte quelle aggregazioni di origine relativamente recente, ispirate alla predicazione di un capo spirituale o a dottrine di tipo iniziatici, i cui principi appaiono diversi da quelli religiosi.

È un fenomeno in continua evoluzione e resta ancora quasi sconosciuto e si assiste ad una ramificata presenza nel territorio, difatti in quasi tutta l’Italia vi è ancora l’attrazione per la magia e per credenze fornite da mitologie che affondano la loro storia nelle tradizioni popolari e che vengono utilizzate come pratiche terapeutiche e che spesso danno origine a comportamenti di origine criminosa.

Sembra assurdo che nel 2000, quando crescono gli obiettivi e la società è in continua evoluzione vi sia un’attrazione per il maligno ed il “demoniaco” non è scomparso, trova chiara ragione di esistere l’affermazione di Ferrarotti[1]: “quanto più una società si razionalizza, tanto più crescono i bisogni dell’uomo di attingere all’universo del sacro e del sovramondano”.

Si assiste ad un’incalzare di una religiosità post- moderna che viene alimentata da un florido sub strato disagio sociale in cui si osservano soggetti che vivono in maniera disastrosa la propria solitudine.

È importante osservare, all’interno del fenomeno che si sta dilagando (basti pensare che solo nel Lazio le sette sono ben 684), la dimensione del gruppo della setta e le dinamiche, agite, che avvengono al suo interno. Spesso questi gruppi traggono la propria origine da una scissione avvenuta nell’ambito di una chiesa.

Gli individui all’interno di questi momenti professano una dottrina politica, filosofica, religiosa e sono poco organizzati a livello formale.

Ai giorni di oggi questo fenomeno offre una religiosità ad insiemi di persone che hanno bisogno di ridurre un’angoscia esistenziale che portano dentro.

Il senso di appartenenza al gruppo è un bisogno primario. La setta può essere la cinghia di connessione tra i bisogni del singolo individuo e l’organizzazione collettiva, dove ci si muove, con spinte narcisistiche, verso una completa isteria collettiva.

La vita di un individuo è inserita in codici che derivano dal gruppo della famiglia, il gruppo si sovrappone a ruoli, sovrappone ruoli e scopi che un tempo erano della famiglia.

Il singolo non viene più visto, ma prendono il sopravvento gli istinti del “branco”.

Le sette possono essere definite come degli organismi dinamici. Hanno una struttura piramidale, con un capo o leader al vertice.

Utilizzano varie “manovre” per riuscire ad “abbindolare” un soggetto.

Molto spesso viene utilizzato il “love bombing”, ovvero, un clima di affettività esasperato che molte volte può sfociare nel campo del sesso.

La maggior parte di questi gruppi si muovono intorno al “controllo mentale” dell’ individuo, che impedisce al soggetto di avere una qualsiasi certezza e dove l’individuo non riesce ad esprimere la propria riflessività.

[1] Ferrarotti F., “Breve nota sul diavolo”, in Baravano F. “L’autunno del Diavolo”, Bompiani, Milano, 1990.

Dt.ssa Alessia Micoli

BIBLIOGRAFIA 

  • “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”, Masson, Milano, 1998.
  • Di Nola M. “Il Diavolo”, Newton Compton, Ed. Roma, 1987
  • Fattah E. A. “La victime est elle coupable?” Les Press de l’Universitè, Montreal, 1971.
  • Ferrarotti F., “Breve nota sul diavolo”, in Baravano F. “L’autunno del Diavolo”, Bompiani, Milano, 1990.
  • Freud S. “Psicologia delle Masse ed Analisi dell’Io”, 1921 in Freud S. “Opere Complete”, ed. Boringhieri, Torino, vol. IX, 1989.
  • Fornari U. “Malocchio, patologia di mente e credenze popolari nei reati di omicidio”, in Rassegna Italiana di Criminologia, vol. 14.
  • Jung C. G.: “Gli Archetipi dell’Inconscio collettivo” Boringhieri 1977

 

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