I nonni
Il concetto di “protezione” del minore fece la comparsa per la prima volta nell’anno 529 d. C., anno in cui Giustiniano promulgò una legge che prevedeva l’istituzione di case per orfani e bambini abbandonati.
Il rapporto Istat “Separazioni e divorzi in Italia”
– I tassi di separazione e di divorzio totale mostrano per entrambi i fenomeni una continua crescita: se nel 1995 per ogni 1.000 matrimoni erano 158 le separazioni e 80 i divorzi, nel 2010 si arriva a 307 separazioni e 182 divorzi. La durata media del matrimonio al momento dell’iscrizione a ruolo del procedimento risulta pari a 15 anni per le separazioni e a 18 anni per i divorzi. L’età media alla separazione è di circa 45 anni per i mariti e di 42 per le mogli; in caso di divorzio raggiunge, rispettivamente, 47 e 44 anni. Questi valori sono in aumento per effetto della posticipazione delle nozze verso età più mature e per l’aumento delle separazioni con almeno uno sposo ultrasessantenne. La tipologia di procedimento maggiormente scelta dai coniugi è quella consensuale: nel 2010 si sono concluse in questo modo l’85,5% delle separazioni e il 72,4% dei divorzi. La quota di separazioni giudiziali (14,5%) è più alta nel Mezzogiorno (21,5%) e nel caso in cui entrambi i coniugi abbiano un basso livello di istruzione (20,7%). Il 68,7% delle separazioni e il 58,5% dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante il matrimonio. L’89,8% delle separazioni di coppie con figli ha previsto l’affido condiviso, modalità ampiamente prevalente dopo l’introduzione della Legge 54/2006. Nel 20,6% delle separazioni è previsto un assegno mensile per il coniuge (nel 98% dei casi corrisposto dal marito). Tale quota è più alta nelle Isole (24,9%) e nel Sud (24,1%), mentre nel Nord si assesta sul 17%. Gli importi medi, invece, sono più elevati al Nord (520,4 euro) che nel resto del Paese (447,4 euro).Nel 56,2% delle separazioni la casa è stata assegnata alla moglie, mentre appaiono quasi paritarie le quote di assegnazioni al marito (21,5%) e quelle che prevedono due abitazioni autonome e distinte, ma diverse da quella coniugale (19,8%). I tassi di separazione e di divorzio totale mostrano per entrambi i fenomeni una continua crescita: se nel 1995 per ogni 1.000 matrimoni erano 158 le separazioni e 80 i divorzi, nel 2010 si arriva a 307 separazioni e 182 divorzi. La durata media del matrimonio al momento dell’iscrizione a ruolo del procedimento risulta pari a 15 anni per le separazioni e a 18 anni per i divorzi. L’età media alla separazione è di circa 45 anni per i mariti e di 42 per le mogli; in caso di divorzio raggiunge, rispettivamente, 47 e 44 anni. Questi valori sono in aumento per effetto della posticipazione delle nozze verso età più mature e per l’aumento delle separazioni con almeno uno sposo ultrasessantenne. La tipologia di procedimento maggiormente scelta dai coniugi è quella consensuale: nel 2010 si sono concluse in questo modo l’85,5% delle separazioni e il 72,4% dei divorzi. La quota di separazioni giudiziali (14,5%) è più alta nel Mezzogiorno (21,5%) e nel caso in cui entrambi i coniugi abbiano un basso livello di istruzione (20,7%). Il 68,7% delle separazioni e il 58,5% dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante il matrimonio. L’89,8% delle separazioni di coppie con figli ha previsto l’affido condiviso, modalità ampiamente prevalente dopo l’introduzione della Legge 54/2006. Nel 20,6% delle separazioni è previsto un assegno mensile per il coniuge (nel 98% dei casi corrisposto dal marito). Tale quota è più alta nelle Isole (24,9%) e nel Sud (24,1%), mentre nel Nord si assesta sul 17%. Gli importi medi, invece, sono più elevati al Nord (520,4 euro) che nel resto del Paese (447,4 euro). Nel 56,2% delle separazioni la casa è stata assegnata alla moglie, mentre appaiono quasi paritarie le quote di assegnazioni al marito (21,5%) e quelle che prevedono due abitazioni autonome e distinte, ma diverse da quella coniugale (19,8%) – ci mette al corrente che nel 2010 vi sono state 317 separazioni e 182 divorzi, ogni mille matrimoni.
Amore senza Edipo
IMPORTANZADEL RUOLO DEI NONNI SVOLTO ALL’INTERNO DELLE FAMIGLIE E DALLA SOCIETA’
LEGGE 159/2005
2 OTTOBRE
Il ruolo del nonno è frutto di indagini e di molti studi in quanto fino a qualche tempo fa lo si collocava, esclusivamente, in relazione con l’anzianità e con il ciclo della terza età.
Oggi è cambiato il nonno ed è mutato il suo ruolo, poiché non è più assimilabile a quello tradizionale del nonno patriarca, depositario di cultura e saggezza; al giorno d’oggi i nonni scaricano file da internet, utilizzano il cellulare, praticano sport.
È cambiato il concetto dell’invecchiamento; fino alla metà dell’ottocento l’aspettativa di vita nei paesi industrializzati era all’incirca di 40 anni, progressivamente l’età si è alzata raggiungendo per gli uomini i 74 anni ed 81 per le donne ed aumentando sempre più.
Ma l’impostazione anagrafica sta divenendo superata, nonostante molti autori suddividono l’età senile in tre gruppi:
anziani:dai 60 ai 69 anni;
vecchi: dai 70 ai 79 anni;
grandi vecchi: più di 80 anni.
Il nonno è sempre stato considerato come l’anziano, cioè colui di età superiore ad un determinato limite, ovvero l’inizio della vecchiaia, che ha terminato l’iter lavorativo ed ha fatto ingresso nel pensionamento.
Al giorno d’oggi i nonni collaborano alle scelte educative operate dai genitori; dedicano tempo ai nipoti, creando un rapporto tenero e di complicità (che risulterà indimenticabile nel tempo e ricordata con nostalgia in età adulta), considerando che sono molti i genitori che passano tutta la giornata fuori casa a causa del lavoro; trasmettono ai piccoli dei valori tramite le attività ludiche; sono molto più pazienti e tolleranti dei genitori; contribuiscono alla formazione dei nipoti, osservano, ascoltano, gratificano, rimproverano.
Molte volte fungono da regolatori di emozioni, dato che il bambino attualmente vive una vita frenetica (sport, attività extrascolastiche, feste di compleanni) costituita da un mix di emozioni messe in atto quando frequenta altri bambini (si scatena, ride, piange, si picchia, si eccita); i nonni, poiché veicolano una vita più tranquilla, tendono a tranquillizzare i ritmi dei nipoti.
La consulenza si suddivide in due momenti:
– diagnostica individuale, in cui si indaga sulla personalità di chi si ha di fronte
– diagnostica sulle condizioni di vita, in cui si osserva e si scruta la realtà fattuale cioè l’ambiente e le relazioni del soggetto.
1) Rintracciare od escludere l’esistenza di una possibile psicopatologia in uno dei due genitori.
2) Valutare se l’esistenza della psicopatologia è tale da poter escludere o inficiare l’idoneità educativa e la disponibilità psico- affettiva del genitore affidatario o che ne chiede l’affidamento.
3) Indagare sulla eventuale presenza di comportamenti devianti o criminali nei genitori, quali l’alcolismo o la tossicodipendenza.
4) Valutare la personalità dei due genitori, studiandone ed analizzandone la struttura, lo stile di vita, le compensazioni adottate, le mete perseguite, i vissuti emozionali nei confronti dei figli, il tipo di inserimento lavorativo e sociale.
5) Esaminare i vissuti del minore nei confronti di entrambe i genitori ed il significato di alcuni comportamenti messi in atto dal bambino.
6) Osservare la relazione genitori/ figli e le varie dinamiche che intercorrono tra loro.
7) Scrutare i desideri, le esigenze ed i bisogni dei minori, relativi alla loro eventuale scelta.
8) Indagare la personalità e l’incidenza positiva o negativa di eventuali persone che affiancano i genitori, nella crescita del bambino (nonni, nuovi partner).
9) Valutare l’età del minore in riferimento ai modelli identificativi di genere, inerente la scelta dell’affidamento.
10) Analizzare i vissuti di entrambe i genitori nei riguardi dell’altro, possibili ostilità e rancori espressi e non, determinare l’eventuale disponibilità di un genitore verso l’altro ed in particolar modo che tipo di immagine trasmette l’uno dell’altro al figlio e chi riesce a facilitare e favorire dei rapporti positivi del figlio con l’altro genitore.
Dr. ssa Alessia Micoli Psicologa Criminologa