La stagione degli amori

Ho rubato questo titolo a colui che considero il più completo cantautore italiano di sempre, Franco Battiato. Potrei dare sfoggio della mia erudizione sommando titoli su citazioni ma certamente non ci sarebbe nulla di originale: l’Amore insieme a Dio è la parola più comunicata che c’e’ al mondo nella sua intera storia. E per quanto riguarda l’amore c’e’ una ragione, a mio modo di vedere, ed è per la sua estrema e variegata diffusione. “A CIASCUNO IL SUO” recita un bel romanzo di Sciascia in cui l’amore apparentemente non è il tema centrale. Ma rende bene quello che intendo dire oggi aprendo una questione serissima: quale amore per quale cucina. Si sa che alcune donne, tanto per dirne una a caso, si innamorano perdutamente di miliardari. Ed è noto che molti uomini farebbero e fanno faville per le curve mozzafiato delle più belle mannequin del firmamento. Ma per tutti gli altri non ci si innamora mai di una cosa, di una sola cosa.
Tornando immediatamente sul tema di questo articolo, correre il rischio di perdersi in questi pensieri è invitante quanto il canto delle sirene per Ulisse, cosa intendo dire con “La stagione degli amori” in uno scritto che dovrebbe parlare di gastronomia e cucina?
Che questa stagione, l’inizio dell’autunno, è per me la stagione che ha portato ad innamorarmi perdutamente del cibo, del suo fascino, del suo mistero, della sua grazia, della sua bellezza, della sua raffinata riservatezza e di apprendere come dentro un bel vestito non è detto che si riveli una bellissima donna.
Sento che è arrivato il suo tempo già da come si formano le ombre sul terreno, sul suolo. Mi basta vedere come si muovono le foglie degli alberi agitate da un piccolo vento e mi scopro ancora a sessantanni suonati a guardare con il naso all’insù la forma che hanno le nuvole all’orizzonte, in alto. Sono gli odori che fanno le erbe dei campi quando sono calpestate o anche il modo che hanno le acque del mare e dei laghi di incresparsi sotto il soffio di un vento leggero. Esplodono tutta una serie di richiami che per me hanno un significato personale, quasi ancestrale a cui resistere è impossibile e meraviglioso e’ naufragare in questo mare, secondo parole sublimi non mie.” Stormi di uccelli neri, come esuli pensieri, nel vespero migrar” scrisse il grandioso poeta Carducci e in qualche modo ci ha azzeccato in pieno: di questo amore forse insano sono rigonfie tutte le mie cellule di uomo, di pensatore e di gastronomo.
E’, per me, la stagione che lega parte della mia infanzia e giovinezza a quelle che sono state le mie origini, è quella che ha marchiato indissolubilmente il mio gusto, come a qualsiasi innamorato che non ama la donna in quanto tale ( o l’uomo, ma non sono per niente ferrato su questa natura) ma ama il modo che ha di essere, di ripiegare la gonna sulle ginocchia, il modo che ha di accendersi la sigaretta, di tirare su la testa quando si ripara dal vento, quella sua maniera così unica di lasciarsi guardare quando non è vista da nessuno.
Insomma si capisce, amo disperatamente la cucina dell’autunno. Quella del fuoco del camino, delle cotture lunghe sulle cucine a legna, quella dei prodotti silvani raccolti o predati, quella delle bacche che matureranno impolverate su in solaio, quella dei capponi ingrassati con i fichi spappolati a terra, quella cucina che ti ispira la tecnica di poter conservare, trasformare i prodotti dei campi, dell’orto, del bosco che ora sono maturi, ma che a distanza di mesi ti sanno ricordare che anche tu sei di questa terra, anche tu maturi e anche tu, se ci credi ,non invecchi mai del tutto.
A presto con le ricette.

Gastronomy domine
Agostino Mastrogiacomo.

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