Il silenzio delle morti bianche

Oggi, mentre si discute su legge elettorale, data del voto e future alleanze, un operaio muore sul luogo di lavoro.

La vittima, 40 anni, operaio una ditta esterna che stava lavorando all’interno dello stabilimento Wartsila di Trieste è rimasto schiacciato da alcune lamiere che sono precipitate e lo hanno travolto.

Un’altra tragica fatalità?

Nel mese di aprile, in occasione della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro promossa dall’Organizzazione mondiale del lavoro, l’Eurostat ha diffuso i dati relativi agli incidenti sul posto di lavoro. Numeri che partono dal 2008 e fotografano la situazione fino al 2014. I dati sono apparsi poco confortanti; sia pur rilevando una riduzione del numero degli incidenti sul luogo del lavoro, l’Italia è uno dei Paesi in cui nel 2014 è stato più alto il numero di incidenti mortali: ben 459, dato che rappresenta il terzo peggiore a livello europeo. Maglia nera alla Francia, con 517 vittime, seguita dalla Germania con 471.

Purtroppo nel 2017, non registriamo inversioni di tendenza.  Dal rapporto Anmil sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro presentato al Senato il 17 maggio scorso, emerge che  nel periodo 1° gennaio – 31 marzo 2017 sono stati denunciati circa 161.600 infortuni, in crescita di 9.000 unità rispetto ai 152.600 dello stesso periodo dell’anno precedente, con un incremento pari a +5,9%. Ancora più preoccupante risulta l’andamento delle denunce degli infortuni mortali che fanno registrare un aumento pari a 8,0% (dai 176 casi dei primi 3 mesi del 2016 ai 190 dell’analogo periodo 2017). Vale a dire 14 vittime del lavoro in più.

Se guardiamo i dati regionali, nel Lazio, nei primi mesi dell’anno in corso, il numero di infortuni risulta aumentato del 3,6 % rispetto al 2016 (nel periodo gennaio/marzo 2016 sono stati denunciati 10.758 infortuni, nello stesso periodo del 2017 gli infortuni sono stati 11.150); Mentre, gli infortuni mortali denunciati, nei mesi gennaio/marzo del 2016 sono stati n.12 e nei mesi gennaio/marzo 2017 n.11; anche per le malattie professionali si registra un aumento: nel 2016 n.914 e nel 2017 n.1.053.

I dati in continua crescita evidenziano la mancanza di una vera cultura della prevenzione.

Eppure la sicurezza sui luoghi di lavoro ha precisi riferimenti normativi e tecnici. Basterebbe applicare tutte le precauzioni previste dalla normativa, in particolare dal d.lgs 81/2008, per evitare l’insorgenza di infortuni nei luoghi di lavoro. Ma nella vita quotidiana, l’’applicazione della normativa in materia diventa secondaria, la cultura della prevenzione viene vista solo in termini di costo, spesso un costo insostenibile per le realtà imprenditoriali.

La crisi ed i cambiamenti in atto nel nostro Paese hanno certamente accentuato il problema, portando i lavoratori a ritmi frenetici, alla precarietà del lavoro, all’aumento dei lavoratori anziani, al lavoro sommerso, all’elevato costo del lavoro; ma di tutto questo chi è la vittima finale? il lavoratore, pubblico o privato che sia, al quale non viene garantita tutela e protezione sufficiente.

Occorre partire dalla scuola che rappresenta il luogo privilegiato per qualsiasi attività educativa e formativa, anche in materia di salute e sicurezza; è importante sensibilizzare i futuri lavoratori alla prevenzione negli ambienti di vita e sul lavoro, per consentire l’acquisizione e lo sviluppo di stili di vita sani e sicuri.

Ma non basta, occorre parlarne, occorre confrontarsi, occorre creare tutte le condizioni perché il lavoratore possa essere partecipe attivo e consapevole della sicurezza del proprio ambiente di lavoro e soprattutto messo in condizione di avere la libertà di parlare, di segnalare.

Occorre che Sindacati, datori di lavoro e  Istituzioni, si facciano carico dei dati presentati da Anml, e cooperino insieme per creare strategie efficaci di salute e di sicurezza sul lavoro.

La sicurezza nel luogo di lavoro è il diritto di ogni lavoratore ed è interesse di tutta la collettività perché tale diritto venga garantito e rispettato.

Alessandra Bonifazi

 

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