Confezionamento artigianale e filiera corta per combattere la crisi della globalizzazione

Rendere i prodotti agricoli locali delle unicità grazie alla lavorazione e al confezionamento artigianale. Questa la ricetta di Acli Terra della provincia di Latina che ha analizzato i dati dell’Ismea (istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) sul consumo dei prodotti agroalimentari con uno studio del dipartimento di ricerca e promozione.

“La capacità dei produttori deve essere quella di promuovere l’unicità della propria offerta confezionandola artigianalmente e dandole un riconoscimento identitario – ha spiegato Nicola Tavoletta presidente provinciale e commissario regionale di Acli Terra – Mantenere una filiera corta e rendere riconoscibili i prodotti è l’unico modo per rispondere in modo propositivo alla crisi della globalizzazione”.

Non solo uno spot quello lanciato da Acli Terra che, dopo la fine dell’estate, ha già in programma una serie di corsi di formazione gratuiti sulla costruzione dell’identificazione del prodotto pontino come espressione di qualità e unicità, invitando gli agricoltori e gli artigiani a costruire progetti commerciali che seguano il solco che verrà tracciato.

“E’ questo il concetto di politica economica che portiamo avanti in ogni incontro – spiga ancora Tavoletta –  costruire una risposta di sviluppo economico alla crisi della globalizzazione con l’unicità delle espressioni locali. Nei corsi saranno coinvolti, come guide  per la costruzione di progetti di sviluppo, le lavoratrici e i lavoratori che hanno portato la loro professionalità, in ambito enogastronomico, nel mondo”. 

“Dopo una serie di segni meno nel 2016, la spesa delle famiglie per gli acquisti agroalimentari registra un’inversione di tendenza nel primo trimestre 2017 – sottolinea il dirigente dell’organizzazione Agostino Mastrogiacomo – A fare da traino i prodotti confezionati (+1,6%). Le dinamiche dei comportamenti di acquisto delle famiglie italiane presso i punti vendita non sembrano più segnate ormai solo dalla categoria di appartenenza del prodotto, ma anche dalla sua modalità di presentazione con una tendenza che va consolidandosi a favore del confezionato. È questo uno dei primi dati che emergono dal Report sui consumi alimentari elaborato da Ismea e relativo al primo trimestre 2017. In particolare, a fronte di una spesa che segna un + 0,2% su base annua, sono i prodotti confezionati (provvisti di codice EAN) che registrano, nel primo quarto del 2017, una dinamica positiva con un recupero sui valori del 2016 dell’1,6%. Questa categoria incide ormai per oltre i due terzi (68%) sul carrello della spesa. Nell’ambito dei confezionati, a crescere sono stati soprattutto la frutta fresca (+8,7%), gli ortaggi (+6,6%) e i prodotti ittici (+2,9%). Anche i salumi, in difficoltà se considerati nel complesso, se presentati in vaschetta hanno fatto segnare un +6%. Al contempo, i prodotti freschi a “peso variabile” (senza Codice EAN) hanno evidenziato una flessione della spesa, nell’ordine del -2,4% su base annua, alla quale hanno contribuito i forti cali dei prodotti serviti al banco della carne (-5,4%), dei formaggi (-8,8%) e dei salumi (-6,3%). Per quanto riguarda la spesa destinata alla frutta, si registra un aumento tendenziale del 5,2%, cui contribuisce l’aumento dei prezzi medi unitari che fa crescere sia l’esborso per la frutta fresca (+5,2%) che per quella della frutta trasformata (+7,6%); incrementi anche per la spesa riguardante la frutta in guscio”.

Le maggiori contrazioni si registrano per i prodotti di derivazione animale quali carni e lattiero caseari, con una spesa in forte contrazione già nel 2015 e nel 2016, flessione che non sembra arrestarsi nel primo quarto del 2017 Tale dinamica flessiva per le carni nel complesso appesantisce ulteriormente il dato già negativo del 2016 (- 4% rispetto al 2015) e porta ad un’erosione progressiva della quota di spesa destinata a questo comparto, che passa dal 11,2% del 2014 al 10,3% del parziale 2017. Resta negativo il bilancio del comparto lattiero caseario: alla flessione registrata nel 2016 (-2,8%), si aggiunge quella del -3,7% dei primi tre mesi del 2017.

 

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