Neonata comprata a Latina. Di Leo: “Non ci sono più principi, solo bisogni”
L’Italia come la Nigeria, dove la fabbriche di bambini sono una triste realtà. E’ questo l’allarme, quasi un grido di dolore, lanciato da Emmanuele di Leo presidente di Steadfast Onlus (ong impegnata in progetti di cooperazione in Nigeria e impegnata nel contrasto alla tratta di esseri umani) dopo la notizia dell’operazione della polizia di Latina che ha portato all’arresto di tre persone accusate di aver attuato la compravendita di un neonato.
“Come accade in Nigeria nel fenomeno delle “Baby Fabric”, ora anche in Italia si iniziano ad utilizzare metodologie simili – ha spiegato Di Leo riferendosi al caso di una donna del capoluogo pontino che ha comprato una neonata partorita da una giovane romena. Un’azione premeditata, come confermato dalle indagini della polizia, con l’aspirante madre che si è finta anche incinta prima di essere smascherata da un ufficiale dello stato civile del Comune di Latina.
“Il fenomeno delle “Baby Fabric” in Nigeria inizia con il reclutamento di donne indigenti, successivamente ingannate o sfruttate per essere abusate sessualmente con il fine di avere una gravidanza, chiuse dentro delle “fabbriche di bambini” e, alla fine, costrette a vendere i loro figli per una cifra di circa 6 mila e 400 dollari – prosegue Emmanuele Di Leo-. Quella di Latina è stata una procedura parzialmente diversa nei fatti: non ci sono stati stupri ma in sostanza l’atto finale è stato di uguale gravità: la compravendita di un bambino. La madre della bambina è di nazionalità romena e ha l’età di 25 anni. La trentaseienne residente a Borgo Podgora che ha speso 20mila euro per l’acquisto della bambina si è avvalsa di un mediatore per attuare l’affare, anch’esso tra gli arrestati. Quanto accaduto è molto grave. Il fatto di cronaca mette in evidenza la grande crisi dei principi di questo tempo. In un mondo sempre più consumistico ogni bisogno deve e pretende di essere soddisfatto. E se il bisogno in questione è quello di “genitorialità”, poco importa se si deve attuare una compravendita per attuarlo. Il bambino quindi diventa un bene su ordinazione, proprio come l’utero in affitto, pratica che oggi è ahimè tanto di moda”.
Parole dure quelle di Di Leo che della maternità surrogata ma soprattutto delle sue conseguenze nei Paesi del cosiddetto terzo mondo, dai quali provengono la maggior parte delle madri surrogate, è divenuto un esperto grazie agli studi e alle numerose testimonianze raccolte in giro per il globo che saranno presto racchiuse in un libro intervista che lo stesso Di Leo sta scrivendo con il giornalista pontino Andrea Lucidi e che tra qualche mese dovrebbe andare in stampa.